
Una scheda sulle sue vicende dal 1980 a oggi tramite alcuni articoli
1 – Da un articolo apparso il 5 giugno 2012
Palenzona si pappa anche Impregilo
Il bulimico potente di Tortona salirà al vertice del colosso delle costruzioni. A proporlo la cordata dei Gavio. Dopo Unicredit, Gemina, aeroporto Roma e Ascat un nuovo incarico
Come faccia, non possedendo il dono dell’ubiquità, a onorare gli impegni derivanti dalla mole delle cariche accumulate in questi anni è un mistero. Per noi, non certo per lui che non ha esitato un secondo prima di accettare l’ennesima poltrona. E così, Fabrizio Palenzona sarà presidente di Impregilo, il colosso delle costruzioni, dopo che Massimo Ponzellini è stato costretto a rassegnare le dimissioni a seguito del suo arresto nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria sulla gestione della Banca popolare di Milano.
Lo comunica alle agenzie Agi e Radiocor Beniamino Gavio, consigliere della società e, tramite Igli, primo azionista con il 29,96% del capitale. «È lui – ha confermato – Ci siamo quasi. L’ho chiesto io a Palenzona, ci conosciamo bene ed è quasi fatta». «Stiamo lavorando e a breve terremo una riunione del consiglio di amministrazione di Impregilo», riferisce ancora Beniamino Gavio, erede della dinastia degli imprenditori di Tortona. A breve i Gavio daranno inizio a un road show «per illustrare le nostre idee» sul futuro del general contractor: «Posso solo dire – afferma – che ci sono Gros-Pietro, in quanto presidente di Astm, e ci saranno ancora Alberto Sacchi e Marcello Gavio, oltre ovviamente al sottoscritto». Dopo l’ingresso dei tre consiglieri rappresentanti dei fondi, Barbara Poggiali, Nigel Cooper e Alfredo Scotti, i soci dovranno depositare le loro liste.
L’approdo di big Fabrizio, sia per le competenze sia per il peso politico, rafforzerebbe di sicuro la struttura, con le uniche perplessità legate alle altre cariche dell’attuale vicepresidente di Unicredit (che è anche presidente di Gemina, Adr e Aiscat e che solo lo scorso 23 maggio ha lasciato la presidenza di Aviva Italia dopo dieci anni).
Palenzona, una volta sciolte le riserve, dovrebbe essere cooptato in consiglio nelle prossime settimane, prima dell’assemblea ordinaria del 12 luglio che dovrà votare, su richiesta dell’altro grande socio di Impregilo, il gruppo Salini, la revoca degli amministratori in carica e la nomina del nuovo cda. Lo “sfidante” Salini, che all’assemblea del 28 maggio risultava detenere il 29,23% del gruppo, ha già presentato una lista di 15 candidati, tra cui nove indipendenti, guidata da Claudio Costamagna.
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Articolo del 2005
I cavalli di razza e gli asini raglianti
(In merito alla questione Fiorani)
Parecchi anni fa scrissi una lettera aperta che potete trovare sul sito WWW.Comitatiscrivia.it come replica ad alcune frasi decisamente pesanti profferite da Fabrizio Palenzona.
Certamente vi ricordate la boria con cui “lor signori” hanno sempre apostrofato noi ambientalisti colpevoli di non accettare supinamente una visione del “progresso” basata su grandi opere, sfracelli ambientali, cementificazioni e rapine nei confronti dello Stato.
I “lor signori” sono tanti, ma voglio ora segnalarvi una “curiosa” vicenda riguardante due di loro: l’on. Luigi Grillo (quello, per capirci, che ha inaugurato già decine di volte l’avvio dei lavori del Terzo Valico) e il “purosangue” Fabrizio Palenzona (quello che in un convegno del Rotary definì gli ambientalisti della provincia di Alessandria “asini raglianti”, per il fatto che non andavano in brodo di giuggiole ogni volta che sentivano parlare di TAV, di supertreno Mi-Ge con fermata a Tortona per caricare i cestini delle profumate fragoline di Tortona da portare in giornata nei ristoranti di Monaco di Baviera (?), di gigantesche aree logistiche, di collegamenti Lisbona-Kiev. Sul “Il Sole 24 ORE”, due intere pagine vengono dedicate all’avvio del processo che vede come protagonisti la scalata Fiorani protetta dal governatore Fazio. Si legge, ad un certo punto, “Fiorani contatta anche alcuni leader di partito, quali Casini, Follini, Berlusconi, Alemanno e Tremonti. Ma sono Palenzona, Grillo, Brancher e Calderoli i suoi punti di riferimento: loro hanno anche ricevuto denaro. Palenzona ottiene 1,2 milioni di euro estero su estero e in Italia 850 mila euro. Grillo incassa 200 mila euro. Brancher 400 mila euro, in parte da dividere con Calderoli (che non mi ha nemmeno ringraziato-aggiunge Fiorani)”.
Ricapitolando, questi cavalli di razza che correvano per la scuderia lodigiana di Fiorani-Fazio avrebbero ottenuto, per le loro prestazioni, ben 2 milioni di euro il primo e 200mila euro il secondo.
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Motivazione del Premio “Attila” del 2005 assegnato da La Rete alessandrina
Con 190 voti, a furor di popolo, ha vinto il Premio Attila 2005
il signor FABRIZIO PALENZONA che già lo scorso anno si era piazzato secondo per soli 4 voti.
Alla performance del millepiedi politica-finanza ha senz’altro pesato la sua recente iscrizione nel registro degli indagati nello scandalo BNL Antonveneta per aver intascato da Fiorani 8 miliardi di lire, un po’ in contanti e un po’ in conti esteri “Chopin” ecc. intestati ai famigliari. Appena i giornali hanno riportato che era“stato visto assorto in preghiera davanti alla cripta di san Marziano protettore di Tortona e dispensatore di grazie”, è stato immediatamente assolto dal suo delfino Paolo Filippi e dal segretario DS Federico Fornaro mentre nessun avversario politico ha fatto l’avvoltoio. Naturalmente per noi ambientalisti, assetati di vendetta, “cannibali” secondo Filippi, in questo caso invece vige la “presunzione di colpevolezza” fino a sentenza definitiva.
Anche a Palenzona la lussuosa pergamena, accompagnata da un gadget della Procura di Milano, sarà consegnata in cerimonia pubblica e solenne durante la quale verrà letta la motivazione del premio: “Peressersi sempre guardato allo specchio prima di trovare l’ispirazione per definire ‘asini raglianti’gli ambientalisti No Tav TerzoValico, ‘cani’ gli anti Tav Valle Susa e ‘maiali’ i giudici dell’inchiesta Unipol-BNL”.
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Sintesi da il settimanale “Il diario” (marzo 2006), articolo su Fabrizio Palenzona di Domenico Marcello
L’Obelix di Novi che si è fatto banchiere
Autotrasportatore e politico, si è autonominato al vertice di Unicredit. Intercettato, chiama “Maiali” gli investigatori. Ora è indagato per la Popolare di Lodi. Ma il suo capolavoro sono le autostrade. E i derivati…
Cinquantatrè anni a settembre, Vergine, Fabrizio Palenzona nella vita ha già fatto tutto. È stato a destra, al centro, a sinistra, con la finanza laica e con quella cattolica, amico di Vincenzo Maranghi e di quelli che hanno cacciato Maranghi da Mediobanca. È amico del ministro dell’Economia Tremonti. Ma è stato anche un fedelissimo di Antonio Fazio, che con Tremonti si è preso a pesci in faccia. Palenzona, del resto, ha anche criticato severamente l’ex governatore della Banca d’Italia per le vicende Cirio e Parmalat facendo fronte unico con l’altro amico ex dc, Bruno Tabacci, che però oggi gioca con il Polo mentre l’imponente Fabrizio (l,91 di altezza per 1,6 quintali e spicci) è schierato a sinistra con la Margherita.
Nonostante i suoi incarichi politici e pur essendo azionista di un’impresa di autotrasporto, nelle didascalie sui quotidiani è definito banchiere, un banchiere che da anni ricopre cariche in Confcommercio e che sul certificato numero 2.504 di Cavaliere del lavoro ricevuto il 31 maggio 2004 è inquadrato sotto la categoria industria.
È cresciuto sotto la benigna protezione dei re di Castelnuovo Scrivia, i fratelli Marcellino e Pietro Gavio, di cui è socio, ma ha saputo entrare nelle grazie dei Benetton, primi concessionari autostradali italiani e dunque concorrenti dei Gavio, per quanto si può essere concorrenti fra oligarchi in Italia (si litiga, si fa un affare, si rilitiga, si fa un altro affare…).
Fino alla dissoluzione dell’armata fazista, è andato d’amore e d’accordo con la pupilla degli occhi dell’ex governatore di Bankitalia, Gianpiero Fiorani. Purtroppo, nella vita non è raro incontrare gente doppia e l’amicizia è presumibilmente terminata quando l’ex boss della Popolare di Lodi, agli arresti, ha detto di avere girato un paio di milioni di euro a Palenzona, vuoi in contanti vuoi sotto forma di plusvalenze su titoli quotati, in cambio di qualche favore reso alla banca lodigiana.
Palenzona ha smentito in modo drastico.
Nato a Novi Ligure nel 1953, all’inizio degli anni Sessanta, Palenzona si è trasferito qualche decina di chilometri verso nord a Tortona.. Le sue prime vocazioni sono state la politica, dove raggiungerà incarichi da notabilato di provincia, e il giornalismo. Ha incominciato a muoversi nell’ambiente dell’Acli e della corrente dc Forze nuove durante i primi anni Settanta, quando la Democrazia cristiana non era precisamente lo sbocco occupazionale preferito dei giovani, ed è rimasto a fare il politico a tempo pieno fino a metà anni Novanta, attraversando una fase in cui il Piemonte orientale esprimeva personaggi di rilievo nazionale come i novaresi Oscar Luigi Scalfaro (Dc) e Pierluigi Nicolazzi (Psdi) o Pier Luigi Romita, socialdemocratico di Tortona.
È stato sindaco democristiano di Tortona dal 1985 al 1995 per due mandati spesi a sostegno dell’Alta velocità ferroviaria Milano-Genova insieme al vero padrone dell’Alessandrino, Marcellino Gavio. Ma le inchieste giudiziarie, la latitanza a Londra di Gavio e la mancanza di fondi per il mirabolante project financing concepito da Lorenzo Necci hanno bloccato il supertreno.
Nel 1995 il sindaco Palenzona è stato sul punto di uscire di scena. Non poteva ripresentarsi per il Comune e per le provinciali l’Ulivo voleva candidare un certo Massimo Bianchi, anche lui del gruppo tortonese dei Donat Cattiniani. Il Bianchi, però, ha avuto una provvidenziale crisi di identità politica ed è passato al Polo poco prima del voto. Palenzona ha preso la palla al balzo e si è offerto candidato per un centro-sinistra privo di forti personalità e umilierà alle elezioni il suo vecchio e scialbo amico.
In pochi anni, l’ex seguace di Carlo Donat Cattin ha completato la sua metamorfosi. Ha prima ricevuto l’onore di diventare socio dei Gavio nel consorzio di trasportatori Unitra. Ma soprattutto, dopo un’accesa riunione in cui il presidente di giunta Fabrizio Palenzona ha discusso con se stesso la candidatura unica di Palenzona Fabrizio, accettata all’unanimità da Fabrizio e da Palenzona, si è lanciato nei favolosi salotti della grande finanza nominandosi rappresentante della Provincia di Alessandria nella Fondazione Crt (Cassa di risparmio di Torino). Da qui è scattata la diffusione capillare di Palenzona.
Banche e autostrade. La Fondazione Crt è azionista di Unicredit e dunque Palenzona è diventato vicepresidente di Unicredit (gennaio 1999). Ma Unicredit è azionista di Mediobanca. Dunque, Palenzona è diventato consigliere del prestigioso istituto nel marzo del 200I. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza la benevolenza dei padroni di Mediobanca. A Enrico Cuccia e a Vincenzo Maranghi, Palenzona deve quasi tutto. Poteva rimanere uno dei politici infilati nei consigli delle fondazioni bancarie che il tandem di Medio banca disprezzava quasi quanto i giornalisti. Invece, l’Obelix di Novi Ligure era piaciuto. Si presentava nella sede della banca in via Filodrammatici, dietro la Scala, in compagnia di Marcellino Gavio che per ristrutturare il gruppo si era messo sotto l’ala di Cuccia. Due provinciali sbarcati nella capitale della finanza, ma umili e rispettosi e con una caratteristica che li rendeva simpatici a ogni banchiere: il contante.
L’unica impresa che raccoglie i soldi meglio di una banca è una concessionaria autostradale. Li raccoglie ogni giorno, come un supermercato, e non ha i fornitori da pagare. Ci sarebbe la manutenzione, le buche per terra, qualche altro lavoretto, ma l’Anas non mette fretta ai pezzi grossi, dunque né a Gavio né ad Autostrade. Cuccia aveva bisogno di liquidità per rafforzare il suo potere e Gavio è stato premiato con il privilegio di diventare azionista di Mediobanca. E dato che Marcellino doveva mandare avanti le aziende, il suo amico Palenzona ha potuto levarsi la soddisfazione di diventare banchiere.
Morto Cuccia, defenestrato Maranghi, Palenzona doveva scegliere. Poteva seguire Maranghi e andarsene, invece se ne è fatto una ragione. Unicredit lo ha confermato e il nuovo management di Mediobanca non ha obiettato alla scelta dell’azionista confermando a sua volta la carica in consiglio. A quel punto, Palenzona ha potuto incominciare a costruirsi la sua rete personale, sempre più larga come prova l’elenco delle sue cariche. Qui si citano le principali. Oltre ai posti in consiglio di Unicredit e Mediobanca, Palenzona presiede la Fai, la federazione italiana di padroni e padroncini di tir, a marzo è stato confermato vicepresidente di Confcommercio guidata dal forzista Carlo Sangalli dopo l’uscita di Sergio Billè. È consigliere anche della multiutility Amga, la muncipalizzata del gas di Genova, e di Schemaventotto, la cassaforte usata dai Benetton per prendersi Autostrade.
Il suo nome appare nella rosa dei candidati alla presidenza di Aeroporti di Roma, la società che gestisce il Leonardo da Vinci e l’aerostazione di Ciampino. Per completare il quadro trasporti e grandi infrastrutture, Palenzona è presidente di Aiscat, la Confindustria delle concessionarie autostradali. Non si tratta di una posizione puramente onorifica. Aiscat è la stanza di compensazione fra concessionari grandi e piccoli, pubblici e privati. Oltre ad Autostrade (Benetton) e alle società del gruppo Gavio, Aiscat raccoglie tutti gli enti locali che hanno investito il pubblico denaro in asfalto a tre corsie. Per fare un esempio, è socia Aiscat la Milano-Serravalle che la Provincia di Milano del diesse Filippo Penati ha appena comprato a peso d’oro da Marcellino Gavio. Non solo. In Aiscat figurano tutte le compagnie petrolifere operanti in Italia, dall’Eni alla Tamoil, più alcune imprese vicine al settore come Autogrill (gruppo Benetton).
Così come è accaduto con l’operazione Unicredit-Mediobanca, a pilotare Palenzona in Aiscat è stato un uomo d’influenza, vale a dire il professor Giancarlo Elia Valori, al tempo presidente uscente della stessa Aiscat e soprattutto presidente della Società autostrade, numero uno dei caselli in Italia. Il Professore ha avuto poi modo di farsi mandare via dal gruppo Benetton per contrasti con l’amministratore delegato Vito Gamberale. Noto per essere estremamente permaloso, Valori se l’è legata al dito non solo con Gamberale, ma anche con Palenzona che ha osato ricambiare la benevolenza del Professore rimpiazzandolo come ufficiale di collegamento fra i due (allora) litiganti Benetton e Gavio. Valori, che ha costruito una carriera sull’arte di diventare potenti creando relazioni fra potenti, non ha gradito il sorpasso del gregario al quale ha tirato la volata.
Ed è proprio il vecchio maestro che sta muovendo le sue truppe contro il giovanottone di Novi Ligure. Il fronte più delicato è quello Autostrade-Unicredit perché consente di attaccare Palenzona su vicende vecchie e nuove, con le nuove che servono da pretesto per riportare a galla le vecchie. Secondo le accuse dell’ex amico Fiorani, Palenzona avrebbe ricevuto denaro per avere, da vicepresidente di Unicredit, operato per cedere la banca Iccri alla Popolare di Lodi a prezzo agevolato. Ma la vicenda Iccri sembra piuttosto un segnale forte mandato da Fiorani per fare capire che, sullo sfondo, ci sono vicende ancora più grosse. Il punto è che i pagamenti sarebbero avvenuti parte in contanti per mezzo della classica busta e parte attraverso un meccanismo più sofisticato, ossia attraverso operazioni in derivati legati al titolo Autostrade.
Il segnale di Fiorani è stato raccolto in grande stile dalle truppe di Valori per rivitalizzare un’accusa che circola da un paio di anni. In sostanza, secondo questa tesi, Unicredit avrebbe sostenuto il titolo Autostrade nella corsa al rialzo di questi ultimi tre anni. Alla base di questa scelta ci sarebbe l’operazione sul capitale della concessionaria varata alla fine del 2002 dall’azionista di riferimento Schemaventotto. Questa società è per il 60 per cento dei Benetton e ha tre partner finanziari con cui Palenzona ha rapporti privilegiati. Sono la Fondazione Crt, da dove è partita la carriera del banchiere-industriale-commerciante-politico, la stessa Unicredit e le Generali, il colosso assicurativo di cui Mediobanca è l’azionista più importante.
Questi soci finanziari che hanno sostenuto i Benetton nella privatizzazione di Autostrade hanno anche partecipato all’opa lanciata da Schemaventotto sull’intero capitale della concessionaria. L’acquisto di tutte le azioni è stato realizzato con uno schema a debito. In altre parole, i compratori non hanno messo soldi ma si sono presi la società indebitandola per quasi 7 miliardi. Chi ha aderito all’ opa ha ceduto un titolo che andava così così. Chi ha comprato nel febbraio 2003 ha più che raddoppiato il valore con una serie di conseguenze fra le quali una mostruosa e lecita stock option per Gamberale, una meno lecita, secondo Fiorani, plusvalenza per Palenzona e un carico di debito su Autostrade che dà soddisfazione alle banche creditrici. Il ruolo di Palenzona sarebbe stato di muovere le sue relazioni per ottenere sia l’assenso dell’Anas, la proprietaria delle autostrade per conto del Tesoro, sia il via libera del ministero dell’Economia, guidato dall’amico di Pavia Giulio Tremonti. Ecco il vero sfondo delle accuse di Fiorani, dietro il velo dell’operazione Iccri.
Dal suo primo maestro Gavio ha imparato la capacità di trovare sponde politiche in ogni schieramento. Durante la legislatura che si chiuderà con le elezioni del 9 aprile ha potuto contare su ottimi appoggi nel Polo dove – guarda caso – alla notizia dell’avviso di garanzia nessuno ha riservato a Palenzona il trattamento applicato ai finanzieri comunisti di Unipol. Ancora più dell’amicizia con Tremonti, è stato stretto il rapporto con Luigi Grillo, il senatore forzista-fazista presidente della commissione Lavori pubblici, anch’egli indagato per le elargizioni di Fiorani. Se poi arriverà un nuovo governo, meglio ancora. Con la Margherita al potere, Palenzona è ancora più coperto.
A turbare queste serene prospettive può essere solo la melodia, molto notturna, del conto Chopin a Montecarlo. Alla fine, è la stessa musica di circa dieci anni fa, quando la sinfonia dei conti esteri era gestita da Pierfrancesco Pacini Battaglia.
Che cosa c’entra con Palenzona? Bisogna fare un piccolo sforzo di memoria.
Pacini Battaglia adesso è in pensione ma dieci anni fa si occupava anche lui di infrastrutture e grandi lavori pubblici insieme all’amico Lorenzo Necci. Quando venne arrestato, nell’agenda del banchiere toscano furono trovati appunti che parlavano di tangenti relative all consorzio Alta velocità Milano-Genova, il Cociv. Accanto all’azionista Marcellino Gavio, Pacini si era anche appuntato il nome Pallenzona. Due elle – fece notare Palenzona – dunque certamente non sono io.
L’Obelix di Novi Ligure è stato anche questo: un refuso.
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Qualora vi fosse sfuggito, vi riproponiamo una sintesi dell’articolo apparso sul SOLE, dedicato interamente all’uomo della Logistica, al fautore del Terzo Valico, all’ex presidente della Provincia di Alessandria, all’esponente della Margherita, al banchiere UniCredit, all’amicone di Fazio e Vespa, a uno degli “ulivisti” che piacciono a Berlusconi ( al punto da definirlo in TV l’unica persona valida del Centro-sinistra), all’uomo dalle cento presidenze e vicepresidenze nel trasporto su gomma, nelle banche, fra i commercianti, nelle autostrade, ecc. ecc. All’uomo che ha definito gli ambientalisti asini ragliantii e i magistrati maiali.
Da “Il sole 24 ore” del 3 marzo 2006
PALENZONA, LE ACCUSE DI FIORANI
Nell’inchiesta su Bpi, il nome di Fabrizio Palenzona era comparso finora solo incidentalmente, per aver sponsorizzato un finanziamento a favore del fratello Giampiero. Ma “Il Sole-24 Ore” è in grado di rivelare che sia Boni che Fiorani hanno dichiarato a verbale di aver fatto avere soldi anche a lui. Sia in contanti che con bonifici estero su estero. In più occasioni, con più modalità e per un totale di svariati milioni di euro.
Quando Fabrizio Palenzona cominciò a farsi vedere e sentire sulla battaglia per l’AntonVeneta, furono in molti a stupirsi. Lui stava con Fazio e Fiorani, senza se e senza ma. Eppure non era un loro alleato naturale. Non solo perché apparteneva al partito più anti-fazista, la Margherita, ed era ai vertici di una banca defilata quale UniCredit. Ma perché due anni prima, all’epoca degli scandali Parmalat e Cirio, era stato l’unico banchiere di rango a schierarsi pubblicamente con chi chiedeva le dimissioni del governatore della Banca d’Italia. Dietro le quinte era ancora più duro. Diceva che Fazio era una “vera vergogna”, rivela un banchiere romano.
Sull’Antonveneta si era evidentemente ricreduto. Al punto che il 19 luglio 2005, quando il Tar del Lazio decise di respingere il ricorso di Abn Amro contro la decisione di Banca d’Italia di autorizzare l’Opa di Fiorani, non esitò a mandare un entusiastico sms a Fiorani: “Finalmente la Giustizia! Dopo tanta vergognosa intimidazione organizzata, una luce di correttezza! Forza Fiorani! Alla fine dopo tanta sofferenza Davide trionfa su Golia! Il bene sul male. Il popolare italiano sulla massoneria internazionale! Bravo Gianpiero!”
Per non parlare della sua reazione al successivo sequestro delle azioni AntonVeneta disposto dalla magistratura milanese. “Quante azioni hanno sequestrato i maiali?” chiese al direttore finanziario di Lodi, Gianfranco Boni poche ore dopo l’annuncio dell’avvenuto sequestro. “Che vergogna! Questo è un Paese senza speranza! Ti sono vicino. Un abbraccio”, scrisse poi a Fiorani.
Ma Palenzona non si limitò a un’opera di supporto morale. Fece vera e propria lobbying politico-finanziaria. Tra le altre cose fu lui a organizzare un incontro tra Fiorani e Francesco Cossiga. Si diedero appuntamento nella clinica di Lecco dove Cossiga stava facendo sedute di riabilitazione motoria. Palenzona tentò anche di organizzare un incontro tra Fiorani e Romano Prodi. Ma Prodi non diede la propria disponibilità.
Fiorani ha recentemente dichiarato alla Procura di Milano di aver fatto avere denaro ripetutamente e in modo surrettizio a Palenzona. Sia lui che Boni hanno ammesso di aver consegnato oltre 700 mila euro in contanti in occasioni diverse nel corso del 2004. Hanno anche detto di aver effettuato alcuni bonifici a suo favore su due conti esteri.
Secondo i due ex dirigenti della banca di Lodi il primo, presso la Banca del Gottardo a Montecarlo, è un conto in codice intestato a un musicista famoso di cui sarebbe beneficiaria la moglie di Palenzona (che è di origine russa). Tra il 1999 e il 2000 sarebbero stati versati su quel conto circa 5 miliardi di lire provenienti da un altro conto estero che Fiorani gestiva a Lugano.
Fiorani e Boni hanno poi parlato di un secondo conto, anch’esso associato a Palenzona, presso una banca di Chiasso che però sarebbe intestato a un prestanome, pare un autotrasportatore. Su questo secondo conto, sempre a detta di Fiorani e Boni, sarebbe stato versato perlomeno un milione di euro a favore di Palenzona.
“Il Sole-24 Ore” ha contattato l’assistente personale e l’addetto stampa di Fabrizio Palenzona per chiedere conferme o smentite, ma non ne ha avute. In passato Palenzona ha comunque sempre negato di avere avuto rapporti “di affari” con Fiorani e la sua banca. In una lettera in risposta a un articolo di Vittorio Malagutti da lui inviata il 21 ottobre scorso al settimanale “L’Espresso”, diceva: “Preciso, una volta per tutte, che mio unico legame di interesse con la Banca Popolare di Lodi e con tutta questa vicenda ed i suoi protagonisti, è rappresentato dal possesso di n.50 azioni della banca. Queste azioni hanno maturato una plusvalenza di 6,40 euro: cappuccino e brioche in centro. Punto e basta”. Ma i soldi che Fiorani e Boni hanno confessato di avergli dato? Quelli come li spiega? O nega di averli ricevuti?
“Il Sole-24 Ore” ha cercato di chiederglielo ma non ha avuto risposte.
Ma chi è Fabrizio Palenzona? Originario di Pozzolo Formigaro, tra Tortona e Novi, ragioniere e avvio come funzionario nell’associazione degli autotrasportatori, il suo nome è relativamente poco noto fuori dei circoli politico-finanziari e degli ambienti parastatali. Il suo nome venne fuori quando qualcuno individuò in lui il Pallenzona (con due elle, come volle venisse precisato) citato negli appunti di Pacini Battaglia all’epoca di Mani Pulite e con accostamento alla famiglia Gavio. Cresciuto sotto l’ala protettrice di Donat Cattin nella vecchia Dc, ex sindaco democristiano Tortona, ex presidente della provincia di Alessandria confluito prima nei popolari e poi nella Margherita, è senza dubbio un personaggio di grosso peso. Soprattutto da quando è riuscito a inserirsi nel giro dei grandi istituti finanziari autonominandosi consigliere di amministrazione della Fondazione della Cassa di Risparmio di Torino (Crt), la terza maggiore d’Italia dopo Cariplo e Cassa di Risparmio di Roma.
Palenzona è una sorta di millepiedi politico-finanziario. Ha un piede a Piazza Cordusio, in UniCredit, dove è vice presidente. Ne ha due a Piazzetta Cuccia, in Mediobanca, dove siede nel cda e neI comitato esecutivo. Un altro in Confcommercio, dov’è stato confermato vicepresidente anche dopo l’uscita del suo amico Billé, e poi nella Sisal, nella Cofitral, e in una dozzina di altre società o associazioni. Palenzona è un vero e proprio camaleonte. Non ha infatti difficoltà a indossare i panni di presidente dell’organizzazione sindacale degli autotrasportatori, quelli di presidente dell’Aiscat, l’associazione che raggruppa 23 concessionarie autostradali spesso accusata dagli stessi autotrasportatori di imporre aumenti ai pedaggi penalizzanti e ingiustificati e, dulcis in fundo, quelli di socio del re delle autostrade del nord Marcellino Gavio, (in Unitra Srl, di cui Palenzona detiene il 9,14%).
Il rapporto con Gavio, che chiama Marcellino pur dandogli del lei, risale agli anni ’80, quando era sindaco a Tortona, mentre quello con Fiorani è più recente. I due si conobbero alla fine degli anni ’90, quando Palenzona vendette alla Lodi l’Istituto di Credito delle Casse di Risparmio Italiane (Icri), un carrozzone privo di valore di cui la Cassa di risparmio di Torino era azionista di controllo. Ma c’è un altro elemento degno di nota: riguarda la scelta del titolo che è stato al centro delle maggiori operazioni speculative da parte della banca di Fiorani, cioè Autostrade. È il titolo che ha generato plusvalenze depositate sul conto del sottosegretario Brancher, su quelli di Consorte e Sacchetti e soprattutto che ha prodotto. guadagni di decine di milioni di dollari per il trader Gaudenzio Rovedada.
La società Autostrade venne privatizzata dall’Iri nel 1999, quando il 30% venne acquisito da Schemaventotto, entità controllata dalla famiglia Benetton. UniCredit, di cui Palenzona era vicepresidente, e Crt, di cui era leader storico, avevano il 20% di Schemaventotto, e Palenzona entrò subito nel consiglio.
Non basta, a “Il Sole-24 Ore” risulta che Palenzona ebbe un ruolo essenziale nella successiva Opa con cui Schemaventotto prese il controllo di Autostrade, il 1° novembre 2002, il cda di Schemaventotto deliberò un’offerta pubblica d’acquisto sulle azioni Autostrade non possedute attraverso un nuovo veicolo, Newco28.
L’operazione fu vantaggiosissima, anche perché non sborsarono un euro. Fu tutto finanziato a debito, e il debito di 6,7 miliardi di euro venne poi trasferito in Autostrade. “Fecero un bell’affare. Questo è poco ma sicuro” osserva oggi un banchiere milanese. Probabilmente all’epoca nessuno avrebbe potuto prevedere che il titolo si sarebbe più che raddoppiato in tre anni, ma che Autostrade fosse una macchina da soldi era già chiaro. Si trattava insomma di un boccone estremamente ghiotto, e l’operazione, che richiedeva il via libera del Tesoro e dell’Anas, non sarebbe mai potuta andare a termine senza un assenso politico. A “Il Sole-24 Ore” risulta che fu proprio Palenzona ad aiutare i Benetton a ottenere il beneplacito di Roma.
Claudio Gatti
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7 aprile 2011 su L’Espresso, di Luca Piana
Un camionista al potere
Dopo aver descritto la vicenda della Norman 95 nel corso della quale Palenzona fu aiutato dal suo amico Luigi Bisignani e la lotta con Cesare Geronzi, l’articolista scrive:
“Geronzi e Palenzona sono due mondi con diversi punti di contatto che ora sono in conflitto per decidere chi comanda.
Questi, dunque, i duellanti. Se Geronzi, da decenni al vertice con il corollario del coinvolgimento in scandali come Cirio e Parmalat, è più conosciuto, Palenzona è ancora poco noto. «Sono uno di campagna, mi devono sempre fare gli esami del sangue», ama dire lui per sottolineare la sua ascesa, dai circoli provinciali della Democrazia Cristiana al top della finanza nazionale.
A grandi linee, si può dire che dopo gli studi, Palenzona si fa strada nel mondo dei sindacati degli autotrasportatori, il che spiega il vezzo di definirsi «un camionista». La formazione politica è cattolica, la stessa che in febbraio lo ha spinto a replicare in chiesa le seconde nozze con la signora bielorussa Katsyarina Kouchnerova, già celebrate in municipio, previo annullamento delle prime (con la tortonese prof.ssa Zerba) da parte della Sacra Rota. Trafficare con camion e scavatrici nel basso Piemonte significa tessere rapporti con la famiglia Gavio, che ne sostiene la carriera. In politica fa prima il sindaco della sua città, poi diventa presidente della provìncia di Alessandria, in quota Margherita.
Accanto a questa vita, parte quella da banchiere. La famiglia Gavio, per la quale agisce da lobbista, gli permette di. avviare rapporti politici a 360 gradi, che vanno dagli ex comunisti al ministro Giulio Tremonti. E lo introduce in Mediobanca, dove stabilisce un rapporto di fiducia con Vincenzo Maranghi, il delfino del fondatore Enrico Cuccia. Le cronache dicono che la loro stima sarebbe passata indenne attraverso diverse prove. Il voler riportare l’Unicredit al centro della politica ha avuto un banco di prov, dove gli altri sono Gavio e Benetton, anche loro vicini a Palenzona”.
L’articolista prosegue esaminando gli stretti rapporti con Ligresti e Caltagirone, e poi conclude “Infine c’è l’accusa formulata in seguito alle dichiarazioni di Giampiero Fiorani che gli avrebbe girato fondi neri della Popolare di Lodi finiti in conti esteri a Montecarlo intestati alla mamma e al fratello.
La Procura di Alessandria ha ricevuto da Milano il procedimento nel luglio del 2010, dopo due anni di silenzio. Su tutto incombe il rischio di prescrizione. Un’ipotesi che non basta a Palenzona il quale, attraverso l’avvocato Dinoia ha chiesto in una memoria l’assoluzione piena.
Forse perché una prescrizione non laverebbe del tutto le macchie di chi si candida a diventare uno dei banchieri più potenti d’Italia…o qualcosa di più.
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Da LINKiesta del 5 giugno 2012
I valori cristiani e le lettere di peso di Fabrizio Palenzona
Il momento è alto, mentre scriviamo queste povere righe, il Papa ha da poco vissuto a Milano l’abbraccio di un milione di persone, parole, immagini, colori virano a un momento di straordinario afflato cristiano e niente e nessuno – persino le nuove letteracce del corvo – potrebbero rovinare questo momento così intenso. Già, le lettere. Eppure ci sono lettere che sembrano anche peggiori di quelle del corvo vaticanesco, che in fondo fa semplicemente il suo mestiere. E a proposito di mestiere ci chiediamo: che mestiere fa Palenzona, cristianamente parlando intendiamo, per meritarsi l’onore di uno spazio così nobile come quello che gli dedica il Corriere della Sera questa mattina, sotto il titolo altisonante: «I valori cristiani e la guida morale per tutti gli uomini». La guida morale di chi, di Fabrizio Palenzona?
Proprio oggi il Corriere è uscito in un’edizione speciale con nobile rilegatura, alla quale Claudio Magris ha voluto regalare i suoi pensieri, racchiusi nel senso (alto) dell’operazione letteraria: «Famiglia, teatro del mondo». Ecco dottor Palenzona, nel nome di quale famiglia lei si è rivolto al Papa e a tutti (noi) cristiani: la famiglia di Unicredit, la famiglia di Aeroporti di Roma, la famiglia di Gemina, la famiglia dell’Associazione Società Concessionarie Autostrade e Trafori, la famiglia di Aviva Italia, la famiglia di Assaeroporti, la famiglia di Mediobanca, la famiglia di Abi o, per chiudere, la famiglia della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria?
E non ce ne voglia se, con tante famiglie “pesanti”, qualcuna l’abbiamo dimenticata per strada.
Un vero fenomeno questo Palenzona, un politico prestato alla finanza che ha maturato crediti fra tutti gli schieramenti, dai berlusconiani fino al PD di rito dalemiano e anche in Vaticano. La lettera di benvenuto al papa Benedetto XVI pubblicata dal Corriere della sera del 3 giugno dà un’idea del fervore con cui il banchiere vuol dare testimonianza della sua fede, soprattutto con sul groppone una serie di brutte storie con relative indagini, come attesta l’ultimo articolo apparso su “Il fatto quotidiano” del 7 giugno, titolato “Ogni zona è una Palen-zona – il banchiere che è riuscito ad occupare tutte le caselle”.