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Biocidio e Terzo Valico

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Mentre almeno quarantamila persone manifestavano Sabato in Valsusa contro la militarizzazione del territorio e per ribadire ancora una volta la contrarietà al Tav Torino – Lyon, a molti chilometri di distanza in quel di Napoli, oltre centomila persone sfilavano per il centro cittadino contro il Biocidio. Due piazze che si sono volutamente parlate e dietro a cui vi è un’analoga pulsione al rispetto dei territori in cui si vive e alla difesa della propria salute e di quella dei propri figli. Il termine biocidio, inventato pochi mesi fa dai movimenti per descrivere il disastro ambientale e sanitario in Campania dovuto ad anni di sversamenti illegali di rifiuti tossici che hanno significato oltre alla devastazione delle terre anche tumori e morte, ben potrebbe cucirsi addosso ai territori liguri e del basso Piemonte se non dovesse essere fermata la costruzione del Terzo Valico.

La salute dei cittadini sarebbe messa a rischio dalle “famigerate” fibre di amianto presenti in grandi quantità nell’Appennino, sorgenti, falde acquifere e acquedotti verrebbero irrimediabilmente compromessi e porzioni di terriorio su cui insistono le cave verrebbero sacrificate per ospitare lo smarino di risulta degli scavi. E’ proprio sulle cave che ci interessa soffermarci in relazione al rapporto fra Terzo Valico e Biocidio. Non sfugge infatti a nessuno che i milioni di metri cubi di smarino che finiranno nelle cave rappresentano un’occasionne unica per lo smaltimento di rifiuti tossici nocivi proprio come avvenuto negli anni passati in Campania. Fra un camion e l’altro provenienti dallo scavo del tunnel di valico o delle gallerie di servizio già contenenti amianto, ne potrebbero arrivare altri provenienti chissà da dove e contenenti chissà cosa. Si obietterà che i controlli puntuali non peremetterebbero che questo accada, come se non sapessimo tutti come vanno purtroppo le cose nel paese in cui viviamo.

Per preoccuparsi ulteriormente basti ricordare che ad Agosto del 2013 dipendenti della Di Vincenzo furono avvistati ad Arquata, pare interessati all’appalto per la costruzione del Pozzo di Radimero e che a distanza di due settimane non si sa ancora a quale ditta siano stati appaltati i lavori di disboscamento e bonifica ordigni bellici sempre ad Arquata. Quello che si sa invece con certezza è che a Voltaggio si aggira all’interno del cantiere dell’ex foro pilota la Lauro Spa.

Una controllata della Di Vincenzo venne giustappunto accusata di aver utilizzato rifiuti tossici cancerogeni per alcune costruzioni edili fra cui i cortili di alcune scuole, mentre la Lauro Spa è stata recentemente indagata con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello stato. Siamo sicuri che ditte con questi limpidi curricula mai si presteranno ad acconsentire che insieme allo smarino vengano depositate nelle cave porcherie di ogni tipo. Considerato che una delle cave è prevista a Libarna, fra Serravalle e Arquata, Sabato al Sindaco Spineto si potrebbe domandare fra le altre cose se non intenda vietare con un’ordinanza il transito dei camion di Cociv e delle ditte in subappalto per le strade del territorio comunale.

In Campania centinaia di migliaia di persone reclamano un piano di bonifiche e l’avvio di indagini epidemiologiche per intervenire sulla prevenzione delle malattie correlate allo sversamento di rifiuti tossici e nocivi.

Da queste parti, già duramente provate da molte emergenze ambientali, siamo forse ancora in tempo a prevenire almeno questo fenomeno.

Perchè come insegna il principio di precauzione, prevenire è meglio che curare.