Il nostro territorio continua a franare: solo nelle ultime settimane nel circondario di Novi Ligure assistiamo a sistematici smottamenti e cedimenti di terra che si riversa sulle nostre strade. Strade che vengono chiuse e causano non pochi disagi ai cittadini.
E se tutto ciò fosse stato previsto? E se le previsioni fossero state ascoltate dalle amministrazioni? Allora forse non ci ritroveremmo strade chiuse a tempo “indeterminato” e lavori di intervento emergenziale altamente onerosi.
Era il 2011 quando Regione Piemonte, Arpa, Servizio geologico e Settore risorse idriche approvarono il cosiddetto P.A.I. (Piano di Assetto Idrogeologico) ovvero un’analisi realizzata attraverso il monitoraggio del territorio comunale e lo studio, idraulico e idrogeologico, dei corsi d’acqua con particolare attenzione ai movimenti franosi (stabilizzati, quiescenti ed attivi) ed ai fenomeni di dissesto lungo questi ultimi avvenuti sul territorio nonché l’elaborazione degli interventi futuri da attuare al fine di preservare le zone a rischio e prevenire i danni provocati da eventuali dissesti idrogeologici.
Appare evidente che il P.A.I. sia uno strumento utile alla tutela del territorio e non solo: risulta evidente che prevenire danni di questo tipo significa anche preservare le tasche dei contribuenti.
Infatti le spese per il riassetto del territorio risultano sicuramente più ingenti che non quelle atte ad una manutenzione specifica di tale territorio che, come il P.A.I. sottolineava, è un territorio a rischio.
Di fatti, nel 2011, tale analisi aveva individuato come zone a rischio proprio quelle che oggi ci ritroviamo a dover riassettare completamente perché franate.
Peccato che tale documento sia rimasto nel cassetto delle amministrazioni e anche se approvato non è divenuto mai esecutivo.
La domanda sorge spontanea: quanto avrebbero risparmiato i cittadini se le amministrazioni si fossero dimostrate meno “distratte”?
Quanto risparmierebbero se queste ultime anziché finanziare progetti dispendiosi e inutili come la strada 35 TER, appaltando lo sversamento di metri cubi di inutile cemento, concentrassero il proprio operato su progetti che preservano realmente il nostro prezioso territorio, facendo care quelle antiche e sagge abitudini incentrate sulla cura quotidiana della nostra terra, come ad esempio la manutenzione dei fossi, anziché sperperare denari pubblici nei soliti interventi di “emergenza”.
Non dev’essere la condizione di emergenza – proprio per il suo intrinseco significato – a regolare gli interventi pubblici – come assistiamo sempre più spesso nel nostro Paese – ma le buone pratiche di tutela del territorio e di gestione trasparente di esso, trasparenza che invece non si accorda quasi mai con la parola emergenza.