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Incalza e il Presidio NoTav di Radimero

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Ma davvero Incalza si è interessato all’esproprio del presidio NoTAV di Radimero?

A quel che ci risulta ad oggi no, almeno non direttamente. Però….

Però esistono eventi che accadono nelle segrete stanze del palazzo e che restano criptiche e fumose schermaglie di potere tra soggetti istituzionali (CIPE, Corte dei Conti e Incalza), eventi ai quali non si dà più di tanto peso, almeno finché non se ne trova una chiave di lettura.
E la chiave di lettura questa volta l’ha fornita la Procura di Firenze: “avendo Incalza … garantito un favorevole iter delle procedure amministrative relative al finanziamento dell’opera ed all’avvio ed allo svolgimento dei lavori, e comunque assicurato un trattamento di favore al general contractor “Consorzio Cociv”, comprendente le società “Salini-Impregilo” e l’impresa “Civ” del “gruppo Gavio” a fronte dell’affidamento a Perotti Stefano, da parte del suddetto Consorzio, dell’incarico di direzione dei lavori“.

Quasi tutti oramai sanno che domani COCIV tenterà per la terza volta di prendere possesso del terreno di Radimero su cui sorge il presidio No TAV; molti sanno anche che per potere accampare tale diritto deve sussistere una dichiarazione di pubblica utilità, scaduta e prorogata nel 2013.
Pochissimi sanno cosa si nasconda dietro la proroga della dichiarazione di pubblica utilità; per comprenderlo occorre andare a scovare la delibera della Corte dei Conti n. 20/2013 per leggere alcune importanti considerazioni.

La Corte dei Conti infatti, prima di ammettere la proroga della dichiarazione di pubblica utilità al visto ed alla conseguente registrazione, sollevò “dubbi riguardo alla legittimità del ricorso alla procedura di cui al menzionato art. 166, comma 4-bis” in quanto la stessa legge prevede che il “presente articolo può trovare applicazione anche con riguardo a più progetti definitivi parziali dell’opera, a condizione che tali progetti siano riferiti a lotti idonei a costituire parte funzionale, fattibile e fruibile dell’intera opera e siano dotati di copertura finanziaria“.

Il Terzo Valico infatti è realizzato per lotti costruttivi non funzionali e per alcuni mesi il secondo lotto aveva anche perso il finanziamento.
Poiché la Corte dei Conti non ritenne che le Amministrazioni interessate avessero risposto esaurientemente alla richiesta di chiarimenti, le convocò per approfondimenti.

E a questo punto si comincia a parlare di Incalza e a comprendere quanta importanza possa avere avuto per garantire un “favorevole iter delle procedure amministrative relative al finanziamento dell’opera ed all’avvio ed allo svolgimento dei lavori“, anche a rischio di far passare per sprovveduti i tecnici della Struttura Tecnica di Missione.

Si legge infatti nella delibera della Corte dei Conti che “la Struttura tecnica di missione ha più dettagliatamente specificato, con riferimento alla delibera n. 86/2011, che per incongruenza e/o dimenticanza non si è tenuto conto della nuova normativa“. Cioè, pur di giustificare il proprio operato e non compromettere il famoso iter amministrativo, la Struttura guidata da Incalza non esitò a dichiarare che non si tenne conto della nuova normativa per incongruenza e/o dimenticanza. Chissà quante altre volte si saranno dimenticati della normativa o delle precedenti prescrizioni fatte dallo stesso CIPE, pur di dare il via libera ai lavori.

E si capisce anche che la genialata del rifinanziamento a rate da 120 milioni fu necessaria per poter far vedere alla Corte dei Conti che c’era stato il ripristino dell’integrale copertura finanziaria del 2° lotto.

Incredibile poi l’affermazione fatta dai rappresentanti della Struttura Tecnica di Missione, ovvero che il ricorso ai lotti non funzionali è stato anche per “la necessità di cadenzare le risorse destinate alla copertura, evitando così aggravi per il debito pubblico“; chissà cosa ne pensa ora la Corte dei Conti che ha ricevuto l’esposto per la mancata valutazione dei costi dovuti all’amianto…. D’altra parte la Corte dei Conti già in quell’adunanza non fu tenera, affermando che “non può ritenersi irrilevante un richiamo errato ad una normativa in precedenza correttamente applicata” e che “Va, altresì, evidenziato in termini critici che l’Amministrazione ha esplicitato le proprie tesi soltanto in occasione dell’adunanza pubblica, trascurando senza motivo la richiesta di chiarimenti da parte dell’Ufficio di controllo.“; per questi motivi ribadì “la necessità che la stesura delle delibere del CIPE sia quanto più possibile puntuale ed aderente ai principi di chiarezza e trasparenza“.

Alla fine comunque il Collegio della Corte dei Conti prese “atto di quanto assicurato nella memoria presentata dal DIPE circa il contenuto delle delibere CIPE” per quanto non “ancora pervenute all’esame della Corte” e pur riservandosi “di formulare eventuali osservazioni in seguito alle opportune verifiche che saranno, comunque, compiute dall’Ufficio in sede di controllo dei provvedimenti, allorché saranno resi disponibili“.
E tanto bastò alla Corte dei Conti per concedere il visto alla proroga della dichiarazione di pubblica utilità, fidandosi di quanto prospettato dal DIPE e da Incalza per sostenere un’opera da loro e dal Governo ritenuta strategica, pur in assenza di qualsiasi valutazione oggettiva di tale “strategicità”.

La Corte dei Conti ha così avuto modo di verificare e descrivere ben prima della Procura di Firenze, e probabilmente senza accorgersene, l’abilità di Incalza, della Struttura Tecnica di Missione e del DIPE a giustificare la prosecuzione dell’opera ricorrendo a uno spezzettamento e riassemblaggio sia dei lotti costruttivi che dei finanziamenti, utile per sostenere qualsiasi decisione o iter favorevole, che dir si voglia.

E c’è da aggiungere che questa capacità in quell’occasione fu tale da riuscire a nascondere alla Corte dei Conti un depotenziamento del rifinanziamento del secondo lotto; infatti, venne ridotta di 100 milioni l’autorizzazione di spesa prevista per il 2015 per garantire le coperture necessarie per le esenzioni IMU promesse a Berlusconi.

Anche questo punto è stato oggetto dell’esposto inviato nel 2014 alle Procure delle Corte dei Conti e alle Procure della Repubblica, nonché inoltrato qualche giorno fa alla Procura della Repubblica di Firenze.

Sapendo ora dell’abilità e dell’impegno di Incalza a garantire “un favorevole iter delle procedure amministrative relative al finanziamento dell’opera ed all’avvio ed allo svolgimento dei lavori“, si può essere sicuri oltre ogni ragionevole dubbio che il visto di legittimità concesso dalla Corte dei Conti sia basato su elementi solidi e non su argomentazioni opportunamente elaborate per guadagnarsi quel minimo di fiducia istituzionale, sapendo cosa fosse necessario alla Corte per consentirle di esprimere un parere favorevole?

Se così fosse, non è che tra qualche settimana si scoprirà per iniziativa della Procura di Firenze o della Corte dei Conti del Piemonte, che quella proroga della dichiarazione di pubblica utilità non poteva essere concessa?

Senza quelle proroga non ci potrebbe essere stato il 30 luglio, non ci potrebbero essere stati gli espropri o i tentativi di esproprio successivi al luglio 2013, non si sarebbe neanche potuto ipotizzare l’esproprio del presidio NoTAV a Radimero di domani.

Ora che tutti sanno cosa è emerso dall’indagine della Procura di Firenze, quali sono gli interessi in gioco, l’iter con cui è stato “strappato” un visto di legittimità a fondamento dell’esproprio di domani (visto che forse meriterebbe di essere rimesso in discussione), chi si assumerà il rischio di ordinare l’esecuzione dell’esproprio a tutti i costi?

Questa volta, come non mai, è chiaro chi difende gli interessi della collettività e chi è chiamato a difendere interessi privati e oggetto di indagine della Procura di Firenze, probabilmente della Corte dei Conti del Piemonte e di chissà quali altre.

Se il 30 luglio, quando non era ancora emerso lo scandalo intorno a Incalza, Perotti, Terzo Valico e Cociv, chi ne uscì a testa alta con ampio consenso popolare furono i NoTAV (come dimostrò la successiva fiaccolata), domani per chi si oppone al Terzo Valico non potrà che andare meglio in ogni modo.

Valutino i politici, la questura e la prefettura se quel giorno vorranno uscirne con un danno di immagine ancora peggiore del 30 luglio, di fronte a persone pacifiche raccolte a difesa della propria terra.

Se per capirlo hanno bisogno di una fiaccolata o di una manifestazione, dovranno aspettare solo 3 giorni: la marcia popolare del 18 aprile è dietro l’angolo ed Arquata sarà pacificamente invasa da tantissime persone contrarie al Terzo Valico.