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I pellirossa che tirano le frecce contro i treni

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

di Antonello Brunetti

Per l’archivio del TERZO VALICO

Al convegno di Novi organizzato da Rifondazione – 1996

Intervento di Antonello Brunetti

Quarto contributo all’archivio TAV. Questo è un mio intervento nel corso di un convegno a cui partecipavano, tra gli altri, anche Ugo Boghetta, Angelo Tartaglia, Pasquale Cavaliere e Baldo Romeri.

 

Il mio intervento do­vrebbe fornire qualche informazione su questo comitato sor­to nel 1991 che, con meno fantasia degli amici dell’Emilia Romagna e di Modena, che hanno denominato il loro comitato “Davide”, noi  molto più pro­saicamente abbiamo de­finito “Alt al Supertreno”.

Prima, però, vorrei fare una premessa.

Ci hanno definito pel­lirossa che tirano le frec­ce contro i treni, che fer­mano il progresso, gente fuori dal mondo, gente che non ha capito che il mondo va verso un futu­ro glorioso e le sorti uma­ni saranno decisamente sempre migliori, che i consumi aumenteranno sempre più portando ricchezza a tutti e richiedendo spostamenti immani di merce da una parte all’altra della Terra.

Ebbene io, da buon indiano, qua­lifica di cui vado orgoglioso, defini­sco Burlando, ora l’uomo dell’Alta Velocità, un capo bianco dalla lingua biforcuta.

Per quale motivo? Non ne ho mai parlato in precedenza, ma io ho avuto occasione di avere un incontro con Burlando, un fatto occasio­nale abbastanza importan­te perché ha dato il via alla nascita di un gruppo di tecnici per i comitati e alla pubblicazione di un libro, il primo testo serio che fa chiarezza su che cos’è l’alta velocità. Serio soprattutto se raffrontato con la vacuità e l’insieme di frottole che appaiono sulle centina­ia di opercoli patinati, colmi di foto, graficamente allettanti che la TAV stampa con i soldi di noi tutti e distribuisce a cani e porci.

Vi dicevo di questo incontro, avvenuto in occasione del Festival Nazionale dell’Unità a Modena: C’era stato un passaparo­la telefonico “Ma andia­mo a sentire, ci sono Bur­lando e Necci”, poi c’era il capo degli aerei, il capo delle navi, e un sacco di manager, come ora chiamano questi incapaci super pagati.

Al Festival Nazionale del­l’UNITA’ giungemmo da tutta Italia in trecento, aggiungendoci alla platea di circa 1.500 com­pagni del P.D.S., che era­no lì presenti per essere illuminati sui destini dei tra­sporti nel Duemila.

Fu una cosa allu­cinante, una delle peg­giori esperienze della mia vita, perché vedere Bur­lando, per il quale avevo solidarizzato quando fu coinvolto in uno scandalo genovese ritenendo che fosse una vittima, sprofondarsi in leccaggi nei confronti di Necci che gli sedeva a fianco mi lasciò sbigottito. Dopo un’ora di cinguettio sul palco e soprattutto stanchi di sentire assurdità, abbiamo tirato fuori uno stri­scione, un solo striscio­ne, niente altro, che dice­va: “Necci, con l’alta ve­locità, ci stai Burlando”; una battuta spiritosa, nul­la di più, ma apriti  cielo! Una serie di insulti dal palco e dalla platea.

Ci siamo beccati dell’ eco-terrorista, di frangia estre­mistica dell’ambientalismo, di gente che assolu­tamente non capisce come si entra in Europa, non capisce cos’è il progres­so.

E intanto Necci, con i suoi occhioni cerulei, molto telegenici, strappa­va l’applauso a ripetizio­ne; la qual cosa mi imbufaliva: ma questi sono i “compagni” che ho sempre considerato come la coscienza e la maturità del paese?

Il pubblico ap­plaudiva con entusiasmo Necci e gridava a noi: “Buffoni!”

Questo epiteto ce lo siamo beccati, ce lo siamo portati a casa, del resto nella vita si passa anche at­traverso queste esperien­ze.

Potete intuire la soddisfazione, ma anche la rabbia quando il mese successivo vedemmo Necci fi­nire in galera con accuse pesantissime di peculato, corruzione aggravata, truffa a danno delle Ferrovie. Chissà se c’è stato un esame di coscienza da parte di quelle 1.500 persone, che l’avevano applaudito semplicemente perché in quel periodo sorri­deva a Burlando, come aveva sorriso prima a Signorile e Craxi, a Prandini, Cirino Pomicino e Bernini?

In quella occasione, a fine comizio, ottenemmo la possibilità di avere un incontro con Burlando; la prendemmo come un segnale di disponi­bilità. Ci ricevette finita la buriana: l’incontro durò un’ora. Scoprimmo subito che Burlando era, appunto, una “lin­gua biforcuta”. Ci ascoltò con una certa distrazione, promise di organizzare successivamente incontri con i tecnici del Ministero per valutare le nostre proposte alternative, non replicò su nulla e non ci fu poi nessuna convocazione dei Comitati.

Eravamo in sette,  ricordo che c’erano Marinella Volpi di Modena, Butera del Mugello, la Simonassi , Gerolamo Dall’Olio di Firenze, e tutti abbiamo fatto un intervento breve toccando tutti gli aspetti sia tecnici che politici che etici.

Ricordo due interruzioni di Burlando con la stessa frase “Non voglio parlare di queste cose” quando tirammo in ballo il sistema sporco dei general contractor e l’affidamento della politica trasportistica ai colossi dell’industria.

Eppure aveva iniziato con la classica premessa” Io voglio parlare con chiarezza, voglio discutere con chi la pensa in modo diverso” :  proprio una lingua biforcuta!

Ho sentito Ugo Boghetta ricordare che all’inizio eravamo tre gatti; ha perfettamente ragione.

Avevamo contro il muro omertoso dei mass media, non siamo mai riusciti ad apparire sulle televisioni, sui giornali, a dire le no­stre opinioni; avevamo dinanzi il muro di gomma dei politici; avevamo di frontr un muro anche, inizialmente, da parte delle amministrazio­ni locali; eravamo quelli che difendevano dei gretti, meschini interessi perso­nali; eravamo quelli che avevamo il pezzettino di terra o la casa e quindi cercavamo di protegger­li; insomma dei biechi egoisti.

Quei tre gatti avevano capito che non si può lasciare in mano agli speculatori, agli affaristi, ai procacciatori di tangenti la gestione della nostra vita, del nostro territorio, dei luoghi in cui siamo nati e che fanno parte del nostro essere

Ebbene, secondo lor signori questi tre gatti non avevano il diritto di parlare poiché il “progresso” richiede dei cambiamenti e anche delle vittime.

Ben presto il movimento si è allarga­to e una forte resistenza è emersa fra il 1993 e il 1994 fra i circa 200.000 abitanti dei Comuni adiacenti la tratta A.V. Genova-Milano, ossia da Brignole a Locate Triulzi.

In tanti hanno affermato con forza: “Io vo­glio vivere in un mondo che mi soddisfa. Io voglio avere vivibilità e felicità. Io voglio avere paesaggio. La nostra vita è fatta anche di questo, di paesaggio, di ambiente, di luoghi della memoria. Io voglio che ci sia un futuro anche per me e per la mia famiglia”.

Il Comitato lombardo-piemontese NO al supertreno sorge a Castelnuovo Scrivia alla fine del 1991 (nella prima riunione eravamo proprio tre gatti: io, il sindaco di Castelnuovo e un altro castelnovese) e qui ha continuato a riunirsi per due anni nei locali della Biblioteca con riunioni operative che vedevano la partecipazione di una trentina di persone in rappresentanza dei Comuni che andavano da Gavi-Novi sino a Locate Triulzi, con netta prevalenza dei lombardi.

Ricordo che uno dei primi volantini recitava “ No alla corruzione politica, no alle opere pubbliche che si succedono alle opere pubbliche senza valutarne la necessità, no al cemento che si succede al cemento senza creare professionalità e creando solo distruzione ambientale”.

Con un lavoro quotidiano e martellante, ricco di centinaia di iniziative, siamo riusciti a  conquistare uno dopo l’altro i vari comuni. Vi dirò che qui a Novi abbiamo dovuto lot­tare perché la posizione generale era favorevo­li al TAV. C’era un accettazione aprioristica di quest’opera, che si riteneva indi­spensabile, che ci avrebbe proiet­tati in un contesto euro­peo, un’opera che avreb­be portato tanto lavoro, che avrebbe rilanciato lo scalo di San Bovo e l’interporto di Rivalta.

Ebbene, dicevo, abbiamo dovuto lottare anche a Novi, e comune dopo comune, abbiamo ottenuto, praticamente, la quasi totalità delle ade­sioni; Assemblee ovunque, Consigli comunali aperti, iniziative a Roma. Tanti nemici nei partiti, ma soprattutto quello che ci disorientò fu l’atteggiamento dei Verdi della Liguria, favorevolissimi alla nuova linea A.V. Genova-Milano, con unica eccezione di Didi Besazza che venne rapidamente emarginato nell’ambito dei Verdi liguri.

Trovammo una gros­sa disponibilità nella Rete ambientalista e in Rifondazione comunista.

Per quanto riguarda gli altri gruppi: niente. Alcuni addirittura si rifiutavano di avere degli incontri con noi, ci snobbavano, ave­vano una spocchia incre­dibile nei nostri confron­ti.

Per quanto riguarda il P.D.S.  il loro ragionamento era di questo genere: “La gente deve capire che stiamo per andare al potere; andare al potere vuol dire dimostrare di saper gestire, di saper collabo­rare con l’industria e che anche noi siamo capaci di essere manager!”. Quindi SI alla nuova linea.

Abbiamo, però, trovato nel P.D.S. una forte col­laborazione da parte di Valerio Calzolaio, che adesso è sottosegretario all’Ambiente e di Fulvia Bandoli.

Ecco, questo dal pun­to di vista dell’orizzonte politico; nel complesso, però, la nostra azione è stata soprattutto di infor­mazione. Di informazione ne abbiamo fatta tantissi­ma, forse siamo riusciti a coprire addirittura l’uno per cento della popolazione, e, senza ironia, questo è un risultato enorme.

Certo, voi mi potreste dire, una trasmissione televisiva ti arriva al 50%, ma noi non abbiamo questi mez­zi, assolutamente. Non abbiamo mezzi economi­ci, come ad esempio i 180 miliardi già spesi dalla TAV per la progettazio­ne della Milano-Genova, che è una cosa veramente vergognosa, per come è stata prodotta, per quello che c’è dentro, per la mancanza totale di anali­si.

180 miliardi di proget­tazione, più 100 miliardi del foro pilota; non si è ancora deciso bene dove debba passare questo be­nedetto valico e stan­no già facendo il foro pi­lota!

Praticamente si stanno scavando buche che poi riempiranno: totale finale 200 miliardi tolti dalle tasche di tutti noi per recuperare quello che “loro” hanno speso per le tangenti.

Vi do un’informazio­ne sulle nostre disponibilità eco­nomiche; non l’ho mai fatto perché nessuno me l’ha mai chie­sto, c’è sempre stata mas­sima fiducia in questo sen­so.

Dal 1991 ad oggi, a livello di iniziative, a livello di pubblicazioni, due volte le osservazioni con volu­mi enormi di 80-90 pagi­ne, abbiamo gestito la cifra di 6 milioni che abbiamo raccolto nelle varie assemblee. Con i nostri 6 milioncini, con la nostra mancan­za totale di audience a livello di televisione e di giornali, siamo riusciti ad allargare il movimento; movimento che ormai va dalla Val Bisagno, sino alle porte di Milano, con una serie di assemblee, che sono sempre più numerose, per esempio la prossima settimana ne faremo tre, una a Corana, una a Binasco e infine con il Comitato che si oppone all’interporto di Lachiarella sul quale gravano pesanti sospetti da parte della Magistratura.

Ricapitolando, abbiamo puntato in direzione dell’informazione e della pres­sione sui Consigli comu­nali.

Su 38 sindaci, 31 hanno detto No al Supertreno Mi-GE. Fra i sei favorevoli ci sono Genova, Milano e i comuni liguri.

Sulla base di tale massa d’urto, dell’insipienza del progetto (costosissimo ma colmo di lacune e dati non dimostrati), dei nostri corposi volumi di Osservazioni, nel 1994 abbiamo ottenuto il No al progetto da parte dei Ministeri competenti.

Eppure lingua biforcuta e codazzo si sono rimessi in pista per un secondo progetto che prevede un allungamento della tratta con gobba verso Alessandria, eliminazione del viadotto altissimo dopo Brignole sostituendolo con un tunnel sotto il Bisagno, e altre amenità del genere.

Siamo un po’ stanchi di seguire e contestare (sono oermai cinque anni!) un progetto inutile, sporco e costosissimo, ma continuiamo a perfezionare le nostre proposte alternative fatte di quadruplicamenti e di rinnovamento tecnologico che il biforcuto e codazzo rifiutano a priori di esaminare.
Lor signori si riempiono la bocca con le scemenzuole del Cociv, secondo il quale i passeggeri dell’A.V. Mi-Ge saranno all’inizio 24.000 per arrivare poi a 50.000 al giorno entro il 2015 (si sono ridimensionati perché nel primo progetto parlavano di 55.000 appena terminata la costruzione all’inizio del 2.000) e che sicuramente assorbiranno interamente l’intero traffico aereo Milano-Genova.

Ci è venuto un dubbio … due di noi sono andati all’aereoporto Cristoforo Colombo con una domanda semplice semplice: “ Toglieteci una curiosità, vorremmo sapere quanti sono i passeggeri giornalieri sugli aerei Genova-Milano”.

Risolino e risposta secca “Neanche uno perché non c’è alcun aereo che da Milano viene a Genova o da Genova va a Milano!”