Un’ inchiesta di Alessandria in Movimento
Il 21 giugno l’operazione “Maglio” porta in carcere 19 persone affiliate alla ‘ndrangheta nel basso Piemonte. Sono pensionati, operai, professionisti, imprenditori. Ma una novità impone alla cronaca qualche riga in più: Giuseppe Caridi, un politico, per la prima volta, è affiliato all’associazione, è espressione diretta delle cosche. Allo stupore della Procura di Torino corrisponde un tiepido entusiasmo da parte di giornalismo e politica. Quel che potrebbe essere definito un importante cambiamento di rotta nelle organizzazioni criminali rimane un fatto di cronaca e come tale viene presto sepolto da altre novità. La curiosità di capire come si evolvono le mafie, aspetto che andrebbe indagato con approccio sociologico, ci porta a scrivere un dossier sui protagonisti della vicenda.
“anche noi dobbiamo cambiare un bel po’ di cosine…”
I boss intercettati dalla Procura discutono della struttura interna. La ‘ndrangheta ha un’organizzazione piramidale e consolidata, ma stare al passo coi tempi è fondamentale per chi si occupa di mantenere relazioni con il potere. Così la vecchia regola del picciotto fedele solo alla famiglia viene emendata per il consigliere PDL, un servo dello Stato “che può tornare utile”.
Fin qui nulla di nuovo, nulla che non sia stato pubblicamente sviscerato. Ma quali sono i fatti, al di là dell’affiliazione alla ndrangheta, che hanno portato in carcere gli indagati? Quale il loro raggio di azione? Come, con quali persone e con quali mezzi traevano un profitto? È stata resa nota l’ordinanza di custodia cautelare in carcere[i] dove si riportano i risultati degli accertamenti atti solamente a provare l’appartenenza all’associazione mafiosa. Quindi i dati a nostra disposizione tracciano uno spaccato di vita quotidiana della locale di ndrangheta: le punizioni, le partecipazioni ai matrimoni ed ai funerali, le diatribe, i rituali di affiliazione e conferimento di gradi superiori. Ma a pagina 4 dell’ordinanza di custodia cautelare si legge:
“Associazione che si avvale della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo di:
· commettere delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in particolare commercio di sostanze stupefacenti, estorsioni, usure, furti, abusivo esercizio di attività finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, corruzioni, favoreggiamento latitanti, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni, ricettazione, omicidi;
· acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore edilizio, movimento terra, ristorazione;
· acquisire appalti pubblici e privati;
· ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a sé e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilità;
· conseguire per sé e per altri vantaggi ingiusti.
Con l’aggravante di essere l’associazione armata.”
Evidentemente altre notizie di reato sono state omesse in questo provvedimento perché ancora oggetto di indagine.
Cemento
Se per avere un quadro della situazione bisognerà attendere gli sviluppi processuali, appare invece subito chiaro a partire dall’identità degli arrestati che nella nostra provincia il business era l’edilizia. Alcuni componenti avevano interessi nel settore delle costruzioni. Uno degli arrestati, Sergio Romeo, è un 47enne pozzolese, titolare della R.G. Costruzioni s.r.l. che opera nel settore dell’edilizia privata e pubblica: palazzine, tinteggiatura, manti stradali, capannoni, movimento terra, tubature, pannelli solari. Un’azienda certo non piccola, aperta nel dicembre 2007. Ci è dato sapere che per un periodo di tempo ha operato in società anche Bruno Pronestì, il capo locale, il quale ha richiesto in passato a nome della ditta autorizzazioni al comune di Bosco Marengo per la costruzione di alcune palazzine, operazione poi non andata in porto. Inoltre da indiscrezioni non confermate Pronestì avrebbe avuto in passato un incarico di certa importanza anche in un’altra ditta dimostratasi ampiamente fuorilegge, la Sofio Elia, che operava nel business dei rifiuti, seppellendo quantità di materiali pericolosi miscelandoli a terreno pulito. Avrebbe ricoperto questo incarico dopo un lungo periodo in carcere per omicidio.
In passato la R.G. si chiamava RI.GE. sas. L’apertura risale al 1998 e l’inizio della procedura di fallimento al 2010, quindi le due imprese sono coesistite per un paio di anni, periodo in cui sono stati effettuati grossi lavori. La R.G. costruzioni s.r.l. e la RI.GE. sas sono la stessa ditta, in mano alle stesse persone, con sede nello stesso luogo. Una è intestata al suddetto Sergio Romeo e a Stefania Vaienti, l’altra al fratello di Sergio, Gaspare e ad Elisabetta Vaienti, sorella di Stefania. Potrebbero esserci ragioni fiscali, piuttosto che amministrative, non per forza illecite dietro all’apertura di una seconda ditta. È stato scoperto ad aprile, in provincia di Reggio Emilia, che gli appalti dati da una grossa azienda (Bacchi s.p.a., leader nel movimento terra, finanziatrice di partiti) a imprese edili della ‘ndrangheta venissero frazionati, dividendo i pagamenti delle fatture su società gemelle, evitando di superare il tetto di 155.000 euro oltre il quale è prevista la presentazione del certificato antimafia.
Basta fare un giro sul sito della R.G. Costruzioni (rapidamente oscurato dopo gli arresti, ma qualcuno ha provveduto a prendere copia delle parti più interessanti) per constatare che stiamo parlando di una ditta con ottime entrature. Figurano nella lista dei lavori eseguiti:
– l’allargamento a 4 corsie della ss35 bis dei Giovi nel tratto tra Novi Ligure e l’outlet di Serravalle Scrivia
– l’appalto per la rimozione della neve nel piazzale outlet e dintorni
– la costruzione di un nuovo modulo nel terminal traghetti del porto di Genova
– l’installazione del campo fotovoltaico nel parcheggio dello stabilimento KME di Serravalle Scrivia
– la realizzazione del secondo lotto del Retail Park di Serravalle Scrivia, (l’enorme centro commerciale di fronte all’outlet).
– la costruzione del fabbricato del McDonald in zona outlet a Serravalle
– il centro commerciale Roero Center di Alba
– il centro commerciale Bennet di Novi Ligure
– la zona residenziale Euronovi a Novi Ligure
– i lavori di risanamento acustico sull’autostrada A7 Genova-Serravalle
Ed altro ancora: lo stabilimento Marcegaglia di Pozzolo Formigaro, un oleodotto a Voltaggio, capannoni a Novi Ligure, ville a Monterotondo e un lavoro per il complesso storico-museale di Marengo, di proprietà della Provincia.
Tutto questo solamente tra il 2008 e il 2009, periodo al quale sono riferiti i dati. C’è materiale sufficiente per porsi un po’ di interrogativi.
La ditta in questione ha ottenuto la stragrande maggioranza dei lavori elencati in precedenza da alcune delle più grandi ditte edili e di movimento terra della provincia: Boggeri S.p.a. e Tre Colli S.p.a. Insieme questi soggetti hanno fatto non poca strada. Il polo commerciale di Serravalle Scrivia, della Praga holding (stessa proprietà della Tre Colli, ovvero la famiglia Persegona), è stato costruito, tra gli altri, da Boggeri e dalla subappaltatrice R.G. Costruzioni.
Il progetto Euronovi, nato nel 2004 a Novi ligure, prevedeva la costruzione di “un centro commerciale, aree residenziali e verde pubblico”. Mentre la politica novese ai tempi si prodigava per reclamizzare come un incredibile successo il nuovo progetto della Praga holding, parlando di scuole, servizi, parchi, ad oggi sull’area ex-Ilva su cui si è sviluppato il progetto esistono solo un centro commerciale bennet, miriadi di palazzine vuote, molte delle quali ancora in costruzione, e per verde pubblico s’intende qualche ettaro di rottami e terra di risulta dei lavori, coperto da una fitta boscaglia di erbe infestanti e recintato con del telo verde anni fa. Della Praga Holding il progetto, di Boggeri e anche della R.G. Costruzioni la realizzazione. Quello che doveva essere un nuovo pezzo di città, fruibile a tutti e costruito con criteri moderni e sostenibili si è rivelato, come preannunciato dalle sirene degli scettici, l’ennesima speculazione immobiliare che produce un “non-luogo”, privo di ogni identità o riferimento storico-geografico ma sicuramente redditizio.
Viene da chiedersi, a questo punto, se la R.G. abbia lavorato anche alla costruzione del Movicentro, il grande parcheggio interrato da 200 posti, costato 5 milioni di euro, antistante la stazione ferroviaria di Novi. Costruito da Boggeri, è l’ennesimo cementifero trionfo di un concetto di urbanistica che a Novi Ligure si è dimostrata molto prolifica negli ultimi anni. D’altra parte stando al bilancio comunale 2004-2009, gli oneri di urbanizzazione sono l’entrata (e conseguentemente il reinvestimento) maggiore, superando gli 11 milioni di euro.
Un altro progetto che alla luce dell’accaduto ci desta sospetti è quello della variante collinare di Valle S.Bartolomeo, frazione di Alessandria. Qui un nuovo piano edilizio vuole costruire nuove unità abitative e implementare anche la viabilità stradale in un contesto in cui l’impatto antropico è già insostenibile. La cementificazione massiccia, già oggi, porta l’acqua a incanalarsi violentemente nelle strade del paese in caso di pioggia rendendo necessaria una valutazione del rischio idrogeologico. L’11 marzo scorso, durante una riunione della commissione territorio, il presidente Caridi ha lanciato una sedia a Paolo Bellotti, Consigliere Comunale e membro del comitato “noi di valle” che si oppone all’opera chiedendo che si fermi il consumo di territorio. Le voci che si rincorrono in paese danno per certo che la ditta incaricata di effettuare i lavori è di nuovo la Tre Colli s.p.a.
Rinnovabile o riciclabile?
Tra i vari lavori effettuati dalla R.G. Costruzioni figura anche l’installazione di pannelli solari nel parcheggio dello stabilimento KME di Serravalle Scrivia, il che fa pensare che abbiano acquisito un’esperienza relativa alla costruzione di campi fotovoltaici di notevoli dimensioni. Questo tipo di opere ha conosciuto un’incredibile proliferazione negli ultimi due anni grazie ad un regime di incentivi assai favorevole. Come dimostrato dalla puntata di Report su Rai3 del 28/11/2010 gli uffici delle province sono intasati da richieste di autorizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili quali eolico e fotovoltaico. Inutile dire che se c’è la possibilità di un investimento dal ritorno sicuro e veloce, nell’ordine dei milioni di euro, le mafie ne sono allettate avendo notoriamente a disposizione liquidità da riciclare. Le indagini che hanno portato l’anno scorso al sequestro di un patrimonio di 1,5 miliardi di euro(sì, miliardi) al “re delle rinnovabili” Vito Nicastro hanno messo in luce la figura dello “sviluppatore”.
Lo sviluppatore è colui che, dietro il paravento di una ditta che opera nel settore delle energie rinnovabili, si serve delle proprie conoscenze tra politici e burocrati per portare a buon fine un progetto per un campo fotovoltaico, piuttosto che per un parco eolico. Ottenute le necessarie autorizzazioni impacchetta il progetto e lo vende al committente, una grande multinazionale o magari un’azienda in odore di mafia, in un quadro di mercato totalmente deregolato e viziato da incentivi abnormi. Indubbiamente una persona tecnicamente preparata, ma anche un “facilitatore”.
La provincia di Alessandria non fa eccezione. Domandando notizie al Comitato per la Frascheta, l’unico comitato cittadino sorto in provincia per contrastare l’introduzione di campi fotovoltaici nelle zone agricole, ci è stato rappresentato un quadro poco piacevole. L’anno scorso in provincia diverse ditte hanno depositato più di un progetto. Una ditta di Genova, la Pam Energy srl, capitale sociale 10000 euro, ha presentato nel 2010 almeno una decina di progetti, e lo ha fatto solamente nella provincia di Alessandria. Abbiamo visionato il progetto di un impianto: l’importo dei lavori è di circa 8 milioni di euro. Premettendo che l’area interessata dal progetto, nel comune di Novi Ligure, è anche protetta da un vincolo di tutela paesaggistica che non è stato preso in considerazione, al momento di visionare gli atti al rappresentante legale del comitato è stato consegnato dall’ufficio autorizzazioni della provincia di Alessandria un documento alterato, in cui parti importanti per lo sviluppo di un eventuale ricorso erano state omesse. Inoltre il progetto presentato dalla ditta proponente ometteva di dichiarare la presenza ai margini dell’impianto di alcune abitazioni che avrebbero costituito un intoppo. Dal comitato fanno sapere che i fatti sono oggetto di un esposto presentato al tribunale di Alessandria.
Figuratevi la nostra sorpresa nello scoprire che il proprietario dei terreni oggetto dell’opera non è un contadino qualunque, bensì è Gian Paolo Cabella, leghista, ex dirigente dell’azienda ospedaliera alessandrina, fresco di nomina alla presidenza di ATM, l’azienda trasporti di Alessandria. Se il progetto andrà a buon fine intascherà per l’affitto ventennale del campo molto più di quanto si potrebbe guadagnare coltivandolo come fanno gli ingenui contadini. Diciamo il triplo, e senza muovere un dito. Inoltre il comune di Novi Ligure, in barba alle linee guida del ministero sulle compensazioni che vietano meri versamenti economici, ha ottenuto l’accordo con la ditta per la cifra di 1,20 euro al metro quadrato. Ovvero 70000 euro che entrano nelle casse del Comune, toccando la sensibilità del Consiglio che, placato l’appetito, ringrazia e cambia repentinamente idea sui pannelli fotovoltaici facendo concedere dai tecnici le necessarie autorizzazioni. La stessa ditta ha raggiunto accordi identici con il comune di Alessandria su almeno un altro progetto nella frazione di S.Giuliano.
Se si tiene conto che nel 2010 i progetti il cui iter si è concluso erano circa 80 e quelli in fase di valutazione circa 20 capiamo che il giro d’affari è di diverse centinaia di milioni di euro. Chi compra questi “pacchetti”? Quali sono le imprese edili che lavorano materialmente alla costruzione degli impianti? Provenienza dei capitali e distribuzione degli appalti devono essere resi pubblici.
Cosa comporta la trasformazione di centinaia di ettari di terreno coltivabile in aree di produzione energetica? I tecnici della provincia hanno pensato ad un piano per tutelare il territorio dall’erosione della superficie agricola incentivando l’installazione di pannelli solari sui tetti o nelle aree industriali? La risposta è scontata poiché la Provincia autorizza i singoli impianti senza operare la V.I.A.( valutazione di impatto ambientale).
Il capitale sociale
In un interessante articolo del Fatto Quotidiano del 9 luglio[ii] apprendiamo come i pm di Milano, nell’ambito di un’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nell’expo 2015, diano una lettura moderna di quella che da sempre è considerata la “zona grigia” attorno alle organizzazioni criminali, prendendo in prestito un termine usato in sociologia: il “capitale sociale”, inteso come patrimonio di contatti e relazioni.
Riportiamo il passaggio più significativo dall’articolo del Fatto:
“Noi – ha spiegato la pm Dolci – dobbiamo vedere la ‘ndrangheta come una organizzazione che ha una forte coesione interna, ma che vive anche di una rete relazionale verso l’esterno”. Eccolo qua, allora, il capitale sociale costituito da politici, faccendieri, imprenditori. Tradotto: la zona grigia che da sempre anima i rapporti tra la mafia e le istituzioni. E dunque “solo cogliendo questo aspetto noi riusciamo a capire cos’è la ‘ndrangheta piuttosto che Cosa nostra”.
Esempi? Il magistrato cita il nome di Pietro Pilello “noto commercialista, presidente del Collegio sindacale di varie società a partecipazione pubblica tra cui l’Ente Fiera”. Cosa fa dunque questo Pilello che non risulterà però indagato? “Invita Cosimo Barranca (capo della locale di Milano) a una manifestazione elettorale”. Ma c’è anche la vicenda Bertè. “Vogliamo renderci conto – dice il pm – che c’è qualcosa di veramente singolare nel caso di un direttore sanitario di una casa di reclusione (…) che va da persona a lui nota come mafiosa perché si vuole buttare in politica”. Il boss in questione è Rocco Cristello, ucciso a Verano Brianza il 27 marzo 2008.
Per non parlare di Giuseppe Romeo, colonnello dei carabinieri, all’epoca dei fatti in servizio presso il Comando provinciale di Vicenza. Sintetizza il pm: “Si incontra più volte con Strangio“. Perché? “Strangio ha un problema: i camion della Perego lungo la statale valtellinese vengono fermati troppo spesso dalla Stradale”. E favore per favore, Romeo confessa al boss una sua aspirazione: “Candidarsi alle elezioni europee del 2009″. Immediata la risposta: “Non ti preoccupare ti faccio conoscere una persona”. Di chi parla? “Di Massimo Ponzoni, all’epoca assessore regionale all’Ambiente”. Prosegue l’accusa: “Strangio e Romeo entrano negli uffici del Pirellone”.
Breve e necessaria nota: apprendiamo con sorpresa da un articolo de La Stampa del 31/7/2011 che il colonnello Giuseppe Romeo ha prestato servizio come capitano dell’arma a Novi ligure e lì risiede tuttora. Come almeno un’altra personalità militare cittadina ci risulta membro del Sovrano Militare Ordine di Malta. Nonché, come vantato nel suo blog (www.giusepperomeo.eu) “Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana,Cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta, Commendatore con spade al merito melitense del Sovrano Militare Ordine di Malta, medaglia d’Argento al merito della Croce Rossa Italiana, Cavaliere di San Silvestro Papa, Cavaliere del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio”.
A voler essere precisi anche “compare Peppe” Caridi millantava appartenenze a gruppi di cavalieri dal nome astruso e dal sapore di massoneria, nonostante il Sovrano Militare Ordine di Malta ne abbia preso le distanze.
Non sono comunque emersi finora collegamenti o parentele del colonnello con Sergio Romeo di Pozzolo né con Antonio Romeo di Sarzana, in Liguria, arrestato una settimana dopo nel prosieguo dell’operazione. Si tratta di un cognome molto diffuso.
Chi sono dunque gli “amici degli amici” o, per dirla con le parole dei Pm milanesi, il capitale sociale delle ‘ndrine? Basta chiedere a Facebook. Le infinite discussioni su quanto questo strumento sia divenuto invasivo nelle nostre vite non risparmiano nemmeno la nostra inchiesta. La privacy è difficile da mantenere nel mondo reale, figuriamoci in quello virtuale che ci riserva, se impreparati, molte più sorprese. Buona parte delle preziose informazioni per approfondire l’operazione “Maglio” sono state reperite proprio su internet. Su Google e su quel profilo Facebook che molti ingenuamente infarciscono di informazioni.
Tra gli amici del titolare della R.G. figurano molti politici di centro destra novese, nonostante la giunta sia da sempre “rossa”. Bruno Ferretti e Giuseppe Rapisarda del Pdl, Pino Dolcino dei Leghisti di novi, Gianfranco Chessa (avvocato, ex senatore DC, ex Pdl, ora Fli, ex dirigente della Provincia di Vercelli, presidente autorità provinciale di Vercelli per l’energia, recentemente rinviato a giudizio per associazione a delinquere e truffa aggravata). Ma ha amici anche qui ad Alessandria: Elvira Mancuso, presidente della fondazione Teatro Regionale Alessandrino e indagata con Lorenzo Repetto (l’eminenza grigia alessandrina) per la disastrosa ristrutturazione del teatro comunale di Alessandria.
Il 18 giugno gli fa gli auguri di compleanno Damiano Guzzetta, che dalle intercettazioni risulta essere il capo degli astigiani: “auguri compa”, compare. Entrambi vengono arrestati dopo pochi giorni nell’ambito della stessa operazione. C’è chi manda messaggi di solidarietà a Romeo dopo l’arresto (persino un finanziere!), chi lo chiama “don Sergio”.
La nipote dell’arrestato e figlia dell’ex titolare della ditta di costruzioni, Francesca Romeo, è stata consigliere comunale a Novi dal 2004 al 2009 per la maggioranza di centro-sinistra. Entrata in politica sotto l’ala di Camillo Acri, ex presidente ACOS, la multiutility che gestisce il servizio idrico locale e non solo. Non ricandidata alle successive elezioni comunali, il nome della giovane figura ora sul sito del Pd come membro della direzione regionale del partito.[iii]
Tra gli amici virtuali di Caridi, invece, un vasto assortimento di politici, massoni, nostalgici fascisti, imprenditori del settore edilizia-movimento terra (chi l’avrebbe mai detto) e il vicesindaco di Ventimiglia, Vincenzo Moio, indagato nella stessa indagine e ritenuto il referente politico delle cosche nel paese ligure.
Legittimi sospetti
Aggiungiamo a questo quadretto idilliaco alcune ruvide realtà sul capoluogo di provincia:
– Ad Alessandria ci sono state un paio di visite della Guardia di Finanza relative ai conti del Comune, che secondo l’opposizione sono palesemente truccati. La giunta del Sindaco Fabbio, oltre al caso Caridi, è stata interessata dall’arresto e relativa condanna di Grassano per truffa e dalle inchieste su alcuni suoi personaggi di fiducia, come la succitata Mancuso e l’arcinoto Lorenzo Repetto, presidente di Amag, la cui fedina penale supera di gran lunga il curriculum professionale. Inoltre, è arrivata la notizia del rinvio a giudizio per Nicola Sirchia, pdl, Assessore ai lavori pubblici di Casale Monferrato nonché ingegnere capo del comune di Alessandria. È imputato, insieme al succitato Gianfranco Chessa, per associazione a delinquere, peculato, truffa nell’inchiesta sulla fondazione vercellese “Terre d’acqua”.
– Gli appalti affidati senza gara sono una specialità della giunta Fabbio, a partire dalle tante manifestazioni culturali del capoluogo dove a lavorare sono sempre gli stessi, Gestioni s.r.l. di Aldo de Giglio e Tecnoluce s.n.c. di Michele Caridi, fratello del consigliere arrestato. Per non parlare dell’onnipresente Switch 1988, la ditta che ha fatto chiudere il teatro comunale di Alessandria, principale appaltatrice dei lavori dell’Amag e molto vicina a Lorenzo Repetto.
– La lista di faccendieri e maneggioni nelle grazie del Sindaco del capoluogo è lunga. Giancarlo Dallerba, per esempio, è presidente di Sital, una azienda comunale recentemente finita sotto i riflettori per i forti passivi, che si occupa di marketing territoriale. Tra i frequenti viaggi in Cina (che le malelingue imputano a necessità private) c’è tempo per organizzare una “festa della Calabria” alla caserma Valfrè con compare Peppe Caridi, di ipotizzare un gemellaggio Alessandria-Reggio Calabria ed una esilarante quanto incomprensibile “triangolazione Alessandria-Reggio Calabria-Hong Kong” spacciandola per un’azione mirata di marketing territoriale[iv].
– È stato recentemente denunciato dai sindacati che compongono l’osservatorio permanente del lavoro in cooperativa che in Alessandria c’è il più alto numero di coop. di tutta la regione, alcune delle quali non applicano i regolari contratti e retribuiscono i lavoratori con stipendi da fame. Così come sono migliaia le imprese edili “fantasma”, ovvero senza dipendenti in regola, che si presume quindi alimentino il fenomeno del lavoro nero. I motivi sono la totale mancanza di strumenti per combattere le irregolarità delle aziende e la non-collaborazione tra prefettura e gli altri enti territoriali, che inevitabilmente attirano chi intende aggirare le normative. Così, mentre in altre province (ad esempio Biella) si sono instaurate quelle forme di collaborazione istituzionale che hanno portato alla creazione di veri e propri “osservatori”, in Alessandria si sta a guardare.
C’è materiale sufficiente perché i sospetti possano dirsi legittimi?
Qual è la portata dell’infiltrazione mafiosa nel nostro tessuto produttivo? Quali e quanti sono gli appalti di cui imprese controllate direttamente o indirettamente dalla ‘ndrangheta si sono impadronite? Quali le responsabilità politiche di chi avrebbe dovuto controllare e non l’ha fatto?
Una variante al piano regolatore, un nuovo complesso residenziale, un centro commerciale, una linea ad alta velocità: è legittimo sospettare che sotto le attività più redditizie della realtà economica provinciale si nascondano interessi inconfessabili o dobbiamo come consigliò il ministro Lunardi anni fa “imparare a convivere con la mafia”?
Gli atti dei processi inevitabilmente arriveranno e faranno chiarezza. Una commissione d’inchiesta sull’operato della commissione guidata da Caridi, che alla luce delle sue amicizie sarebbe scontata in un paese normale, viene invece negata dalla maggioranza in Alessandria. L’ipotesi di sciogliere la giunta per infiltrazione mafiosa, tramontata.
Non si tratta di avere o meno a livello territoriale “gli anticorpi” contro le mafie, ma si tratta di essere o meno un terreno fertile per chi, volendo riciclare denaro in attività lecite, trova un tessuto economico viziato da un modello di governance corrotto e disponibile a creare consorterie di ogni genere.
Chissà se la classe politica alessandrina, sconvolta a parole dal fatto di scoprire che il mostro ‘ndrangheta vive nelle nostre terre, vorrà sviluppare le azioni idonee per non convivere con essa. Ai posteri l’ardua sentenza.