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Libarna e la presa in giro delle opere compensative

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

La scorsa settimana sono usciti su Novi On Line due articoli relativi all’area archeologica di Libarna. Il primo, nel proporre un nuovo calendario di eventi, non mancava di concludersi con un bello spot pro Terzo Valico (compresa evidenziazione in grassetto):

Nei prossimi anni, il futuro di Libarna sarà legato alle opere compensative del Terzo Valico, tra cui figurano anche barriere antirumore per l’area archeologica, un passaggio pedonale sotto l’attuale linea ferroviaria Genova-Milano e l’acquisizione dell’ex casello ferroviario per la creazione dell’area museale di Libarna (oggi i pezzi più pregiati sono conservati nelle sale espositive del municipio di Serravalle). Le opere hanno ricevuto il via libera dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, con una delibera del 2010.

L’auspicio è che queste siano libere interpretazioni dell’autore dell’articolo e non della Soprintendenza, perché se quest’ultima sottintendesse per davvero che gli interventi menzionati hanno avuto il via libera dal CIPE e sono le priorità per l’area archeologica di Libarna, ci sarebbe davvero da preoccuparsi.
Infatti, andando a leggere i documenti ufficiali, emerge chiaramente che il CIPE con la delibera n. 84 del 2010 ha dato il via libera alla realizzazione del Terzo Valico per lotti costruttivi non funzionali, “Vista le delibera 29 marzo 2006, n. 80 (Gazzetta Ufficiale n. 197/2006), con la quale questo Comitato ha approvato, con le prescrizioni e raccomandazioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto definitivo del “Terzo Valico dei Giovi“.
Le opere compensative, area di Libarna compresa, non sono cioè neanche richiamate, se non con un indiretto riferimento all’approvazione del Progetto Definitivo avvenuta nel 2006 “con prescrizioni e raccomandazioni“.
E qua le certezze cominciano a sgretolarsi: questa approvazione del 2006 inseriva per l’area archeologica di Libarna tre prescrizioni, che in quanto tali lasciano il tempo che trovano, come ben sanno tutti quelli che seguono questo sito e le ripetute segnalazioni di “approvazioni con prescrizioni” che costellano il Terzo Valico, approvazioni che “dimenticano” molte prescrizioni precedenti e al massimo le ripropongono.
Per Libarna le prescrizioni del 2006 erano:

  • costruzione di un sottopasso pedonale alla linea ferroviaria Milano-Genova all’interno dell’area archeologica attualmente tagliata in due settori distinti dal passaggio delle linee ferroviarie storiche;
  • acquisizione della casa cantoniera FS (non piu’ in esercizio) ubicata all’interno dell’area archeologica per l’allestimento di una struttura museale/didattica;
  • progetto e realizzazione di barriere antirumore sulle linee storiche.

Dopo l’approvazione del 2010 (nella quale non furono richiamate) iniziò il solito scaricabarile finalizzato ad eluderle, giochino oramai ben noto.
Infatti, a pag. 38 della Relazione Generale di Ottemperanza Ambientale – Delibera CIPE 80/2006, redatta da COCIV (General Contractor, GC) nel 2013 e inserita nel Progetto Esecutivo Lotto 1 (ora approvato), si legge chiaramente che in merito a queste tre prescrizioni: “Le azioni e gli interventi richieste dalle presenti Prescrizioni di cui ai Punti sub 1, sub 2 attengo ad attività non in capo al GC bensì a RFI.” (“attengo” invece di “attengono” è un errore contenuto nel documento ufficiale, n.d.r.)
In pratica COCIV si tira fuori, passando la palla a RFI. E siccome è COCIV a dover realizzare il Terzo Valico e tutti i progetti e le approvazioni che riguardano quest’opera sono presentati da COCIV stesso, non ci si aspetti a questo punto di vedere le opere compensative in alcuno dei progetti che presenterà.
Se, come dice l’articolo di Novi On Line con tanto di grassetto, “Nei prossimi anni, il futuro di Libarna sarà legato alle opere compensative del Terzo Valico“, allora la Soprintendenza farebbe bene a preoccuparsi ed approfondire, perché non si delinea un futuro roseo.
Anzi, forse farebbe meglio a preoccuparsi del presente, perché mentre sogna le prescrizioni legate al Terzo Valico, l’area archeologica di Libarna è a rischio per la carenza di fondi, al punto che ci sarebbe da chiedersi se di questo passo esisterà ancora un sito archeologico, così come lo conosciamo oggi, quando quelle opere compensative verranno realizzate (sempre se verranno realizzate).
Il secondo articolo di Novi On Line “Libarna, l’alluvione e gli effetti di allagamenti e crolli” denuncia infatti le criticità del sito archeologico, precisando che “le alluvioni dell’autunno scorso hanno lasciato 100 mila euro di danni a Libarna” dovuti ad allagamenti di varie parti del teatro, dell’anfiteatro, dei quartieri di abitazione e delle strade “le cui strutture sono state in parte sommerse dall’acqua che il terreno, ormai intriso, non riusciva più a smaltire. Ora si sta addirittura pensando, per evitare che i vani ipogei dell’arena vengano danneggiati irreparabilmente dalle piogge torrenziali che sempre più spesso investono il nostro Paese, di reinterrarli.
E ancora “Per quanto riguarda l’anfiteatro, si sono registrati consistenti crolli lungo tutto il perimetro murario dei vani ipogei. Il muro che delimita l’arena è stato fortemente danneggiato dalla spinta dell’acqua (le murature in origine erano costruite direttamente contro la terra).
Stando alla stima “fatta dal direttore dell’area archeologica Marica Venturino insieme al personale del Laboratorio di restauro della Soprintendenza” sarebbero necessari 100.000 euro per porre rimedio a questi danni.
Quello che forse non sanno è che con un solo metro di Terzo Valico si potrebbero effettuare gli interventi di ripristino ed anzi avanzerebbe pure qualcosa. Calcolatrice alla mano, 6.2 miliardi di valore dell’opera (destinato a salire) diviso 53 km di lunghezza, portano alla mirabolante cifra di 117.000 euro per ogni metro, più che sufficienti a coprire i 100.000 euro di danni.
Ma evidentemente questo calcolo preferiscono non farlo, come non si interrogano su quanti metri sarebbero sufficienti per avere quelle tre opere che agognano come compensative, un sogno di dubbia realizzazione mantenuto vivo barattando il territorio di Libarna con un’opera da 6.2 miliardi di euro che non serve a nessuno e tanto meno al sito archeologico, dove i visitatori che vi arriveranno potranno farlo solo con le linee storiche, dato che il Terzo Valico sarà destinato solo alle merci e, anche nel caso fosse per i passeggeri, non farebbe fermate intermedie ad Arquata o Serravalle, dove le stazioni si trovano da tutt’altra parte rispetto alla nuova linea.
Dalla Soprintendenza ci si aspetterebbero prese di posizione coraggiose, volte a tutelare e preservare i beni architettonici e culturali, opponendosi ad opere inutili che mettono a rischio il patrimonio archeologico ancora sepolto e pretendendo piuttosto che una piccola cifra dell’enorme risparmio che ne conseguirebbe sia destinata a conservare e valorizzare l’esistente sui territori coinvolti.
Cosa potrebbe diventare Libarna grazie ai soldi recuperati rinunciando a 100 metri di Terzo Valico, pari a quasi 12 milioni di euro?
A quanti archeologi e per quanto tempo si riuscirebbe a dare lavoro disponendo di una simile cifra? Quanto si potrebbe espandere l’area archeologica innescando un meccanismo di attrazione per turisti, che potrebbero essere intercettati anche per la valorizzazione dei prodotti locali?
Non sarebbe eticamente più corretto dare una prospettiva di lavoro stabile, in condizioni di lavoro dignitose e con una retribuzione sicura a figure professionali altamente qualificate, come gli archeologi, piuttosto che “condannarli” ad attività di assistenza archeologica in condizioni precarie, soggette alla “chiamata” della ditta di turno, con tempi stretti, con le incertezze del meteo che potrebbe bruciare giornate lavorative e, come se non bastasse, con l’incubo ricorrente che la ditta esecutrice dei lavori non li paghi perché a sua volta non è stata pagata, evento purtroppo non raro come dimostrano le cronache di questi giorni in quel di Radimero? Cronache che scrivono anche che in quel cantiere “mancava il via libera della sovrintendenza ai beni archeologici” (Il Secolo XIX del 20/2/2015); se fosse vero, che fine hanno fatto i controlli? Distrae così tanto l’incerto sogno di un futuro sottopasso ferroviario?

Che poi, a pensarci bene, un sottopasso ferroviario è probabilmente la meno compensativa delle opere possibili in un’area soggetta ad essere sommersa stagionalmente dall’acqua, al punto di contare 100.000 euro di danni; quel sottopasso si allagherebbe ogni inverno e costituirebbe un onere in più mantenerlo.
Comunque vada, anche queste opere compensative finiranno per essere una presa in giro.