Ormai ogni volta che si sente il nome di una nuova ditta legata agli appalti del terzo valico le costanti sono due: la prima è che avrà qualche problemino con la giustizia, la seconda che la cosa non interesserà a chi di dovere.
Dall’ultimo articolo sull’opera pubblicato dal Sole 24 Ore apprendiamo che le principali ditte beneficiate dagli affidamenti dei lavori sono la Lauro e la Pamoter, di cui abbiamo già parlato, e la Cipa, una new entry a queste latitudini, nonostante sia una ditta con un curriculum di tutto rispetto.
Andiamo con ordine. Della Lauro s’è detto tutto quello che si poteva dire: sono tangentisti che hanno anche il coraggio di dichiararsi parte lesa nei processi, dopo aver pagato il politico di turno e ottenuto il lavoro. Abbiamo spiegato il meccanismo con cui gonfiavano le fatture per creare fondi neri, con tutta probabilità usati per pagare le mazzette di cui sopra. Uno schema vecchio ma sempre di moda, che verrà probabilmente ripetuto anche a Voltaggio.
Anche la Pamoter, dell’imprenditore genovese Pascucci, non è da meno. Sono noti gli intrallazzi con il provveditorato ligure per avere appalti. Si era altresì detto che nei cantieri sul Bisagno, affidati alla Pamoter, erano in realtà presenti senza alcun contratto i mezzi di Gino Mamone, il re delle bonifiche di Genova, con un’interdizione antimafia e pesanti legami con la ‘ndrangheta. I ritardi nell’esecuzione dei lavori causati dalle ditte portarono all’esondazione e ai morti dell’alluvione genovese del 2011.
La novità è che a scavare il tunnel stradale degli Erzelli, insieme alla Pamoter, c’è un’altra ditta denominata Cipa SpA. Il Sole 24 Ore riporta “Cipa di Montesilvano, Pescara”. In realtà si tratta di un caso di omonimia, la ditta in questione ha lo stesso nome ma sede a Sorrento e un giro di affari molto più grande.
Il biglietto da visita con cui si presenta dalle nostre parti non è dei più rassicuranti: è tra le principali aziende italiane di escavazioni in galleria e dal 2007 si è unita nel consorzio ItalTunnel con altre due ditte importanti nel panorama italiano delle grandi opere, la Fondazioni Speciali Srl e la Stone srl. Il consorzio (il cui presidente è spagnolo, e i capitali vengono da chissà dove) a sua volta è contenuto nel consorzio Italterra, di cui è socia la stessa Fondazioni Speciali. Tralasciando il gioco di scatole cinesi, che in questi casi è la norma, il sodalizio è balzato agli onori della cronaca due anni fa per alcuni fatti spiacevoli le cui conseguenze sono state pagate dagli operai. La Fondazioni Speciali in passato lavora (come anche la nostra Cipa SpA) nei cantieri della Salerno-Reggio Calabria. I magistrati scoprono che, esattamente come nel caso della Lauro, venivano fatturati lavori per importi superiori a quelli reali, si usavano tecniche e materiali più economici, mettendo a rischio la stabilità delle opere. I soldi, secondo chi indaga, servivano a garantirsi la “sicurezza” nei cantieri.
Riportiamo un estratto del decreto di arresto dell’operazione Crimine, una delle più imponenti di sempre contro la ‘ndrangheta:
“Emergono, lampanti, i primi indizi dai quali desumere incongruenze tra la documentazione prodotta e lo stato effettivo dei lavori messi in opera. Infatti, l’impresa oltre ad operare sotto stretto vincolo da parte “dell’entità locali”, in termini di approvvigionamenti di materiali e mezzi, deve anche adeguarsi alla qualità del materiale fornito nonché ai prezzi che vengono applicati. A questo si aggiunge, però, cha l’A.T.I., anche la fine di finanziarsi, e per “recuperare” quanto “pagato” sul territorio (a causa delle influenze mafiose) dichiara in modo falso l’esecuzione di determinate lavorazioni, anzichè altre più economiche effettivamente realizzate, che permettono maggiori introiti. La scarsa qualità del materiale, nonché la pessima organizzazione delle ditte locali, determina oltre che un rallentamento dei lavori, anche la realizzazione di opere di dubbia resistenza e durata: infatti EMMA dice esplicitamente che una zona di cantiere, da lei indicata come “muro C”, verte in uno stato negativo e che all’interno dei pali già realizzati non sarebbe stato difficile ritrovare grosse quantità di acqua o sabbia, cioè una miscela di calcestruzzo qualitativamente molto scadente.”
Con questi precedenti, quando due anni fa la ditta si presenta per i lavori dell’Expo 2015 di Milano, il prefetto di Milano commina un’interdittiva antimafia per i provati legami con la ‘ndrangheta. L’azienda ne risente, non potendo partecipare alle gare, e a finire senza stipendio sono gli operai che arrivano a occupare un cantiere per chiedere i pagamenti. Pare che verso la fine del 2013 il consorzio sia stato messo in liquidazione.
La terza azienda che fa parte del (ex) consorzio è la Stone, ben conosciuta in Valsusa, al centro degli scandali riguardanti Lunardi e i defunti Gavio e Martinat. È la società dell’ex ministro berlusconiano che vide crescere in maniera esponenziale il fatturato dopo che Lunardi diventò ministro alle infrastrutture nel 2001: praticamente si assegnava gli appalti da solo. Di lui rimarrà a imperitura memoria il famoso detto “Con la mafia bisogna imparare a convivere”.
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