A seguito dell’ennesimo incidente all’interno dello stabilimento Solvay – questa volta si è trattato di una fuga di acido cloridico che ha causato anche il ferimento di un lavoratore -, l’azienda si è prodigata in dichiarazioni circa la trasparenza e la salute dei cittadini, riprese da diverse testate locali. A questo infortunio balzato alla cronaca per il successivo ricovero del lavoratore se ne devono aggiungere altri, rimasti silenti ma altrettanto significativi. Nel giro di pochi mesi, all’interno dell stabilimento un operaio ha perso un dito durante il suo turno di lavoro ed un secondo è caduto nel vuoto da un’altezza di circa 5 metri. Nonostante ciò, Solvay ha avuto il coraggio di affermare, per l’ennesima volta, di avere come priorità il benessere e la sicurezza dei lavoratori e della comunità in cui opera.
Come può, un’azienda che di fronte alla pubblicazione degli allarmanti studi epidemiologici di Arpa Piemonte e ASL AL sulla popolazione della Fraschetta ha pensato bene di tirare in ballo “gli stili di vita dei cittadini”, avere il coraggio di affermare che la sicurezza dei lavoratori e della comunità sono la sua “priorità”?
Secondo Andrea Diotto, direttore dello stabilimento di Spinetta Marengo, se nel sobborgo di Alessandria si muore di più e se nelle vicinanze del polo chimico i dati relativi a patologie e disturbi si fanno sempre più preoccupanti, non è forse perché la gente non adotta uno stile di vita salutista?
Se davvero la comunità e i lavoratori fossero la priorità, Solvay avrebbe già investito i suoi ricavi miliardari in una bonifica reale, al posto di sbandierare comunicati in cui si vanta – dopo 18 anni di gestione del polo – di aver bonificato 1000 mq. Dopo i rilevamenti allarmanti di cC6O4 in pozzi e acquedotti della provincia, avrebbe sospeso la produzione in attesa di accertamenti, invece che millantare una barriera idraulica che non si può che definire non funzionante.
Per noi la tutela della salute e della comunità sono tutt’altra cosa e possano dalla riconversione in senso ecologico dell’azienda e dalla messa al bando di qualsiasi tipo di PFAs dalla sua produzione.
Vogliamo che, come i PFAs, siano messe al bando anche le squallide operazioni di propaganda aziendale, per lasciare spazio ad azioni concrete a garanzie della salute dei lavoratori e della nostra comunità, tutta:
– screening della popolazione;
– monitoraggio e pubblicazione da parte di Arpa dei dati inerenti l’inquinamento atmosferico e della presenza di PFAs e cC6O4 in atmosfera (sappiamo che questi inquinanti si trovano nella falda e nei nostri fiumi, ma cosa respiriamo tutti i giorni?);
– monitoraggio di pozzi pubblici e privati
Un secolo di morti e veleno può bastare.
Comitato Stop Solvay