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Terzo Valico e amianto: a che punto siamo?

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Sono giorni cruciali in cui verrà definita la modalità con cui il Cociv dovrà campionare l’amianto presente nei detriti di scavo del Terzo Valico. Infatti, dopo anni di battaglia e la mobilitazione messa in campo in Valverde a seguito del ritrovamento di amianto nel cantiere di Cravasco, il Ministero dell’Ambiente è corso ai ripari e ha imposto al Cociv nuove regole di smaltimento del materiale contenente la fibra killer. Le analisi non dovranno più riguardare solo la roccia setacciata (modalità utilizzata fino ad oggi e che secondo Arpa ha un margine di errore fino al 98%) ma dovrà essere analizzato l’intero campione di roccia frantumata. Queste regole sono state recepite nell’ultima versione del piano cave e i signori del Cociv, che dimostrano ancora una volta di non avere per nulla a cuore la salute dei cittadini e dei suoi stessi operai, hanno pensato bene di ricorrere al Tar del Lazio nel tentativo di continuare le analisi con il vecchio metodo.

Fermiamoci un attimo e riflettiamo.

Nel 2012 quando il Movimento No Tav – Terzo Valico pose al centro del dibattito pubblico il problema amianto tanto Cociv, quanto le amministrazioni comunali e regionali, decisero di minimizzare la cosa e arrivarono ad accusare il movimento di allarmismo. Nonostante questo e grazie alla continua pressione esercitata a colpi di marce popolari di migliaia di persone si trovarono costretti ad approntare un piano di gestione dell’amianto, il tanto sbandierato protocollo amianto. Quando venne presentato a Carrosio venne duramente criticato dai comitati e, tanto per cambiare, con qualche anno di ritardo, è la stessa Arpa a dire che quelle modalità di campionamento hanno un margine di errore fino al 98%. Quando esplose, sempre grazie alle foto diffuse dal movimento, lo scandalo amianto a Cravasco venne definitivamente a galla che non avessero la più pallida idea di come comportarsi per smaltire la fibra killer (la foto di copertina parla da sola). Seguirono gli avvisi di garanzia e lo smaltimento venne eseguito in Germania, esattamente quello che il movimento aveva sempre sostenuto.

Ora il Cociv sostiene che i costi diventerebbero esorbitanti (che scoperta!) e quindi si appella al Tar per proseguire a lavorare come fatto fino ad oggi. Giova ricordare che il problema dei costi è stato sollevato proprio da un esposto firmato dai tecnici del movimento alla Corte dei Conti considerato che nel progetto del Terzo Valico non vi era un solo euro messo a bilancio in previsione del ritrovamento della fibra killer.

Capitolo a parte lo meritano i Sindaci che si dividono in due categorie. Quelli che continuano a fregarsene totalmente della salute dei cittadini non proferendo parola e quelli che vorrebbero battagliare al Tar del Lazio affinché vengano imposte le regole più severe di monitoraggio. Possibile che nessuno riesca a dire la cosa più sensata? Rinunciare all’opera considerati i rischi enormi per la popolazione e magari non dimenticarsi di scusarsi con chi in questi anni ha lottato contro lo scempio. Sappiamo che non succederà, il buonsenso e la ragionevolezza non si trovano nei nostri amministratori pubblici.

Staremo a vedere cosa deciderà il Tar del Lazio e nel caso decida di bocciare le rivendicazioni del Cociv che cosa questo comporterà. Noi, comunque vadano le cose, saremo sempre ai nostri posti, determinati a batterci affinché questa follia abbia fine.