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Rovesciare la scacchiera

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

 

“L’ISIS è una minaccia temporanea. Quando non ci saranno più armi e finanziamenti, non ci sarà più neanche Daesh. Se chiedete ad un rifugiato siriano da che cosa è fuggito, vi dirà che è fuggito da Assad”. A dirlo è Abdalaziz Alhamza, co-fondatore di Raqqa is being slaughtered silently, al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, nel 2016.

Il presidente Bashar al-Assad, succeduto al padre nel 2000, ha instaurato in Siria un regime a cui il popolo si è ribellato nel 2011 durante la Primavera Araba. La repressione delle proteste fu violentissima e il conflitto civile che ne è seguito ha provocato oltre 320 mila morti e costretto milioni di sfollati alla fuga.
Per i potenti del mondo Assad è stato prima un potenziale alleato nella guerra al terrorismo e poi di nuovo un nemico quando, l’8 aprile scorso, gli è stata attribuita la responsabilità di un attacco aereo con armi chimiche a Douma.
Al suo fianco c’è la Russia di Vladimir Putin che lo sostiene politicamente e militarmente perchè in Siria ci sono due basi militari che garantiscono una presenza russa in Medio Oriente e perchè Mosca difende i suoi interessi legati all’estrazione del petrolio. Secondo il Cremlino, l’attacco chimico a Douma è una “montatura dell’intelligence straniera” per creare il casus belli.
Dall’altra parte ci sono Donald Trump, Emmanuel Macron e Teresa May. Tre delle principali forze della NATO che per riportare la pace e ristabilire la sicurezza internazionale decidono di sganciare bombe sui civili a Damasco. “L’Italia- assicura Paolo Gentiloni- supporta gli alleati, ma non è direttamente coinvolta”. Eppure c’è chi un coinvolgimento lo vede molto chiaramente nella base aerea e navale statunitense a Sigonella, in Sicilia.
Chi fa da mediatore tra l’Occidente e la Russia è Erdogan, il presidente turco che, a fine febbraio, nella totale indifferenza della comunità internazionale ha assediato Afrin, nel nord della Siria, per sottrarla ai curdi delle YPG (Unità di Protezione del Popolo) che, nel 2016, l’avevano strappata all’ISIS.
Insomma, tutte le potenze mondiali stanno combattendo contro il terrorismo ma, contemporaneamente, lo usano per i loro interessi. E di interessi in gioco ce ne sono tanti, da quelli economici a quelli espansionistici.

Il mondo in cui stiamo vivendo è una scacchiera su cui gli stessi schieramenti di sempre, anche se rappresentati da uomini e donne diversi, stanno giocando l’ennesima partita.
Le uniche forze sul campo che si sono concretamente opposte all’avanzata di Daesh sono le YPG e le YPJ (Unità di Protezione delle Donne). Le combattenti e i combattenti curdi, senza il supporto economico e militare di alcuna super potenza, hanno liberato la regione del Rojava dall’invasione dei terroristi e sulle macerie lasciate dalla guerra hanno costruito la rivoluzione sociale più importante del nostro secolo. Una rivoluzione anti-capitalista che si pone come obiettivo la realizzazione di una democrazia reale e autodeterminata.
I loro alleati siamo noi, popoli del mondo, che possiamo scegliere di non essere pedine sulla scacchiera e di far germogliare in ogni angolo della terra il seme piantato nella Siria del nord.
I popoli del mondo non devono limitarsi a sperare di vincere la guerra, devono aspirare costantemente ad impedirla, rifiutando di essere casualmente divisi tra chi uccide e chi muore.

 

Autrice

Lucia Tolve