
Ovvero l’intellighenzia si-tav
Il day-after della grande marcia no tav tra Serravalle ed Arquata è un tripudio di immagini, video, interviste, sui giornali e sulla rete. Senza dubbio un successo, ma cosa succede contemporaneamente nei palazzi? A Novi, roccaforte si tav in una provincia fatta di comuni sempre più titubanti, la maggioranza gioca da mesi tutte le sue carte per imbellettare la sua debole strategia attendista. Sapendo di non potersi schierare dalla parte dei cittadini cercano di tenerseli buoni con ogni mezzo necessario. E via pagine acquistate sui giornali, onorevoli e consiglieri regionali mobilitati, interviste fumose e allusive.
Ultimamente, dopo aver cercato di far passare in consiglio regionale un emendamento in favore del terzo valico senza discuterlo in aula (grazie a Rocchino Muliere), l’onorevole Lovelli presenta un’interpellanza in parlamento circa la presenza di materiali pericolosi. La risposta è che l’amianto c’è, ma in modeste proporzioni e comunque non è pericoloso. In caso dovessero trovarlo approfondiranno i sondaggi. Quindi l’amianto, che fino ad ora per Cociv non esisteva, esiste. Ce lo dice un sottosegretario di un governo eletto da nessuno, citando i dati segreti di analisi fatte non si sa quando e non si sa dove. L’amianto dunque, come il vino, in piccole quantità non fa male. Ringraziamo l’illustre sconosciuto per averci spiegato che i principali esperti mondiali si sbagliano circa la pericolosità delle singole fibre di amianto.
Se da una parte questa può sembrare una ridicola idiozia, essa non è assolutamente da sottovalutare. Fino a qualche mese fa l’allegro commissario governativo per l’opera Lupi (quello condannato per essersi fatto ristrutturare un villino al mare con soldi pubblici) diceva “che problema c’è? Se troveremo l’amianto ci fermeremo”. Ora è chiaro, se ce ne fosse stato bisogno, che l’intento è quello di stabilire per legge che anche in presenza di materiali pericolosi si può lavorare, in barba a quella legge del 1992 che stabiliva l’assoluto divieto di cavare amianto in Italia. Poco importa se sia cavato per lavorarlo e venderlo o se sia un rifiuto di scavi infrastrutturali. L’amianto è stupido, non sa distinguere e tende a far danni in entrambi i casi.
Questa dichiarazione, così rispettosa di tutti i morti per mesotelioma nel nostro paese, fa il paio con la notizia che è entrato in vigore un decreto approvato a ferragosto dal governo che semplifica ulteriormente lo smaltimento del materiale di risulta degli scavi. Molti agenti inquinanti vengono dichiarati “non rifiuti” per decreto, rendendone possibile la dispersione sul territorio senza nessun trattamento. Si tratta degli schiumogeni e delle resine utilizzate dalle grandi frese per scavare i tunnel, ma anche: “calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro, vetroresina e miscele cementizie”. Siccome non è abbastanza per soddisfare le esigenze di Impregilo e compagnia, viene anche aggiunta una postilla: “in situazioni di emergenza dovute a causa di forza maggiore” (quali?) si può sostituire l’autorizzazione per il riutilizzo delle terre da scavo con una semplice autocertificazione. Ovvero scavi quello che vuoi e lo metti dove ti pare senza chiedere niente a nessuno. Una volta chiuso per sempre il buco, fai l’autorizzazione. Questo eliminerebbe anche l’ultima possibilità, se pur flebile, di scoprire traffici illeciti di rifiuti nei cantieri dove le mafie, come ampiamente dimostrato dalle inchieste, sono di casa.
Unitamente alla legge obiettivo del 2001 queste norme chiudono il cerchio per quanto riguarda le grandi opere, permettendo che nel nostro paese vengano dirottate enormi quantità di denaro pubblico verso gruppi privati per costruire progetti la cui utilità non viene verificata da nessuno, a cui nessun piano regolatore comunale può opporsi, né altri organismi possono verificarne la trasparenza degli appalti, che non vengono effettuati con regolare gara ma con l’affidamento diretto. Lavori che non subiranno più a questo punto controlli sui materiali utilizzati, facilitando lo sversamento di qualunque tipo di porcheria nelle fondamenta degli edifici, nelle cave, sotto le strade, nei fiumi. Circa eventuali rilevanze penali per i danni irreversibili arrecati al territorio, farà giurisprudenza la sentenza della cassazione che assolve la dirigenza di impregilo per lo scempio del Mugello, in quanto erano in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie.
Il nostro onorevole Lovelli, dopo aver sbandierato la sua preoccupazione per il territorio, dopo essersi guadagnato le prime pagine locali per la sua interrogazione parlamentare, è soddisfatto della risposta del governo circa la presenza ormai appurata, ma segreta, di amianto nei nostri monti.
Quello che invece i novesi non sanno è che il nostro, insieme al sindaco Robbiano e “l’esperto” Mallarino, si stanno adoperando per tenere buoni gli espropriati. Telefonate, promesse, vasellina, incontri, ancora promesse, tutto il necessario per evitare di far scoppiare a Novi la questione degli espropri che quest’estate ha tenuto banco nella cronaca da Serravalle fino a Genova. All’ultimo di questi incontri, pochi giorni fa, c’era anche il Cociv. Pensano che noi non lo si venga a sapere, e sbagliano. Ma sbagliano ancor di più se pensano che questi provvedimenti da carbonari abbiano in futuro qualche effetto.
Recentemente Mallarino è stato (in gran segreto) eletto dai vari comuni della zona a capo del famoso osservatorio tecnico che dovrebbe avere il compito di agevolare i lavori facendo finta di essere imparziale. Il comune di Arquata, reo di essere schierato contro la tav, è stato democraticamente escluso da queste consultazioni.
Così, mentre a palazzo infuria la battaglia tra renziani e bersaniani, capita che migliaia di persone scendano in piazza per urlare il loro schifo per questa politica. Loro, vecchi rottami e giovani vecchi dentro, sono troppo impegnati per accorgersi di quello che accade. Peggio per loro, mai dare le spalle al mare quando le onde sono grosse.