Se qualcuno dovesse chiedere cosa sta facendo in questo momento il movimento che si oppone alla costruzione del Terzo Valico la risposta sarebbe semplice: sta resistendo. Nonostante una decina di grandi manifestazioni che hanno attraversato le valli interessate dal progetto, centinaia di assemblee con le sale sempre strapiene, centinaia di espropri impediti, un’infinità di appuntamenti ludici e culturali, la macchina devastatrice del Terzo Valico è lungi dall’essere fermata. Certo, le cose non sono andate come se le immaginava la classe politica Sì Tav quando con tanta supponenza affermava ad inizio del 2012: “da queste parti la gente non è mica come in Valsusa, qui tutti sono d’accordo con la costruzione del Terzo Valico…”
Hanno avuto un brusco risveglio quando hanno visto migliaia di persone riversarsi per le strade che si trattasse di manifestare o di impedire un esproprio, di partecipare a una festa, a un’assemblea o al blocco di una trivella. Nonostante questo, non si sono voluti fermare, non hanno voluto prendere in considerazione l’ipotesi di tornare sui loro passi. Tanto il Governo delle larghe intese, quanto una classe politica locale quasi totalmente espressione di quel Partito Democratico che qui come altrove rappresenta gli interessi del partito del tondino e del cemento, hanno continuato a difendere gli interessi di Cociv contro gli interessi dei cittadini. I Sindaci che hanno provato ad essere anomalia sono presto rientrati nei ranghi, accontentandosi di provare a “migliorare” un progetto che avrà un impatto devastante per la salute e l’ambiente. Un’illusione bella e buona che cerca di nascondere dietro un paravento di carta le loro scelte amministrative ormai complici dei signori di Cociv.
Che si chiamino Doria, Robbiano, Spineto, Rossa, Filippi, Carbone o Berutti tutti hanno optato, chi prima e chi dopo, per l’opzione più semplice, quella di mettersi al servizio di chi vuole costruire un’opera oggi ancora più assurda davanti ad una crisi economica e sociale ogni giorno sempre più devastante. Avevano detto, chi più e chi meno, che se fosse emersa la presenza di amianto avrebbero fermato tutto. Oggi che sono stati costretti ad ammettere grazie alla tenacia del movimento che l’amianto c’è, raccontano che il problema si può gestire…
Chissà con quali aggettivi verranno consegnati alla storia questi sindaci (il minuscolo è voluto) che dovrebbero difendere la salute dei cittadini e invece, in nome di un finto progresso, preferiscono essere complici e voltarsi dall’altra parte.
Come sempre avviene in questi casi hanno usato la “giustizia” come una clava per provare a fermare il movimento con un utilizzo massiccio di denunce, fogli di via, perquisizioni del tutto asimmetriche a quanto avvenuto nelle piazze abitate dal movimento. Un blocco pacifico di un esproprio è diventato così a seconda delle volte l’occasione per denunciare decine di attivisti per interruzione di pubblico servizio, violenza privata, manifestazione non autorizzata, resistenza e per impedire a dieci persone di recarsi nei Comuni liguri interessati dal Terzo Valico per tre anni. Un normalissimo scambio di opinioni con un operaio diventa il pretesto per ordinare perquisizioni laddove non erano mai avvenute per ragioni politiche, mentre gli esposti presentati dal movimento sembrano essere spariti in chissà quali cassetti.
Nonostante questo il movimento resiste e nonostante l’apertura dei primi cantieri continua a rispondere colpo su colpo ai signori di Cociv. Dopo la giornata di Arquata quando centinaia di persone tolsero le reti del cantiere e vi entrarono piantando alberi è arrivata quella di Trasta, dall’altra parte dell’Appennino, in uno scambio costante di testimone fra Piemonte e Liguria. Quei cantieri oltre ad essere maledettamente concreti sono anche un simbolo che è possibile violare. Sono il simbolo della loro arroganza, violenza, prepotenza, supponenza. Sono un simbolo che serve a delimitare i luoghi dove la distruzione ha avuto inizio per davvero, ma grazie al movimento e ai mesi di ritardo procurati alla tabella di marcia di Cociv, è solo alle battute iniziali.
Entrare, scavalcare, togliere, levare, abbattere, invadere, ostacolare, sabotare, chiudere, fermare, pregare, legarsi, incatenarsi, sedersi davanti, tagliare, non collaborare, disobbedire, bloccare sono tutti verbi che ben spiegano quante e quali siano le possibilità per arrecare disturbo e intralcio ai cantieri del Terzo Valico. Se migliaia di cittadini dovranno convivere con almeno un decennio di cantieri, qualcun altro dovrà convivere con almeno un decennio di problemi. Se ne facessero una ragione.
Da queste parti nessuno è intenzionato ad arrendersi ed è evidente che parallellamente al nodo degli espropri (sono ancora molti quelli da eseguire nonostante stiano offrendo ai proprietari cinque volte il prezzo di mercato) è oggi arrivato con forza quello dei cantieri.
Cantieri che è bene ricordare sono al momento una piccola parte di quelli che dovranno aprire (e difendere) e all’interno dei quali si sono al momento limitati al taglio di alberi e alla bonifica ordigni bellici, con l’eccezione di Voltaggio dove è ripreso (illegalmente ma non ce ne stupiamo) lo scavo dell’ex foro pilota oggi diventato una delle quattro gallerie di servizio.
Hanno scelto il tempo a loro più propizio per lanciare l’offensiva, per verificare quale sarebbe stata e con quale intensità la reazione del movimento, per segnare sulle loro mappe i luoghi in cui l’ostlità è maggiore e quelli in cui i territori si presentano più docili. Hanno scelto l’inverno, momento in cui la resistenza si fa più complicata, come ben racconta la storia di queste valli partigiane. Nonostante questo il morale è alto, il movimento continua ad essere all’altezza dello scontro in atto, nuove iniziative sono in cantiere per complicare la vita dei cantieri.
E dopo l’inverno arriva sempre la primavera. Le pagine più belle di questa storia di resistenza devono ancora essere scritte.