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Amianto, la strage dimenticata

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

di Carlo Tardiani

AMIANTO, LA STRAGE DIMENTICATA

ISOCHIMICA DI AVELLINO. ANCHE QUI CHI TROVIAMO?

LE FERROVIE DELLO STATO!

ISOCHIMICA DI AVELLINO, LA SPOON RIVER DELL’IRPINIA: una storia di tangenti, calcio, veleni e Ferrovie dello Stato. Nell’aria di Avellino si e’ distribuita la polvere killer.
Lo smaltimento e’ fermo, mancano i soldi.
ISOCHIMICA DI AVELLINO, ETERNIT DI CASALE MONFERRATO, ILVA DI TARANTO, THYSSEN KRUPP DI TORINO, PORTO DI MARGHERA…..e quant’altro ancora…..

Tra poco  gli scavi della LINEA FERROVIARIA TAV, TRENO AD ALTA CAPACITA’/VELOCITA’ LIGURIA PIEMONTE, incontreranno la roccia  amiantifera e   iniziera’ una nuova  esposizione…….

15 operai morti, almeno 150 malati e un intero quartiere a rischio avvelenamento. È il tragico bilancio portato alla luce dall’inchiesta sull’Isochimica, l’azienda di Avellino dove negli anni ’80 i lavoratori erano assunti per rimuovere a mani nude la fibra killer dai treni. Perché oltre allo scandalo Eternit in Italia ci sono ancora centinaia di siti da bonificare e migliaia di persone che rischiano di essere contaminate.

AVELLINO. L’ARPAC, l’agenzia regionale per l’ambiente della Campania, ha accertato che ci sono 27 fibre di amianto per litro d’aria nella zona, stando alle raccomandazioni dell’Oms non ce ne dovrebbe essere nemmeno una.
Il biologo Carlo Caramelli, garante del Tribunale per i diritti del malato, ha chiesto al prefetto di far evacuare il rione. “Perché Renzi non viene a visitare la scuola elementare che è a cento metri dalla fabbrica?”, ha chiesto polemicamente Carlo Sibilia, l’avellinese arrivato in Parlamento con il Movimento 5 Stelle. C’è già stato lo screening sui bambini della scuola, il pediatra dell’Asl di Avellino, Felice Nunziata, che ha guidato l’equipe per le analisi, ha ammesso: “Qui non farei vivere mio figlio, la bonifica è urgente”.
La fabbrica della morte è chiusa da quasi trent’anni, ma continua ad uccidere. Il killer fantasma è nell’aria, ogni giorno gli abitanti di borgo Ferrovia, quartiere popolare di Avellino, respirano i veleni che arrivano da quel mostro chiamato “Isochimica”, l’opificio dove negli anni ’80 venivano scoibentate le carrozze ferroviarie, quasi tremila in sei anni. Si lavorava a mani nude, senza mascherine, inconsapevoli dei pericoli. Almeno 20mila tonnellate di amianto sarebbero state sotterrate nel piazzale della fabbrica, altre scorie sono state chiuse in cubi di cemento oppure sistemate in sacchi neri e sversate nelle acque del fiume Sabato o addirittura nel mare della costiera amalfitana. L’hanno rivelato gli ex operai ai magistrati. “Ma mentre tutto ciò accadeva dov’erano i cittadini?”, si chiede il procuratore della Repubblica di Avellino, Rosario Cantelmo.
Si fanno i conti. All’Isochimica lavoravano 333 operai, almeno 150 sono già risultati ammalati. “Ormai ci sentiamo dei morti che camminano”, confessa Carlo Sessa, uno degli ex operai che ha visto morire i compagni di lavoro: da tempo chiede inutilmente aiuto a tutti i partiti per la battaglia del prepensionamento degli ex dipendenti della fabbrica dei veleni. Ma la politica è rimasta ancora indifferente. E il futuro fa paura. Mario Polverino, direttore del polo pneumologico dell’ospedale “Scarlato” di Scafati, ha scoperto che gli 80 operai dell’Isochimica provenienti dal Salernitano sono stati tutti contaminati dalle fibre killer. “Il picco delle malattie derivanti dall’amianto si avrà intorno al 2020.
Resta il conto dei morti, una lunga scia di lutti e dolore: l’amianto ha già ucciso 15 ex operai ed un lavoratore che con l’Isochimica non c’entrava nulla. Si chiamava Vittorio Esposito, lucidava i pavimenti della stazione ferroviaria dove si scoibentavano le carrozze ferroviarie direttamente sui binari evitando di portarle in fabbrica. Anche sua moglie, la vedova Rosetta Capobianco che lavava le tute del marito impregnate di amianto, si è ammalata ai polmoni, ma continua a battersi per il risanamento del quartiere. E ora da qualche mese la Procura indaga su altri 23 decessi, nuovi casi sospetti tra ex operai, familiari e cittadini di cui sono state sequestrate cartelle cliniche e certificati di morte.
Chissà se oggi il titolare dell’Isochimica, l’ormai 82enne Elio Graziano, che sconta da condannato ai domiciliari le sue pene nell’abitazione di contrada Scrofeta alla periferia di Avellino, pensa mai al disastro che ha lasciato alle sue spalle. “Ho sempre solo fatto del bene”, ripete ancora oggi al suo avvocato, il penalista Alberico Villani. Tornerà un uomo libero solo il 19 ottobre del 2017, quando finirà il conto delle sentenze che l’hanno colpito per corruzione e omicidio colposo. Ma con lui la giustizia non ha ancora chiuso i conti.
Lo chiamavano “Papà Elio” perché lui, da PRESIDENTE DELL’AVELLINO ai tempi della serie A, elargiva con grande generosità, come un buon padre di famiglia, banconote da centomila lire a tifosi e operai che lo acclamavano. Era un imprenditore rampante Graziano, che dopo l’Isochimica aprì un altro stabilimento industriale a Fisciano (Salerno) per la produzione del detersivo “Dyal”, marchio che sponsorizzava le magliette dell’Avellino. Anche nel piazzale di quella fabbrica sarebbe stato smaltito l’amianto.
Il patron arrivava allo stadio “Partenio” in elicottero prima delle partite e prometteva premi favolosi ai calciatori.  C’è anche lui tra i 24 iscritti nel registro degli indagati nell’inchiesta della Procura sulla morte di quanti sono stati uccisi dall’amianto dell’Isochimica.