
Molti di noi, guidati da cattiva informazione stampata e pessima tv, sono abituati a vedere le popolazioni del mondo arabo come una massa informe di estremisti lobotomizzati da religione e tradizioni arcaiche. Nel sentire comune non percepiamo le differenze culturali e sociali che intercorrono tra un iracheno e un egiziano, tra un giordano e un saudita, ma siamo attentissimi a distinguerci, invece, come italiani, da altri popoli a noi vicini, come i tedeschi o i francesi. Non parliamo poi di tutta l’abbondante serie di banalità e luoghi comuni sul conflitto mediorientale e la questione palestinese. Il refrain più comune, in questo caso, si può riassumere con la frase: “Le colpe non stanno da una parte sola”. E si giustifica in questo modo lo sterminio di massa avvenuto a Gaza con la scusa del diritto di Israele alla difesa del suo territorio (termine improprio: sarebbe come dire che l’Italia si può annettere pezzi di Francia, Germania o Siria perché nell’antichità erano territori dell’impero romano) . Poco importa che quello sionista sia uno degli eserciti meglio armati del pianeta (possessore di armi atomiche illegali), mentre il popolo palestinese vive da anni in un campo di concentramento a cielo aperto, privato dei beni primari di sussistenza. Di questo popolo martoriato, senza pace e senza diritti conosciamo le organizzazioni più in vista, Olp, Al Fatah e ovviamente Hamas. Tutte, con diverse strategie politiche, si oppongono da anni all’occupazione dei territori destinati allo Stato palestinese, mai nato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.