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Il dramma dell’emergenza abitativa ad Alessandria

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

A pochi giorni di distanza dall’ultimo tentativo di sfratto impedito dal Movimento per la Casa in Via Savonarola 29 sentiamo la necessità di tornare a prendere parola su quanto accaduto e, soprattutto, su quanto ogni giorno continua ad accadere nella nostra città. Una necessità che nasce dall’indignazione, dalla rabbia e a volte anche dallo sconforto che proviamo di fronte alla gestione dell’emergenza abitativa e al numero di famiglie che quotidianamente sono costrette a subire i passaggi degli ufficiali giudiziari perché non riescono a raccogliere i soldi per pagare l’affitto.

Ripercorriamo brevemente la storia di quanto successo in via Savonarola venerdì 12 settembre: l’ufficiale giudiziario appostato fuori dall’appartamento dalle quattro e mezza del mattino, il fabbro che sfonda la porta d’entrata con un piede di porco mentre gli abitanti dormono, la polizia che interviene con la forza pur avendo avuto l’ordine di non farlo e aggredisce senza giustificazione la famiglia e gli attivisti del Movimento. Si potrebbe scegliere di fermarsi qui, registrare i fatti e alzare le braccia confinando le responsabilità di quanto accaduto venerdì scorso ad un’ufficiale isterica troppo appassionata al suo lavoro e ad un paio di poliziotti esaltati. Invece scegliamo di scavare un po’ più a fondo e di provare a capire come una situazione tanto assurda e inverosimile abbia potuto verificarsi sotto gli occhi della città e di quel mondo politico e istituzionale che dovrebbe farsi carico del dramma abitativo e cercare soluzioni concrete per chi rischia di rimanere senza un tetto per morosità incolpevole.

I numeri parlano chiaro e sono ormai noti a tutti: un migliaio di sfratti nel corso dell’ultimo anno, un centinaio di case popolari occupate in cui si vive in condizioni precarie e senza alcuna tutela, centinaia di case popolari lasciate colpevolmente in stato di degrado e abbandono, migliaia di case private vuote. Le prospettive di uscita da questa situazione rimangono invece a quota zero e gli enti che si occupano del tema dell’abitare si passano la patata bollente girandosi dall’altra parte ancor prima di vedere chi la prende in mano. Da una parte il Tribunale, la cui macchina burocratica avanza come un rullo compressore senza preoccuparsi delle macerie che lascia dietro di sé ogni volta che un ufficiale viene inviato ad eseguire uno sfratto (e addirittura autorizza la bizzarra richiesta di un singolo dipendente che chiede senza una giustificazione plausibile di anticipare l’orario prima del sorgere del sole); dall’altra parte Prefetto e Questura che non riescono neanche a tenere a bada i propri uomini e a spiegare loro quali sono le regole d’ingaggio quando i provvedimenti sono svolti a discapito di famiglie con minori a carico. Infine, grande vincitore del premio “Noi non sappiamo cosa farci”, il Comune di Alessandria, che si aggiudica ancora una volta il primo posto in termini di incapacità e mancanza di risposte. L’ultima soluzione trovata dai grandi politici che proclamavo di traghettare la città fuori dalla crisi e dal dissesto fu l’apertura di un tavolo da cui in questi mesi hanno osservato, circondati da collaboratori e aiutanti, il dilagare dell’emergenza e la cui massima aspirazione è stata quella di tamponare, quando possibile, i casi più drammatici, o meglio quelli che rischierebbero di creare maggiore imbarazzo.

Il primo luglio di quest’anno siamo usciti dall’occupazione di Via Verona con la speranza che l’aver puntato i riflettori sul tema e l’aver aperto un dibattito in città e sui giornali costringesse la Giunta ad assumersi una volta per tutte la responsabilità di ragionare concretamente intorno all’emergenza abitativa, ma ancora una volta non possiamo che constatare la mancanza di idee e strumenti (non solo economici, ma prima di tutto politici e concettuali) di cui dispongono sindaco e assessori. La reazione spropositata messa in scena da Rita Rossa venerdì scorso in Comune con l’obiettivo palese di screditare le richieste del Movimento davanti a giornalisti e videocamere non fa altro che evidenziare lo stato di confusione in cui versa il Comune, che per l’ennesima volta tenta il gioco dello scarica-barile e sostiene di aver fatto tutto quanto è in suo potere in merito al tema degli sfratti. Crediamo che compito delle istituzioni locali dovrebbe essere quello di garantire una qualità di vita degna ai loro cittadini, anche a costo di mettersi di traverso di fronte ai provvedimenti che calano dall’alto e che non sono conciliabili con la drammaticità della situazione locale; invece, nonostante gli slogan da campagna elettorale di cui l’attuale sindaco è stata bravissima a riempirsi la bocca in tempo di elezioni, oggi sembra che il suo potere sia limitato ad osservare, o al massimo a fare qualche telefonata di favore e a tranquillizzare gli animi di proprietà e agenzie immobiliari.

Intanto nessun tipo di prospettiva a lungo termine emerge dall’agenda della Giunta: alle soluzioni tampone trovate a luglio per le famiglie organizzate insieme al Movimento avrebbe dovuto seguire un progetto più ampio finalizzato alla riapertura di stabili abbandonati da mettere a disposizione di chi non ha una casa, progetto naufragato ancor prima di nascere e su cui è calato il silenzio più assoluto. Ancora una volta, insomma, solo belle parole. Davanti a questo quadro il nostro obiettivo era e rimane quello di risolvere le situazioni delle famiglie che hanno scelto di camminare, lottare e autorganizzarsi insieme a noi nel modo più degno e definitivo possibile. Oggi non possiamo che continuare a battere i sentieri su cui da sempre abbiamo camminato, distanti dai palazzi e dalle poltrone, in mezzo alle persone e alla città, forti delle convinzioni con cui abbiamo iniziato questo percorso lo scorso inverno e che ci hanno accompagnato nel corso di quest’anno. Le soluzioni esistono, sono sotto gli occhi di tutti e prima di noi le hanno trovate le tante famiglie che, nel silenzio e nella paura, continuano ad aprire porte chiuse e a riprendersi le case lasciate vuote e abbandonate. L’autunno è da sempre per il Movimento per la Casa l’inizio della nuova stagione di lotta e ciò che è accaduto venerdì scorso, prima in Via Savonarola poi nell’ufficio del sindaco, ci mostra chiaramente quale sia il piede giusto con cui iniziare l’anno. Per il momento ci limitiamo a rilanciare l’appuntamento del 18 settembre, quando un’altra famiglia con due bambini, questa volta residente a Spinetta Marengo (Via del Ferraio 3) subirà il passaggio dell’ufficiale giudiziario.

Il diritto all’abitare è uno dei primi tasselli che questa crisi mette in discussione. Il numero di famiglie che non possono permettersi un affitto continua ad aumentare vertiginosamente e arriva a toccare anche chi fino a poco tempo fa si sentiva garantito e aveva una casa sicura in cui vivere. Tornare a discutere e ragionare insieme e dal basso sulle vie d’uscita da questa situazione diventa oggi un obbligo per quella parte di città che ancora riesce ad indignarsi e ad immaginare una società più giusta e più equa.

Movimento per la Casa