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L’amianto c’è, il protocollo no

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Sabato 8 febbraio doveva svolgersi a Carrosio la tanto attesa presentazione del cosiddetto protocollo amianto e idrogeologico, organizzata dai Sindaci di Voltaggio, Carrosio e Fraconalto, con la partecipazione di Regione Piemonte, Arpa, RFI, Cociv più qualche ospite politico che non fa mai male, come il Senatore Borioli o l’Assessore Regionale Cavallera, giusto per par condicio.
Considerati i nomi altisonanti e il battage pubblicitario, le premesse affinché riuscissero finalmente a presentare il più volte annunciato protocollo amianto, c’erano tutte.
In realtà questo articolo potrebbe finire qua, perchè infierirebbe meno, ma non renderebbe giustizia a quanti si sono presentati all’incontro.
Dal canto loro i No TAV, avendo ben capito dopo pochi minuti la farsa che stava per iniziare, hanno preferito dimostrare il proprio dissenso rifiutandosi di ascoltare per l’ennesima volta le caratteristiche dell’opera, i pseudo benefici, le fantasmagoriche esigenze del porto di Genova e i riassuntini sul tema amianto, già illustrato dettagliatamente ad ottobre dai Comitati stessi.
Quanti sono rimasti in sala si sono invece sopportati più di quattro ore di un incontro tanto estenuante quanto inconclusivo.
Gli esperti intervenuti dovrebbero dare garanzie alla popolazione sulle loro capacità di realizzare un’opera da 6.2 miliardi di euro nel rispetto della salute, comprendendo le esigenze della Nazione e concludendola in tempi ben precisi.
L’incontro di Carrosio, come biglietto da visita, non è stato assai male, visto che per quanto riguarda i tempi non sono neanche stati in grado di programmare gli interventi dei partecipanti in modo che il tutto si potesse concludere nel rispetto della salute dei presenti, che ad una certa ora avrebbero avuto anche l’esigenza di pranzare.
E se qualcuno dei presenti non avesse sbottato verso le 12, oggi quei conferenzieri starebbero ancora a raccontare il nulla, pensando di convincere la popolazione per sfinimento.
L’incontro si è poi protratto fin dopo le 14, perchè alle domande degli intevenuti, seguivano risposte ancora più vaghe della presentazione. In sostanza, o rimandavano ad altri enti, o a decisioni da prendere, o a dati prospettati in modo fuorviante, o a documenti pubblicati su non si sa quale sito e a disposizione di quali autorità.
In pratica, niente di nuovo; e in tutto questo, del protocollo idrogeologico neanche si è parlato, perché è mancato il tempo.
Dire incompetenti, forse è ancora poco.
E nessuno dia la colpa ai No TAV, visto che hanno permesso l’inizio in perfetto orario e dopo pochi minuti hanno lasciato il campo libero affinché la presentazione avesse luogo come meglio credevano i Sindaci, il Dott. Mallarino e rappresentanti delle varie istituzioni.
Per inciso, l’inizio in ritardo è da imputare al Commissario Lupi e ai rappresentanti della Regione, che alle 10 non erano ancora presenti, come precisato dal Sindaco di Carrosio.

Saltata la presentazione del protocollo idrogeologico, la speranza del pubblico era di assistere ad una completa ed esaustiva presentazione del protocollo amianto, che in quanto tale chiarisse tre punti in relazione all’intera opera: tutela della salute, gestione dello scavo in presenza di amianto (estrazione, trasporto e conferimento) e costi.
In quattro ore non hanno presentato neanche un protocollo amianto provvisorio, quello che a loro dire permetterebbe a COCIV di scavare.
Quelle che sono state illustrate sono poche slides buone per qualsiasi contesto e relative unicamente alle modalità di monitoraggio ambientale.
A questo si è aggiunto un veloce cenno alla probabilità di trovare rocce amiantifere lungo il tracciato ma nessuna indicazione su cosa prevedano di fare in presenza di una vena di amianto, a partire dalle modalità di estrazione fino ai luoghi di conferimento, passando per le modalità di trasporto. E ovviamente nessun cenno ai costi.

Adesso basta!
Non è più accettabile che nel nome del rispetto delle istituzioni vengano prese in giro le persone, presentandosi ad un incontro pubblico per raccontare la favoletta e fingendo preoccupazione, confidando che una bella lezioncina e uno sfoggio di competenze, magari scandendo le parole in modo autoritario, possa intortare i presenti.
Le slides pubblicate sul sito del Comune di Voltaggio, integrate con le precisazioni che potete leggere di seguito, sono la dimostrazione di come quell’incontro sia stato solo un palliativo per le coscienze dei Sindaci.
Ad onor del vero, va riconosciuta una cosa al Sindaco di Voltaggio: ha detto che avrebbe pubblicato le slides e lo ha fatto. Peccato che i PDF, con autore Alberto (Mallarino?) siano stati compressi penalizzando ulteriormente la comprensione di alcuni documenti già di loro natura fin troppo generici; ad es. per l’intervento sulla Crenna, si capisce ben poco sia a livello di spiegazioni (assenti) che di segnaletica (quasi illeggibile).

Cosa hanno detto, o dimenticato, i dirigenti intervenuti?
Ha aperto le danze il Sindaco di Carrosio, ricordando come dal 2012 i Sindaci di Voltaggio, Carrosio e Fraconalto abbiano fatto richiesta di porre in atto la legge regionale n. 4, richiesta supportata poi dagli altri Sindaci e dalla Provincia. Ricordate questa affermazione, perché di fatto individua la data in cui si è barattato il territorio con il nulla, perché quella legge, come preciserà in seguito il Sindaco di Voltaggio, non ha fondi.
E a queste parole, i No TAV, hanno salutato.
Il Sindaco di Carrosio ha proseguito ricordando che come conseguenza, i Sindaci hanno creato dei tavoli tecnici che hanno portato all’incontro dell’8 febbraio per illustrare le risposte ai problemi sollevati dai tavoli. Quanti ricordano di almeno un’occasione in cui un Sindaco abbia illustrato alla propria popolazione il risultato di quei tavoli tecnici?
Quanti, rivedendo il video di quest’incontro, si ritengono soddisfatti delle risposte e soprattutto, quanti ritengono che siano state date delle risposte?

Prende poi la parola il Commissario Lupi, per ricordare che “tutti coloro che operano nel settore sono perfettamente coscienti della necessità di prevenire ed evitare rischi non soltanto alle popolazioni a chi lavora soprattutto, perchè è la prima realtà, la prima linea esposta al rischio in generale”.
In linea di principio questa affermazione dovrebbe essere sempre vera, ma se lo fosse oggi non si parlerebbe dell’Ilva di Taranto o dell’Eternit di Casale.
Grazie Commissario, queste parole tranquillizzanti erano indispensabili.

Prosegue la presentazione l’Ing. Daniela Lezzi, responsabile di progetto di RFI per inquadrare l’opera nel complesso nazionale ed europeo.
Il refrain è il solito, dare risposta alla domanda di trasporto merci derivante dallo sviluppo del porto di Genova, stimandolo in 4 milioni di TEU, con benefici per l’ambiente, la sicurezza e l’economia. Le linee esistenti sono inadeguate, non portano gli high cube e hanno pendenze eccessive, motivo per cui non attraggono le merci che preferiscono andare al Nord impiegando 5 giorni in più di navigazione.
Questi dati oramai lasciano il tempo che trovano: la saturazione della linea per loro doveva avvenire nel 2006 con 5 milioni di TEU. Sono passati 8 anni da quella data e si sa che nell’intero porto di Genova i TEU allora furono 1.6 milioni e ancora oggi toccano a malapena i 2 milioni (http://notavterzovalico.info/2013/11/12/prosegue-il-calo-di-traffico-nel-porto-di-genova/). Attenzione, sono i TEU che girano per il porto, non quelli che vanno su treno, che sono molti meno!
Se RFI avesse a cuore l’ambiente, non taglierebbe i treni ai pendolari obbligandoli a inquinare con auto e pullman.
Se RFI si preoccupasse della sicurezza, l’incidente di Andora dove si è rischiata una strage di passeggeri, non si sarebbe verificato e la linea non sarebbe bloccata.
Se RFI si interessasse dell’aspetto economico, migliorerebbe le linee esistenti con investimenti minori, a beneficio di passeggeri e merci.
Se RFI volesse migliorare il collegamento del porto alla rete ferroviaria, raddoppierebbe subito il singolo binario per uscire dal porto stesso, che fa da collo di bottiglia. Per conferma, vedere Presadiretta di Rai3 del 23/9/2013 (http://www.youtube.com/watch?v=8zyHZhu5sQU).
I problemi sono altri, ed ovviamente l’Ing. Lezzi non li ha menzionati; in primis il fondale di Genova che non è in grado di ospitare le meganavi, poi la lentezza nello sdoganamento (sempre da Presadiretta di settembre), con quasi una settimana di tempo a fronte di un giorno nel Nord Europa; in pratica i 5 giorni in meno di navigazione che vanta l’Ing. Lezzi al momento sono bruciati dalle operazioni doganali.
Altri dati fuorvianti che vengono presentati nelle slides: i costi esterni (ambientali e sociali) calcolati dalla Comunità Europea per il trasporto merci su strada (8.8 centesimi per tonnellata/Km) e su ferrovia (1.9 centesimi). Occorre chiarire, a chi non l’avesse ancora notato, l’inganno nascosto dietro questi dati: non sono i costi sostenuti da chi deve trasportare le merci, che lo spingerebbero a scegliere la ferrovia, bensì i costi ambientali e sociali legati a un mezzo di trasporto, costi che gravano sullo Stato, ma niente e nessuno può garantire che con il Terzo Valico le merci si trasferirebbero su treno. Se quei dati fossero sufficienti a giustificare l’opera, dato che sono del 2000, avrebbero già portato alla saturazione delle linee esistenti; si tratta semplicemente di un dato usato fuori luogo, fumo negli occhi.
Andando a vedere questa cartina (http://www.uirr.com/en/component/downloads/downloads/941.html) dello UIRR (International Union for Road-Rail Combined Transport) si scopre che di linee codificate almeno C45 per consentire il transito degli High Cube non ce n’è neanche una a sud di Bologna. O per i 3/4 di Italia non viaggiano gli High Cube o forse esistono soluzioni, tipo i carrelli ribassati, che lo consentirebbero.
Se l’obbiettivo è attrarre competitività si adottino subito le soluzioni praticabili in tempi brevi e con le linee esistenti, per attrarre subito più mercato e non sperare di riuscirvi tra vent’anni, quando oramai altre direttrici si saranno consolidate e le esigenze di mercato cambiate, come anche le soluzioni tecnologiche.
Le pendenze delle linee attuali non sarebbero problemi insormontabili, se impiegate in modo ottimizzato.
E infine i tempi di attivazione e i costi: per l’Ing. Lezzi si parla del 2020 e finanziamenti assegnati per 1619 milioni di euro. Oramai sanno tutti che dal secondo lotto sono stati tolti subito 240 milioni necessari a RFI per intervenire sulle linee esistenti (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/19/terzo-valico-confermato-il-taglio-adesso-si.html) e che con il decreto del fare è stato tolto il resto del secondo lotto, riassegnandolo dopo a rate dal 2015 al 2024 (la rata del 2015 nel frattempo è già stata quasi svuotata).
Come si fa a parlare di conclusione nel 2020 con soldi per il secondo lotto (di sei) che arriveranno forse solo nel 2024 e senza neanche sapere quali e quanti saranno i problemi legati all’amianto e alle fonti?
La questione è sempre la solita: trovare una giustificazione all’opera, perché “le scelte toccano alla politica” (Moretti, A.D. Trenitalia, 3 Luglio 2013 http://www.primocanale.it/notizie/moretti-terzo-valico-le-decisioni-spettano-alla-politica–126353.html)
Con tutta la buona educazione dei presenti, nessuno è riuscito a forzare un applauso, anche solo di circostanza.

L’intervento successivo è del Dott. Mallarino che descrive l’attività degli enti locali, in pratica quanto hanno fatto gli enti locali per favorire la realizzazione del Terzo Valico, compresa l’illustrazione della loro tanto decantata moratoria.
Anche in questo caso si tratta di dichiarazioni volte a rappresentare unicamente il punto di vista dei fautori dell’opera; infatti viene affermato che è stata ottenuta una risposta efficace alla “gestione del rischio amianto nelle aree interessate dai lavori di scavo” e “all’individuazione di soluzioni adeguate in caso di eventuale isterilimento delle fonti interferite dall’opera”. Perchè la si ritenga efficace tuttavia non viene spiegato.
Chi era presente o chi ha visto il video dell’incontro, può farsi un idea se le risposte ci sono state e se possono ritenersi efficaci.
Restano, ad avviso dei Sindaci, una dozzina di istanze in attesa di una risposta, nessuna delle quali mette minimamente in discussione l’opera, ma tutte per chiedere qualche beneficio compensativo, da utilizzare evidentemente per persuadere la popolazione. Basta scorrere le slides per farsene un’idea.
Il Sindaco di Arquata, presente tra il pubblico, non ha preso la parola per obbiettare alcunché: probabilmente si ritiene anche lui soddisfatto delle risposte in tema di amianto e idrogeologia.
Anche in questo caso, nessuno ha abbozzato ad un applauso.

L’incontro prosegue con la presentazione dell’Ing. Carpi della Direzione Trasporti della Regione Piemonte, responsabile del gruppo di lavoro sull’amianto.
Per quanto la prima slide reciti “Amianto Naturale Protocollo Operativo”, del protocollo non se ne vedrà traccia, per quanto vengano usate frasi del tipo “in questo protocollo noi abbiamo scritto per la prima volta che una fibra litro dovrà essere il limite che discrimina tra ciò che è tutta una serie di attività di attenzione e tutta una serie di attività di sorveglianza”.
Di fatto la presentazione è tutta circoscritta al rischio ambientale, con un’impostazione che ricorda più che altro una lezione universitaria sulle metodologie di campionamento del fronte di scavo e del monitoraggio del’aria con cadenze differenti a seconda dei dati raccolti.
Quindi, ammesso e non concesso che esista un protocollo, anche questo si allineerebbe con l’andazzo degli altri provvedimenti: occuparsi di un sottoinsieme del problema, caricandolo tuttavia di un significato maggiore.
L’Ing. Carpi chiarisce che si vanno a monitorare quelle fibre che possono provocare le patologie che sono state illustrate in una serata di ottobre ad Arquata Scrivia da esperti sanitari. Peccato che si dimentichi che quella serata non è stata organizzata da nessuna delle persone sedute a quel tavolo, né tanto meno dal Sindaco presente tra il pubblico, ma dal Comitato No TAV di Arquata.
Quello che emerge è che da agosto quello che loro chiamano protocollo avrebbe subito una serie di implementazioni (ovviamente non indicate), ma è tuttavia chiaro che quella che a suo avviso è al momento “la versione più completa e attualizzata rispetto all’accompagnamento dell’opera è un documento che vorremmo di nuovo far approvare in un momento amministrativo”. E questa è la conferma che al momento non esiste nessun protocollo approvato, come precisa poco dopo “sempre seguendo quello che è lo sviluppo del documento spero che mentre sarà approvato verrà anche diffuso”.
Va ricordato ancora una volta l’Ing. Carpi non ha fatto alcun cenno al fatto “cosa succede se” venisse trovato amianto, a parte il variare le modalità di campionamento.
Quindi ad oggi, se dovesse venire approvato un siffatto documento, non sarebbero disciplinate le attività di chi sta scavando (si deve fermare? deve adottare determinate misure?) né quelle di conferimento; probabilmente sarà tutto lasciato alla creatività del momento.
L’Ing. Carpi conclude presentando tutta una parte di approfondimento geologico, affermando che nella tratta ligure c’è una massima probabilità di trovare la pietra verde del 5%, sbagliando tuttavia nel minimizzare il dato, perché come dirà successivamente, la slide propone una probabilità del 50% fino al passo della Bocchetta e, nel caso non lo sapesse, quella zona è Liguria. Per quanto sul valore 50% non sia stata fatta alcuna sottolineatura, vale la pena di ricordare che dire che esiste una probabilità del 50% di trovare rocce verdi, sebbene non significhi che la metà delle rocce è amianto, significa che una roccia su due (di dimensioni comparabili, per essere precisi), statisticamente, è una roccia verde, cioè contenente amianto.
Dopo la Bocchetta la slide prospetta una percentuale del 20% di trovare rocce verdi e successivamente un’altra tratta in cui viene stimata la probabilità del 50%.
Da quanto esposto si può dedurre che per circa 15 km di galleria la probabilità di trovare rocce verdi varia tra il 20% e il 50% ed una metà circa di tutto quel materiale, quando sarà scavato, uscirà ad Arquata, partendo proprio da quello estratto dalla zona con probabilità maggiore.
E, a fronte di tutto questo, la conclusione dell’intervento qual’è?
“costruire bene l’opera costi quel che costi” è ovviamente meglio che “andare comunque avanti costi quel che costi”
Capito? Ci si è già dimenticati delle premesse fatte da RFI, l’opera non può costare più di 6.2 miliardi, e ci si mette già nell’ordine di idee di tutelare la salute, ma far aumentare i costi per farla bene. Meglio ancora se il problema, pur sapendo che esiste, lo si rimanda a domani, perchè oggi si è a Carrosio e si deve parlare solo di come si fanno i controlli sulla finestra Val Lemme, dove il rischio è probabilmente, almeno per ora, basso.
Peccato che non sia stato spiegato dove, come e con quali costi pensano di smaltire quel 20-50% di materiale che conterrà rocce verdi per la parte in cui i quantitativi di amianto saranno superiori a 1g/Kg.
Come se tutti questi dubbi non facessero parte del protocollo amianto.
Ah, scusate: loro si occupano solo di definire come individuare il problema (chiamasi monitoraggio), delegando a chi realizza l’opera i rilevamenti.
Il resto esula dal tavolo tecnico.

L’ultimo intervento è stato dell’Ing. Robotto, direttore generale di ARPA Piemonte, che con tono cadenzato ha descritto i poteri di controllo di ARPA, il ruolo che riveste, le finalità del monitoraggio, le modalità di monitoraggio che il proponente deve rispettare ed eseguire, i livelli di pericolo, i punti di monitoraggio, le modalità di analisi, le soglie di allarme e le azioni correttive che il proponente deve mettere in atto.
In pratica nulla che non si sapesse, cioè ARPA dovrebbe fare il controllore, se non fosse che tra le righe si capisce che il più delle volte sarà il proponente, cioè chi scava, a dover rispettare ed eseguire le modalità di monitoraggio. E le eventuali azioni correttive, dovrà sempre metterle in atto il proponente, ARPA eventualmente controllerà.
Il che significa fidarsi che il controllato sia un buon controllore di se stesso, scoprendo eventualmente solo in un secondo momento che ci sono problemi.
E che i tempi non siano proprio immediati, lo dimostra la slide in cui si parla di 12 campioni solidi prelevati (non è specificato come e da chi) per i quali le analisi sono ancora in corso (più di un mese).

La presentazione viene a questo punto interrotta dal pubblico, strenuato da tanta prosopopea senza né capo né coda, puro sfoggio di burocratese.

Risparmiandovi la seconda parte, chiamiamola il question time, pensate di poter essere più tranquilli?
Siamo sicuri che dallo studio del profilo geologico la probabilità di trovare rocce verdi tra SR15 e SR13 sia solo del 20%?
Quella zona, con la probabilità più bassa, è quella in cui ARPA stessa ha documentato la presenza di Amianto Naturale (http://www.arpa.piemonte.it/pubblicazioni-2/pubblicazioni-anno-2008/pdfamiantonaturale.pdf ) e ha espresso un parere estremamente duro nei confronti del progetto relativo al Parco Eolico realizzato da Enel Green Power sul Monte Porale, anche se nessuno nella giornata di Sabato vi ha fatto riferimento.
Le analisi condotte per conto di Enel Green Power parlavano di valori fino a 250g/Kg, valori che l’Ing. Carpi mise in forte dubbio nel corso di una telefonata “non può essere un quarto di chilo al chilo di quella roba lì, perché torno a dire sarebbe il giacimento più ricco al mondo di amianto”.
Questa è l’immagine di un rapporto di prova e questo quanto affermò ARPA nella Conferenza dei Servizi nel Novembre 2011:

“tutto il materiale scavato che, con queste concentrazioni, si configurerebbe come rifiuto pericoloso e dovrebbe essere conferito e smaltito a discariche autorizzate con procedure di massima sicurezza e che peraltro non potrebbe essere riutilizzato in cantiere come materiale di recupero per i previsti rinterri e rimodellamenti”

ed anche

“una tipologia di cantiere come quella necessaria per la realizzazione di un parco eolico comporta tipicamente un grosso lavoro di scavo, movimentazione, stoccaggio e riutilizzo di grosse quantità di terre e rocce, si ritiene che il potenziale rischio ambientale derivante dalla gestione di questo substrato sia veramente elevato e difficilmente controllabile e mitigabile”

Ora potranno dire che quei dati erano superficiali mentre in profondità esiste un’altra situazione, tuttavia risulta difficile credere che quei dati e quelle valutazioni possano essere ignorate nello studio del profilo geologico, al punto che ARPA, almeno fino ai primi di ottobre, non li comunicò al tavolo tecnico regionale, come precisò ai tempi l’Ing. Carpi “l’ARPA Piemonte viene, sull’amianto, viene a questo tavolo e non ci ha riferito assolutamente di queste cose, probabilmente c’è qualche cosa dietro che non capisco ma ho difficoltà ad accettarli come veritieri questi valori, probabilmente c’è qualche errore”.
Quantomeno ARPA avrebbe dovuto comunicarli al tavolo tecnico che poi, eventualmente, poteva scartarli.

Perché da quei dati e dal parere dell’ARPA in conferenza dei servizi ad Alessandria non si scappa: o i dati contenevano macroscopici errori come sostenne l’Ing. Carpi ed allora la conclusione è che ARPA non se ne accorse arrivando ad esprimere giudizi pesanti (e la cosa lascerebbe perplessi), o i dati erano corretti e l’ARPA avrebbe dovuto girarli al tavolo tecnico, anche se i sondaggi non erano esattamente sul tracciato, anche perché per l’Ing. Carpi quei valori sarebbero preoccupanti “già soltanto gli abitanti che stanno intorno a quelle formazioni lì”. E chissà che ne pensano il Sindaco di Voltaggio e Fraconalto, presenti a quella conferenza dei servizi nel 2011.

Adesso si scopre che il Porale non viene neanche menzionato nell’incontro organizzato a Carrosio e quello che veniva considerato da ARPA un potenziale rischio ambientale ora non è più elevato, ma controllabile e mitigabile; sarà sicuramente contenta Enel Green Power.

E saranno contenti tutti quanti sono preoccupati per la propria salute: l’amianto c’è con probabilità fino al 50%, ma ora che si sanno i criteri con cui l’esecutore dell’opera deve effettuare il monitoraggio, possono dormire pure sonni tranquilli, il problema non è imminente, basta avere pazienza.

Come si diceva già a settembre: l’amianto c’è, ma basta uno studio (per nasconderlo).  http://notavterzovalico.info/2013/09/04/lamianto-ce-ma-basta-uno-studio-per-nasconderlo/