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Lo shunt di Novi Ligure: facciamo chiarezza

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Oltre a stendere il tappeto rosso al Cociv e negare che esista un grande movimento che monta dal basso contro quest’opera, l’amministrazione novese pone, da mesi, alcune questioni nel merito del progetto. Lo fa per salvare la faccia, per non mostrare un totale immobilismo di fronte alla città, ma anche per non disturbare più di tanto il consorzio costruttore con domande difficili come “avete per caso trovato dell’amianto nei monti?”

Le questioni che il Comune pone, infatti, sono di quelle da cui si può uscire sempre in maniera piuttosto elegante: uno “studio di fattibilità per un tracciato alternativo che non preveda lo shunt ma il salto del montone al posto dell’interconnessione con la linea esistente”. Per un tecnico non c’è problema a capire di cosa si sta parlando, ma i quasi 30000 novesi non sono tutti tecnici, cionondimeno sarebbero interessati a capirne qualcosa.

Proviamo dunque a spiegare cosa vogliono dire i documenti prodotti nel palazzo alla luce della recente visita del Cociv in cui è stata ufficializzata la futura realizzazione del suddetto studio per la cancellazione dello shunt.

 

LO SHUNT

Intanto si pronuncia “sciànt”. Cos’è?

Una specie di svincolo sotterraneo di circa 7 km che parte dal Basso Pieve e si stacca progressivamente dal ramo principale del Terzo Valico. Il ramo principale, proveniente da Serravalle, attraversa le campagne novesi e tira dritto fino a Tortona, mentre lo shunt si stacca per virare decisamente ad Ovest, passando tra il campo di aviazione e l’abitato di Pozzolo, dietro l’Ilva e la discarica novese, per ricongiungersi alla linea storica che da Novi va verso Alessandria.

Se fosse costruito, intercetterebbe nel suo tragitto la falda acquifera che in quella zona è molto superficiale, producendo un “effetto diga” sotterraneo che altererebbe per sempre il nostro equilibrio idro-geologico. A monte dello sbarramento, a Novi, il livello di falda si innalzerebbe molto, con effetti imprevedibili. Mentre a valle, cioè a Pozzolo, si rischierebbe di rimanere a secco della preziosa risorsa.

A cosa serve?

A smistare cose che non esistono (le merci) in direzioni per le quali non andranno (Torino e Milano). Il famigerato shunt era stato chiesto dalla Regione Piemonte intorno al 2000, perché le stime di traffico merci dovute a quest’opera erano tali che temevano che i binari in centro a Novi fossero inondati di container. Sappiamo bene quanto quelle stime siano infondate, truffaldine e utili solamente a colare altro cemento, ma è andata così. Cociv recepì le indicazioni della Regione e disegnò una generosa curva ferroviaria tutto attorno a Novi. Il contrattempo non dispiacque minimamente ai costruttori perché significava allungare di 7 km l’opera, facendo lievitare di un miliardino i costi.

Robbiano, che conosce benissimo il parere della Regione tanto da citarlo in un consiglio comunale, spaccia l’abolizione dello shunt come la salvezza per Novi e per lo scalo di S.Bovo. Far passare le merci fantasma dentro Novi “al massimo a 100km/h” come stabilito dai tecnici del Comune nelle osservazioni del 2005 permetterebbe di farle transitare anche per il vecchio scalo merci subito a valle della città.

C’è un’evidente contraddizione nel voler costruire l’alta velocità per liberare le linee per il trasporto pubblico locale e poi chiedere che i supertreni passino sui binari in centro. Con quali garanzie per la sicurezza? E non ci hanno fracassato le scatole per anni dicendo che quella linea era satura? I dirigenti del Comune sono già talmente sicuri che vanno in giro a raccontare ai cittadini che i frecciarossa fermeranno nella stazione novese, nonostante il Terzo Valico passi da tutt’altra parte.

Negli ultimi dieci anni poi si era detto che serviva per le merci, non per le persone. Sulle carte è una linea mista, peccato che le linee miste ad alta velocità non esistano per tutta una serie di ragioni tecniche, dalla diversità di peso e velocità dei due convogli, all’usura per i binari, i tempi di manutenzione, i raggi di curvatura. Le ferrovie lo sanno bene, infatti sui tratti già realizzati in Italia non è mai passato un container, manco uno, altrimenti addio velocità.

Ma mettiamo, contrariamente a quanto succede oggi in Italia, che sia veramente una linea per le merci. Mettiamo di dover veramente trasportare cose che non ci sono in posti in cui non devono andare, tipo Rotterdam. Mettiamo, contrariamente ai dati del porto di Genova, di avere trilioni di container zeppi di felpe dal Bangladesh, insanguinate ma molto trendy e “made in Italy”. Mettiamo pure, e questa è la cosa più improbabile, che il Sindaco riesca a convincere i banditi del Cociv a rinunciare a 7 chilometri di cemento, con un mancato guadagno di circa un miliardo di euro.

Quale sarebbe il ruolo cruciale dello scalo merci di S.Bovo nella movimentazione di questi prodotti? Nessuno: le lavorazioni redditizie, quelle che portano un valore aggiunto, si svolgono poco più su, nell’interporto di Rivalta Scrivia. Le merci, se mai quest’opera dovesse portarne, verrebbero lavorate lì, perché così vorrebbero i Gavio. E arriverebbero lì non attraversando Novi e San Bovo, ma dal tratto di linea che passa appositamente nelle campagne novesi, devastandole. Da lì, una volta lavorate, di nuovo sui camion, vanificando i bei discorsi sul trasporto su ferro.

Questo “piccolo” particolare il sindaco Robbiano finge di non saperlo. Shunt o non shunt, le campagne novesi verrebbero comunque devastate da questo progetto. Le merci non arriveranno nella misura attesa perché, come è noto ormai a tutti, le stime erano e sono false. Lo scalo di San Bovo proseguirà nel suo lento ed inesorabile declino perché le scelte politiche dei governi hanno affossato, negli anni, il sistema di trasporto su rotaia per favorire le potenti lobbies degli autotrasportatori.