
di Antonello Brunetti
Dopo “Moretti dixit” ecco un altro documento da inserire nel proprio archivio: l’intervento di Stefano Lenzi in occasione del convegno del WWF (“I progetti TAV; le alternative per rilanciare la ferrovia”), tenutosi a Milano il 21 maggio 2004. La trascrizione è parziale.
Il progetto Terzo Valico dei Giovi
linea AV/AC Genova-Tortona
a cura di Stefano Lenzi, responsabile Ufficio istituzionale e legislativo WWF Italia
• Cronistoria
La vicenda della linea ferroviaria ad Alta Velocità Milano-Genova o meglio del cosiddetto Terzo Valico dei Giovi (39 km di galleria), come prima “tratta funzionale” di questo progetto, rappresenta un caso esemplare di come vengano vagliate e selezionate le cosiddette opere strategiche a livello nazionale e comunitario. Un caso esemplare che ci consente di capire come lobby affaristiche, legate a precisi interessi territoriali e a rendite di posizione, riescano nel nostro paese, ma evidentemente anche a Bruxelles, a condizionare scelte, che non hanno alcuna giustificazione trasportistica, in una sorta di reinterpretazione delle politiche del “new deal”, in chiave parassitario/assistenzialistica.
Occorre ricordare che la linea ad AV Milano-Genova entra solo all’ultimo momento nella grande spartizione condotta alla fine del 1991, prima dell’entrata in vigore delle norme europee sulle gare internazionali, serve a dare una “rappresentanza” e una committenza al Gruppo Montedison (a capo di una cordata che vedeva anche Ligresti e Gavio), tra le holding più potenti di allora, che sino all’ultimo momento era stata esclusa dalla cabina di regia per l’affidamento a trattativa privata dell’AVF in cui si erano insediati solidamente gli altri gruppi imprenditoriali protagonisti: Fiat, Eni e Iri. Tutto ciò è ben documentato nel libro del giudice Ferdinando Imposimato in cui si riferiscono le dichiarazioni dell’unico presidente della Tav, Salvatore Portaluri, che cercò procedure corrette e quindi durò poco.
Per giustificare la fattibilità dell’A.V. MI-GE e del cosiddetto Terzo Valico sulla direttrice Milano-Genova sono stati presentati alla. Valutazione di impatto ambientale dal 1992, ben quattro progetti. I primi tre sono stati bocciati nel 1994, nel 1998 e nel 2000. Solo nel 2003, grazie ai marchingegni semplificativi e acceleratori della Legge Obiettivo viene dato dal CIPE giudizio positivo di compatibilità. Giudizio che verrà impugnato di fronte alla giustizi amministrativa dai comitati dei cittadini e dagli ambientalisti.
È dal 1991 che i “promotori” di quest’opera inutile ritengono con accanimento che la sua realizzazione sia assolutamente urgente e necessaria asserendo, che le tre linee di valico già esistenti al servizio di Genova siano sature. In questi 14 anni le due linee storiche dei Giovi e la Voltri-Ovada invece sono ancora significativamente sottoutilizzate, mentre languiscono i lavori sulla Genova-Ventimiglia e sulla Pontremolese, a servizio del porto di La Spezia, e la nuovissima linea Savona-Torino, adatta per gli High Cube, è lasciata nel dimenticatoio. Ben cinque linee di valico al servizio dei porti liguri che secondo le stime degli ambientalisti potrebbero, se potenziate, assorbire un traffico, secondo valutazioni prudenziali, sino a 9.000.000 Teus e con solo lavori di ammodernamento sino a 4.350.000 Teus.
Il tentativo forzoso di indirizzare tutto il traffico litoraneo proveniente da Sud (Civitavecchia, Livorno, Spezia) e da Nord (confine francese e Savona) sull’unico imbuto della direttrice per Milano per giustificare la saturazione delle linee non è ad oggi riuscito. Ed allora si è ricorsi a previsioni che fanno stimare il bulimico traguardo dei 5.000.000 Teus sull’unica direttrice Genova-Milano al 2015. O si è “agganciata” la realizzazione della nuova linea a progetti di reti transeuropee, prima facendo un riferimento martellante alla Lisbona-Kiev ed oggi, dopo l’intervento del gruppo di lavoro Van Miert, alla Genova-Basilea-Rotterdam-Anversa.
L’impressione nella sostanza è che, visto il lavoro di pura collazione compiuto dal Gruppo di lavoro Van Miert, siamo anche in ambito comunitario di fronte ad un’azione di pura e confusa propaganda. Da una parte l’Europa non ha inserito il Terzo Valico nella quick start list, cioè tra le opere subito cantierabili e finanziabili; dall’altra nei documenti comunitari si parla esplicitamente di realizzazione di un linea ad AV passeggeri, smentendo di fatto la vocazione merci del progetto: che pasticcio!
Questa tendenza giustificazionista a livello comunitario si inserisce in un quadro locale molto preoccupante. Con arroganza, che potremmo definire feudale, vari attori stanno provocando scempi sul territorio interessato in qualche maniera alla realizzazione dell’opera. Nel 1998, come ricordato, si arrivò al sequestro da parte dei NOE dei Carabinieri dei cantieri di Co.Civ. per i danni provocati nell’Appennino da presunte indagini geodiagnostiche che, invece, erano tutt’altro: vere e proprie gallerie di servizio per di più non autorizzate. Dal 2001 e sino ad oggi assistiamo alla vertenza della Val Lemme con i danni che deriverebbero al Parco della Capanne di Marcarolo e al sito di Interesse Comunitario dell’Alta Val Lemme. A gennaio del 2004, inoltre, è iniziato davanti al Tribunale di Milano il processo penale, ora trasferito a Genova per competenza, contro il senatore Grillo e altri (tra cui l’allora Amministratore Delegato della TAV Incalza) per truffa aggravata ai danni dello Stato, legata proprio alle autorizzazioni per la realizzazione delle gallerie di Fraconalto e Molini di Voltaggio, a suo tempo sequestrate dai NOE.
E questo vizio di realizzare interventi “propedeutici” senza nemmeno la VIA regionale devastando il territorio non è mai venuto meno se si pensa che al punto 2 della Delibera CIPE 78/2003, che fornisce il giudizio di compatibilità ambientale e approva il progetto preliminare, si autorizzano interventi (strade, cave e depositi, finestre di servizio della galleria di valico) da avviare “separatamente e anticipatamente” rispetto al progetto definitivo.
Questo per dare un’idea di quale sia il clima che si respira in Italia con la legislazione speciale per le cosiddette opere strategiche in violazione a nostro avviso delle Direttive Comunitarie sulla VIA e sui Lavori pubblici.
• I giudizi di compatibilità ambientale
Ma ripercorriamo, sinteticamente, i contenuti dei vari giudizi di compatibilità ambientale condotti sino ad oggi, resi a conclusione di procedure VIA, che hanno visto in ogni fase di Osservazione (ai sensi dell’art. 6 della L. n. 349/1986) le controdeduzioni di ambientalisti, in prima fila del WWF, e comitati locali .
Prima di affrontare il contenuto dei giudizi di compatibilità ambientale, bisogna sottolineare che, senza nemmeno calcolare i costi aggiuntivi degli impatti legati alla cattiva progettazione, si passa dai circa 4 mila miliardi di lire iniziali “a prezzo bloccato” (10 mila stimati a consuntivo) destinati alla realizzazione dell’intera linea, ai 4 miliardi e 700 milioni euro previsti attualmente (2004) per la realizzazione del solo cosiddetto Terzo Valico, poco più di 1/3 dell’intera linea. E la progettazione è veramente pessima, come dimostrano le varie procedure VIA.
Il 2 giugno 1994 viene emanato il decreto congiunto dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali che contiene un giudizio negativo di compatibilità ambientale del primo progetto presentato da Co.Civ., che prevede la realizzazione di una linea ad Alta Velocità Genova-Milano di circa 127 chilometri (per treni che raggiungano i 300 km orari), che corre parallela alle linee storiche dei Giovi e, raggiunta la Pianura Padana, affianca l’autostrada A7. I ministeri sottolineano come lo studio di impatto ambientale presenti numerose carenze riguardanti, tra l’altro, le interferenze con le aree protette del Ticino e di Parco Sud di Milano; le interferenze con territori ad alta vocazione agricola; la pesante cantierizzazione; la superficialità delle indagini geotecniche ed ecosistemiche; l’approssimazione delle indagini su rumore e vibrazioni; la sussistenza di tratti di paesaggio ad alto rischio (Abbazie di Chiaravalle e di Rivalta, passaggi sul Ticino e sul Po).
Il 15 luglio 1998 il nuovo giudizio negativo di compatibilità ambientale, firmato sempre dai due ministeri competenti, sul secondo progetto presentato da Co.Civ., quello definito “con la gobba” che prevede un tracciato tortuoso per una linea ad AV Genova-Alessandria-Milano di complessivi 137 km circa, per treni passeggeri che possano raggiungere la velocità massima di 300 km. Nella bocciatura governativa: si ritiene: troppo elevato l’impatto della galleria di Valico “Flavia”, di circa 16 km, che da Paveto – vicino Genova – viene orientata in direzione Novi Ligure (Alessandria); le previsioni relativi ai traffici ferroviari sono generiche e sovradimensionate; non vengono esaminate alternative al progetto e l’opzione zero; gli innesti con i nodi di Genova e Alessandria risultano critici, come anche le connessioni con Rivalta Scrivia e con la linea Piacenza-Milano; non vengono considerati i rischi in aree franose agli imbocchi e alle uscite della galleria di valico (in località Ferma, Valvassini e Monterotondo); non vengono calcolati i danni alle attività agricole e ad aree di pregio ambientale; le interferenze con le altre infrastrutture.
Il 5 settembre 2000, a seguito della richiesta di interruzione della procedura da parte delle associazioni ambientaliste e dei comitati del 21 febbraio 2000 (a causa della lacunosità della documentazione presentata da Co.Civ.), viene resa dal Ministero dell’Ambiente, d’intesa con quello dei Beni Culturali, la “pronuncia interlocutoria negativa”. La pronuncia obbliga il consorzio a presentare un altro progetto che deve essere sottoposto di nuovo a pubblicazione e ad una nuova fase di osservazioni. Naufraga così il terzo progetto elaborato da Co.Civ. per la realizzazione di un Terzo Valico ad A.C. (siamo dopo la verifica parlamentare sull’A.V.), con una galleria di oltre 35 chilometri, per le merci sulla direttrice Genova-Arquata Scrivia-Novi Ligure. Il Ministero dell’Ambiente rileva come non sia stato valutato l’impatto ambientale relativo al numero e all’ubicazione delle finestre, delle aree di deposito e degli smarini e come siano stati scarsamente approfonditi gli aspetti idrogeologici, relativamente in particolare alla intercettazione di falde e sorgenti.
Il 29 di settembre del 2003, il CIPE, nel perfezionamento della procedura prevista dal D.Lgs. n. 190/2002, attuativo della Legge Obiettivo (L. n. 443/2001) dà invece giudizio di compatibilità ambientale positivo. A quanto risulta alle associazioni ambientaliste il quarto progetto di Co.Civ., che prevede la realizzazione di tratti in galleria per circa 39 km complessivi sulla direttrice Genova-Libarna con “sfiocco” verso Novi Ligure, ha visto sì, il 30 agosto, il parere positivo da parte della Commissione Speciale di VIA per le opere strategiche ma dopo aver avanzato almeno 27 richieste di integrazione al progetto originario, che non è stato riproposto in pubblicazione.
Gli ambientalisti denunciano, in sintesi, che il progetto da loro conosciuto dimentica gli studi di incidenza su 4 SIC investiti dall’infrastruttura e dai cantieri, luoghi di deposito, cave; è assolutamente superficiale per la parte geologica e idrogeologica; non presenta il calcolo di massima del costo dell’opera; manca dello studio delle alternative sino all’opzione zero e di un serio calcolo costi-benefici comparativo; di credibili scenari programmatici e trasportistici; di un quadro completo dei vincoli ambientali, paesaggistici e urbanistici.
Nella sostanza, si segnala che il progetto preliminare presentato non rispetta le procedure e non risponde agli standard tecnici comunitari previsti per la VIA e dalla normativa sui lavori pubblici e che sia in contrasto con i requisiti richiesti in Italia dal DPCM n. 377/1988 (sulla VIA) e dalla L. n. 109/1994 (sugli appalti pubblici), oltre che a prevedere un avvio dei lavori anticipato in violazione degli artt. 3 e 9 del D.Lgs. n. 190/2002. Questi sono stati tra gli argomenti del ricorso al TAR. Del Lazio presentato il 17 marzo 2004 dall’Associazione Afa e dalle associazioni ambientaliste nazionali..
• Il quadro istituzionale
Nella sostanza, anche per il Terzo Valico dei Giovi non si tengono in alcun conto le indicazioni sugli interventi prioritari dei gruppi tecnici interministeriali (Trasporti e Ambiente) del 1997 e del 1999 e della verifica parlamentare, conclusa nel 1999, che aveva riformulato l’obiettivo dell’AV in AC.
Non si tiene conto dell’assenza di fonti di finanziamento nazionali (come confermato dal Contratto di programma RFI 2001-2005) ed europee (mancato inserimento nella quick start list). E, comunque, ci si affida acriticamente a un generico impegno comunitario per le nuove TEN.
Si continua ad accreditare e difendere il rapporto contrattuale con Co.Civ., pur in presenza dell’apertura (il 21 marzo 2004) della procedura di infrazione della Commissione Europea per violazione da parte dell’Italia degli articoli 43 e 49 del Trattato che regolano la libera concorrenza per l’affidamento diretto a trattativa privata ai General Contractor, scelti fra i maggiori gruppi industriali italiani, delle tratte ad AV MI-GE, della MI-VR e MI-PD.
Si sottovalutano i contenziosi amministrativi e penali aperti sul territorio legati alla costruzione di questa “grande opera” e anzi si avallano gli scempi già compiuti in violazione di legge.
• Le alternative al Terzo Valico
Abbiamo ricordato all’inizio che l’Autorità Portuale prevedeva al 2015 un traguardo di 5 milioni di Teus per giustificare la costruzione del cosiddetto Terzo Valico.
Ora si deve ricordare, e sono valutazioni prudenziali, che le linee esistenti al servizio del Porto di Voltri, in via di potenziamento e adeguamento, potrebbero assorbire da sole ancora un traffico pari a 4.750.000 di Teus: sulle due linee storiche dei Giovi possono essere instradati ancora 150 treni in più al giorno per senso di marcia, mentre sulla linea Genova-Ovada, potrebbero andare, se raddoppiata interamente, altri 70 treni al giorno.
Le altre linee di valico al servizio dei porti liguri, in una logica di rete e non di instradamento su un’unica direttrice, hanno ancora grandi potenzialità: la Savona-Torino (con collegamenti con i Valichi di Modane e Domodossola) avrebbe una potenzialità, con il raddoppio delle due tratte in salita (via Ferrania e via Altare), con un piccolo intervento tra Ceva e San Giuseppe di Cairo (20 km), di 145 treni/g; la Parma-La Spezia, meglio conosciuta come Pontremolese (con collegamenti con il Brennero e i valichi del Nord Est) che, se adeguata e potenziata, consentirebbe di ottenere un incremento delle tracce pari a 150 t/g
Queste sono le cifre reali che confermano, se ce ne fosse bisogno, che non si sente alcuna necessità di un nuovo “buco” nell’Appennino ligure-piemontese che si aggiunga agli scempi già provocati da Co.Civ. . Sono invece urgenti e necessari interventi di adeguamento e potenziamento delle linee di valico esistenti al servizio della portualità ligure.
Anzi, qualcuno dovrebbe spiegare come mai ad oggi, nell’instradamento delle merci da Sud a Nord, non si sia puntato sulla Pontremolese, che serve il Porto di la Spezia, che dovrebbe essere funzionale al corridoio multimodale TIBRE (Tirrenica-Brennero) e interferire positivamente on il sistema padano (dove sono presenti numerosi interporti) e con le linee Torino-Milano-Venezia e Torino-Piacenza-Bologna.
Se, poi, si volessero fare solo semplici interventi di ammodernamento sulle linee liguri già oggi potremmo avere un incremento dei traffici merci pari a 4.350.000 Teus, intervenendo solo sulle due linee storiche dei Giovi (2.400.000 Teus), sulla Voltri-Ovada-Alessandria (500.000) e sulla Pontremolese (1.450.000 Teus).