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Ci vogliono i bei gesti oltre che le belle penne

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

“Ci vogliono i bei gesti oltre che le belle penne” Cit. Assalti Frontali – Profondo Rosso – Cattivi Maestri

Ci sono alcuni momenti nella storia dei movimenti che vengono impressi nella memoria collettiva e scolpiti come sulle pietre. Momenti che segnano punti di svolta o di rottura, che sanno essere esemplari e segnare in modo indelebile la condotta che da quel momento in poi il movimento seguirà.

Basti pensare a quel primo esproprio del 10 Luglio 2012 a Libarna, impresso anche su pellicola nel documentario “Giù le mani dalla nostra terra” che ha affermato con tanta semplicità come davanti all’esecuzione degli espropri sia giusto e necessario mandare via gli uomini del Cociv e chi li accompagna.

Oppure a quelle cinque parole cariche di un potere evocativo grandissimo: Di qui non si passa! Parole pronunciate a Genova sempre al blocco di un esproprio e che sono valse le prime denunce ai danni degli attivisti del Movimento No Tav – Terzo Valico.

O ancora quelle balle di paglia a sbarrare le vie di accesso a Moriassi ad Arquata, balle che stavano lì a dimostrare tutto il legame con la propria storia e la determinazione ad usare ciò che la natura e il sapiente lavoro umano offrono per bloccare l’esecuzione degli espropri.

O il blocco con conseguente smontaggio della prima trivella a Libarna a cui sono seguiti quelli delle trivelle ad Arquata, Trasta e Campomorone.

E da ultimo la giornata del 10 Luglio di quest’anno a Trasta, quella che è valsa per dieci attivisti piemontesi i fogli di via dai comuni liguri. Provvedimenti preventivi di una gravità assoluta rispetto ai quali tanta è stata la solidarietà espressa dai comunicati e ancora di più quella che si è respirata Sabato al mercato di Arquata. Provvedimenti che dovrebbero far impallidire i sinceri democratici, troppo impegnati al banchetto delle compensazioni e della spartizione della torta degli appalti. Fogli di via che hanno colpito chirurgicamente per fare male al movimento e che ben rappresentano la fase politica che questo paese sta attraversando. Costruire l’alta velocità e chiudere le linee pendolari, investire decine di miliardi in grandi opere inutili e non avere i soldi per ristrutturare le scuole, difendere il malaffare e la corruzione e reprimere i cittadini impegnati nella “battaglia degli espropri” contro un’opera inutile.

“Battaglia degli espropri” ben lungi dall’essersi conclusa ma oggi da sola non più sufficiente.

Non lo è più nella misura in cui se è vero che in territori come Arquata solo per allargare una strada devono ancora espropriare i terreni, lo stesso non può più dirsi per Voltaggio o Pontedecimo.

Adesso che il cantiere della Finestra Valpolcevera è stato aperto con l’ausilio di un centinaio di uomini delle forze dell’ordine in assetto antisommossa e la militarizzazione dell’area, il tentativo di spendere i soldi stanziati (circa un sesto del totale) per l’esecuzione del Terzo Valico ha subito una forte accelerazione.

Se a Gavi, Serravalle e Arquata secondo i comitati quello degli espropri continua ad essere il nodo centrale su cui muovere l’iniziativa, lo stesso non può dirsi per Voltaggio dove è vicino lo scavo della galleria di Servizio Vallemme (uno dei due fori pilota lasciati in eredità da metà anni ’90). Un cantiere abbandonato da quindici anni che lentamente sta riprendendo vita a partire da quel minimo di manutenzione interna che ha fatto sì che venisse tagliata l’erba e cambiata la recinzione ormai logorata da decenni di abbandono. Un non luogo, non più a Voltaggio e non ancora alla Bocchetta, rispetto al quale, occorre iniziare a ragionare per non farsi trovare impreparati nel momento in cui dovesse venire riaperto con l’intento di tornare a bucare l’Appennino. Un non luogo rispetto al quale, se non si commette l’errore di plasmare la realtà al proprio volere, sembra evidente prevalere l’indifferenza e la rassegnazione all’inevitabile da parte dei voltaggini e rispetto al quale si sconta la mancanza di percorsi di movimento oltre all’ormai inefficace iniziativa delle associazioni ambientaliste volta esclusivamente alla testimonianza.

Ad Arquata invece, dove è previsto il secondo dei due “grandi” lavori del primo lotto costruttivo, ci si prepara all’inaugurazione il 10 Agosto del Presidio No Tav – Terzo Valico di Radimero sui terreni in cui dovrebbe un giorno essere portata la talpa per lo scavo del pozzo indispensabile alla realizzazione del tunnel di valico.

Un presidio che oltre ad alimentare la tanta e buona socialità di cui un movimento popolare si nutre quotidianamente afferma qualcosa di semplice e immediatamente comprensibile a tutti: “Siamo su questi terreni e non ce ne andremo, costi quel che costi. Le talpe sono benvenute ad Arquata a patto che non siano quelle meccaniche che vorrebbero devastare la nostra terra”.

Tutto questo mentre sono in molti a dare per quasi certa la ripresa degli espropri sul versante piemontese a partire da Settembre.

Sul versante ligure sono invece due i fronti caldi in questo momento. Già domani si tornerà in strada a Trasta e dopodomani a Pontedecimo e Fegino per bloccare ancora espropri con il consenso degli abitanti.

Due giornate dall’esito non scontato rispetto alle quali il movimento ha chiamato alla massima mobilitazione e in cui sarà chiara ancora una volta la determinazione a non far passare gli uomini di Cociv.

E poi quel cantiere maledetto a Pontedecimo, aperto la settimana scorsa e rispetto al quale sono iniziate le prime iniziative di disturbo come quella svoltasi Giovedì pomeriggio. Una giornata che ha consegnato dai racconti di alcuni partecipanti tanta indignazione nell’aver visto gli alberi da frutta sradicati e la collina totalmente disboscata. Laddove c’era la vita oggi c’è solo morte e distruzione a ricordare che la devastazione ambientale più volte annunciata è ormai iniziata. Quella indignazione dovrà adesso trasformarsi in rabbia, l’impotenza in azione, senza fretta ma con tanta determinazione.

Così come le reti vengono alzate possono e devono cadere, così come qualcuno si deve recare a lavorare, qualcuno glielo può impedire, così come qualcuno è intento a devastare, qualcuno può fermarli. Un qualcuno da declinarsi al plurale nella migliore delle tradizioni del Movimento No Tav – Terzo Valico. Qualcuno che faccia qualcosa alla portata di tutti, in sintonia col sentire popolare, facilmente riproducibile e soprattutto che rimanga scolpito nella pietra.

Che sia chiaro: i cantieri per rimanere aperti dovranno essere protetti e anche se protetti non è detto che saranno al sicuro.

Avanti tutta! Abbiamo iniziato per fermarci quando rinunceranno a costruire il Terzo Valico e forse non ci fermeremo neppure allora…

C’è il rischio di prenderci gusto a difendere la propria terra e ad occuparsi del proprio futuro e di quello dei propri figli. La pratica della democrazia, quella vera, è un virus contagioso da cui è difficile liberarsi.