
Il Secolo XIX, nell’edizione di Lunedì 29 Luglio, pubblica la notizia di attentati in qualche modo correlati al Terzo Valico.
Prima di tutto, titolare “Terzo Valico, attentati al re delle bonifiche” è fuorviante e indirizza i sospetti di un lettore distratto in una direzione molto precisa, la nostra. Un titolo ad effetto sul tema più caldo del momento, mentre a Genova si muove un enorme dispositivo di sicurezza per aprire un cantiere dell’opera.
Leggendo con calma l’articolo, scopriamo che sarebbero stati incendiati due escavatori al “re delle bonifiche”, noto ‘ndranghetista genovese diciamo noi, Gino Mamone, dominus della Eco.Ge.
Che Mamone c’entri con tutti i lavori di una certa importanza nel genovese e dintorni negli ultimi anni è cosa certa. Altrettanto certi i suoi legami con la ‘ndrangheta che gli sono valsi un’interdittiva atipica antimafia, cosa che non gli ha comunque impedito di continuare a prendere appalti.
I mezzi di Mamone, ad esempio, erano ovunque nel dopo alluvione di Genova, erano nei cantieri sul Bisagno dove il pessimo lavoro ha probabilmente causato i danni più grossi dell’alluvione, erano nella bonifica dell’ex ilva e di altre aree inquinate genovesi, i cui veleni sono stati smaltiti ovunque anche grazie ai legami con la ditta Sofio di Pozzolo Formigaro.
Ora il Secolo ci dà non una, ma due notizie: la prima, come detto, è l’incendio dei mezzi, che il proprietario si è guardato bene dal denunciare, come è normale nella sua cultura.
La seconda è che questa personcina per bene lavora nei cantieri del Terzo Valico. E qui non capiamo il nesso, forse il Secolo dovrebbe essere più preciso. Le ruspe sarebbero state bruciate a Serravalle Scrivia, in qualche cantiere dei Mamone, nell’ultimo anno. A Serravalle non c’è nessun cantiere del Terzo Valico, ma il Secolo dà per scontato che si tratti di una faida interna per accaparrarsi gli appalti della grande opera. E allora sarebbe bene dire tutto quello che si sa, a partire da quali sono i cantieri genovesi in cui i mezzi della Eco.Ge. lavorano, se hanno già acquisito dei subappalti, per quanto ed in quali modalità.
Invece, tutto quello che si sa è che la procura di Alessandria sta indagando per il semplice incendio dei mezzi, “non avendo prove” (non basta un’interdizione antimafia?) per sospettare un’azione mafiosa.
La speranza, seppur fioca, è che la stampa locale si interessi alla vicenda suscitando un briciolo di indignazione nella zona del novese che dagli arresti per ‘ndrangheta del Giugno 2011 è rimasta quasi totalmente all’oscuro del caso per una precisa scelta di alcune testate locali (che possiamo provare, alla bisogna, esibendo le mail piene di vergogna di giornalisti che lamentano la bocciatura dei loro articoli “scomodi”). Il fatto di avere ‘ndranghetisti in casa, che prendono appalti pubblici e si bruciano le ruspe tra loro, interessa per caso a qualcuno? A qualcuno viene mica in mente di chiedere lumi ai prefetti, che si erano impegnati a firmare un protocollo antimafia per il Terzo Valico in cui sostanzialmente il Cociv autocertificava l’assenza di imprese mafiose nei cantieri? Qualcuno, a parte i No Tav che lo fanno da sempre, ha il coraggio di mettere in discussione il meccanismo con cui gli appalti vengono assegnati?
A chi scrive preme capire non tanto il fatto di cronaca in sé, ma le dinamiche che hanno portato ad un’omertosa indifferenza sulla presenza di tali organizzazioni sul nostro territorio. Al netto delle chiacchiere da bar, se i giornali non ne parlano e i politici non ne parlano, cosa rimane?
Rimane la legge, debole con i forti, forte con i deboli.
La legge che non può ipotizzare reati mafiosi perché fino a prova contraria le mafie non esistono dalle nostre parti.
La legge che fa assolvere gli ‘ndranghetisti alessandrini per mancanza di prove.
La legge che l’altro ieri, fa irruzione nelle case di 12 No Tav valsusini con l’accusa di terrorismo ed eversione. Ruba computer e telefoni, quando non impone il carcere preventivo. Segna le vite di chi si oppone allo scempio.
La legge che riconosce come “socialmente pericolosi” dieci No Tav – Terzo Valico e vieta loro di andare a Genova per tre anni senza aver fatto alcunché, ma lascia a piede libero padrini e picciotti.
La legge gongola, mentre là fuori le ruspe bruciano e gli amici ringraziano.