
Provate a pensare, anche solo per un istante, di essere un contadino che vive del lavoro della propria terra e che si vede recapitare a casa una lettera di esproprio che gli intima di lasciare liberi entro quindici giorni i suoi terreni.
Provate a pensare ai vostri nonni, quelli per cui coltivare un piccolo orto è foriero di soddisfazioni impagabili e aiuta a passare la vecchiaia tenendosi attivi e in movimento.
Provate a pensare che chi gli vuole portare via la terra, non si è mai presentato a spiegargliene la ragione, non ha un volto, una sede a cui rivolgersi per portare le proprie rimostranze e vuole pure pagare quattro soldi per quel pezzo di terra.
Provate a pensare che quel contadino e quell’anziano sanno anche che la ragione per cui gli esproprieranno le terre è la costruzione di una grande opera inutile dal costo di 6,2 miliardi che porterà con sè anni di lavori, la distruzione delle falde acquifere e degli acquedotti, centinaia di camion al giorno che gli passeranno davanti alle finestre di casa carichi di amianto.
Voi come reagireste?
Inizia ad essere più semplice capire la ragione per cui i valsusini si sono trasformati da mite popolo piemontese a comunità in lotta che difende da decenni la propria terra?
Vi stupireste a scoprire che nei giorni degli espropri giovani e anziani, uomini e donne si organizzassero per impedire un simile atto di arroganza, violenza e prepotenza?
Francamente, ammesso che non si decida di amare di essere trattati come sudditi, non c’è nulla di cui stupirsi e tante cose ora sono più chiare per tutti.
Che cosa succederà in quelle giornate è tutto da scoprire e cosa riusciranno a fare le comunità locali insieme al movimento lo vedremo.
Sapendo che davanti alla provocazione di sette giornate di esproprio calendarizzate non casualmente a fine Luglio, in giorni lavorativi, serve una risposta forte e chiara da parte di chi non ci sta a vedere calpestata, prima ancora che la propria terra, la propria dignità.
Sapendo che sette giorni sono tanti, le persone devono lavorare, molti riusciranno ad esserci solo in alcuni momenti.
Sapendo, soprattutto, che quelle giornate non rappresenteranno in nessun caso la vittoria o la sconfitta di un movimento popolare contro il partito del malaffare, del tondino e del cemento.
Tutti sanno che si tratta solo di una prima battaglia di una lunghissima lotta che proseguirà fintanto che non rinunceranno alla costruzione del Terzo Valico.
Dopo gli espropri, a cui verranno presentati ricorsi, i signori del Cociv dovranno prendere possesso dei terreni. Se mai riusciranno a prenderne possesso dovranno poi aprire i cantieri, sapendo bene che in un territorio come Moriassi che gli arquatesi conoscono palmo a palmo la vita non sarà certamente facile per chi verrà considerato dagli abitanti al pari di invasori e distruttori.
Un vecchio adagio arquatese della saggezza popolare riporta il seguente detto:
“QUEI D’ARQUO’ TUCAIGHE A MAN E LASAILI INDO'”
“A QUELLI DI ARQUATA DATE LA MANO E LASCIATELI ANDARE”
Questo detto vuol dire che gli arquatesi sono pronti a stringere le mani di tutti, anche di quelli del Cociv. Un secondo dopo è meglio però lasciarli stare, non cercare rogne. Raramente la saggezza popolare racconta frottole, soprattutto se gli arquatesi sanno di essere dalla parte della ragione.
Buon viaggio e buona lotta splendida comunità mai doma…