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Riflessione sui graffiti

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

I graffiti sono la mia più grande passione sin dal primo momento che ne ho visto uno… e ricordo anche bene quel momento. Ero in prima elementare (1993) e stavo andando in gita con la classe. Durante il viaggio sul pullman, a un certo punto, un mio compagno gridò: “guarda, un murales!”. Guardai dal finestrino e vidi sul muro di una casetta dei Giardini Reali un disegno fatto a bombolette spray che raffigurava un sottomarino ai miei occhi stupendo. Per me quello fu veramente un colpo di fulmine. Un innamoramento a prima vista.
 Da quel giorno la mia passione non ha fatto altro che crescere: partendo dalle scritte sui fogli con il nome delle mie compagne di classe durante le lezioni, fino a quando, alle superiori, non ho conosciuto Simona a.k.a. Rebo (all’epoca Ebo). Una giovane writer che del Writing mi ha spiegato tutto. Del Writing e della scena del Writing nella mia città: Torino. Qualsiasi domanda sui writers torinesi, italiani o stranieri le facevi… lei sapeva! (L’oracolo la chiamavamo). Era il 2003 e in quel momento diventavo ufficialmente un writer.

I graffiti sono quei disegni stupendi che, oggi, possiamo ammirare un po’ dappertutto… sì, è vero. Però i graffiti nascono e sono tutt’ora una cosa di strada. Illegale. E anche quella è una forma d’arte che tu la capisca o no. Sono lettere, parole, tag.
E non venire a farmi il discorso sul segnare il territorio come i cani. Io ti sto parlando della componente artistica che c’è in questa cosa. Pensi che Picasso sia un genio perchè ha scomposto il volto di una donna in differenti punti di vista? Bhe, i writers fanno una cosa molto simile… però anziché con volti o oggetti lo fanno con le lettere. Esattamente come gli amanuensi o i tipografi hanno fatto con tutti quei bei “font” che ci piace tanto usare. La differenza è che amanuensi e tipografi dovevano creare lettere che fossero leggibili in modo da poter trascrivere dei testi… mentre ai writers non glie ne frega un cazzo che tu riesca a leggere cosa c’è scritto… che in genere poi è sempre la stessa parola che scrivono. Ma è lì il punto. L’arte sta proprio nello scrivere ogni volta la stessa parola, il tuo nome, in modo sempre differente e personale, sia come costruzione della lettera sia come stile di colorazione o effetti.
Quando ho iniziato a dipingere io, la scena di Torino era, a mio parere, stupenda. Vedevo crew compatte che si sfidavano a colpi di stile sui muri della città. E lo facevano nel rispetto di quelle regole non scritte del Writing. Ed era bello. Perchè c’era competizione artistica, ma c’era anche rispetto reciproco (chiaro, qualche eccezione ci sarà pur stata). In giro vedevo una marea di pezzi fighissimi e ogni writer aveva il proprio stile personale.
 E oggi invece??? …E oggi invece la scena fa letteralmente cagare! E parlo principalmente per quanto riguarda la scena illegale.

Il problema è che, almeno per quanto riguarda Torino, quello che è successo è che, pur di conquistare il dominio della scena, si è iniziato a puntare sulla quantità e non più sulla qualità… Poi magari ci riesci veramente a dominare la città con il tuo nome. Però ti sei lasciato alle spalle migliaia di pezzi schifosi…
Peccato che le nuove leve che si approcciano a questo mondo si ispirano a quello che vedono sui muri.. e se quello che vedono è che chi domina fa pezzi fatti alla veloce e male pur di dominare, automaticamente anche loro, pur di conquistarsi almeno una parte della scena, faranno male e alla veloce.
E quindi a questo punto, secondo me, si perde il vero cuore della questione… ovvero confrontare il proprio stile personale con quello degli altri writers, la gara a chi è il più bravo, a chi è più stiloso, a chi fa i pezzi più belli. E si finisce invece con il cercare di dominare gli altri, di farsi notare in un ambiente che, comunque, è sempre più popolato, ma non lo si fa cercando di fare un’opera più bella degli altri ma cercando di fare più opere degli altri. Magari anche coprendo pezzi già esistenti, senza nemmeno preoccuparsi di chi erano quei pezzi che hanno coperto o da quanti anni fossero lì (…e ho visto, con orrore, rullate di 40 metri fatte da ragazzini (tra l’altro spariti dalla scena un attimo dopo) coprire dei graffiti che erano storici per questa città. Graffiti che erano più vecchi di loro!!! …assurdo!) Ma è questo che conta ormai… 
…ironia della sorte, da che l’abbiamo tanto difesa quest’Arte a che siamo diventati veramente come quei famosi cani che pisciano sugli alberi.

Cazzo… una volta un writer quando doveva andare a fare un’azione si studiava bene la bozza per il suo pezzo, preparava i materiali necessari come fosse un equipaggiamento di guerra. Si andava sul posto diretti e concentrati con l’obbiettivo di fare un pezzo più stiloso degli altri. 
Oggi invece ciò che conta è solo la quantità. Quindi quanto il tuo pezzo sia bello o il tuo stile personale non ha più così importanza.

Una volta il writer che voleva imparare a dipingere si appartava in un posto isolato, con l’obiettivo di diventare bravo e quindi fare dei bei lavori. E poi, solo dopo aver fatto pratica, si spingeva in posti più visibili. Oggi invece il loro primo pezzo lo vanno a fare in pieno centro, magari non avendo nemmeno idea di come si faccia un pezzo.
Oggi la gente vomita sui muri (throw-up appunto…) si buttano nei punti più visibili della città e ricoprono tutto di robe TERRIFICANTI!

Questo stile “marcio” fatto di lettere molli, pezzi sbilanciati, colorazioni improbabili e soprattutto composto in maggioranza da gente che non è capace…
Perché ormai è che è stato sdoganato il fatto che anche chi non sa dipingere può farlo…
…E dice che è un nuovo stile… lo stile “Trash” o come si chiama… cazzate!!! …tu non sai dipingere! …Sei scarso!
Se fossi realmente capace a dipingere faresti linee che da larghissime finiscono a punta in un solo tratto, faresti effetti da un lato netti e dall’altro sfumati, campiture uniformi e, soprattutto, avresti pieno controllo del tappino. Perchè è quella la figata dopotutto, riuscire a controllare il tratto con un movimento millimetrico del dito.
E se arrivassi a quel livello ti assicuro che non ti metteresti a fare quelle linee dal tratto tremolante e irregolare o campiture da “morbo di Parkinson”…

“Perchè, se sai cos’è un graffito, sai che è tutta una questione di TAGLIO E CUCITO!!!” (e questa solo un writer può capirla).

Personalmente, penso che a Torino la questione sia molto più grave rispetto a tante altre… a Milano di roba bella sui muri ne vedo ancora oggi… per non parlare se si attraversa il confine e si va in Francia.
Purtroppo, però, il livello è calato in generale un po’ in tutto il mondo. E questo perché la moda ha un potere enorme (cosa, in parte, aggravata dall’avvento di internet che, anche a livello mondiale, ha uniformato gli stili molto di più rispetto a prima che non era così facile condividere le foto dei propri lavori).

Anche nei graffiti legali il livello si è abbassato e te ne accorgi dalle jam.
Una volta se guardavi i pezzi di una jam erano uno più bello dell’altro. Io passavo davanti ai muri con gli occhi a cuoricino… Provaci oggi ad andare a vedere come sono i pezzi nelle jam… fanno schifo!! …SCHIFO!! (non parlo per tutti, ovvio.)

Ma la cosa che ritengo più grave è che si sono ribaltati i ruoli… Vedo Toys che si sentono kings e Kings (quelli veri) che fanno i finti toys:
vecchi writers che, quando ho iniziato a dipingere veneravo letteralmente, oggi si sono adeguati anche loro a questo nuovo stile schifoso. Una volta facevano dei pezzi da capogiro e ora anche loro con questi pezzi molli, sbilanciati e di basso livello…

Qualcuno potrebbe dirmi: “eh.. ma tu che fai sti discorsi perchè ora non sei per strada a fare il writer superfigo che alza il livello?
 Per quanto mi riguarda, non ho mai puntato troppo alla scena illegale. E devo ammettere che io di pezzi illegali non ne ho mai fatti tantissimi. Quando capitava l’occasione lo facevo con piacere.
 Ma la cosa che mi ha fatto veramente innamorare di tutto questo mondo è proprio lo strumento bomboletta spray e le sue potenzialità in pittura: il colore vaporizzato, le sfumature immediate, la possibilità di coprire grandissime superfici in pochissimo tempo, i colori coprenti, etc etc.
Quello a cui ho sempre puntato io è Dipingere con le bombolette. Realizzare opere che richiedono qualche ora di lavoro e non qualche minuto.
Anche se all’inizio di questo discorso mi sono definito un writer forse, a questo punto, la definizione corretta per me potrebbe essere quella di “pittore spray” …e mi va bene. 
Ma questo discorso io l’ho fatto da spettatore. L’ho fatto dal punto di vista di uno che osserva la scena con passione e che, se una volta rimaneva incantato dai muri della sua città, oggi ne rimane, spesso, disgustato.

Io ho sempre considerato il Writing veramente come un’arte. Un’arte che, anche senza autorizzazione, era in grado di abbellire la città. Oggi, invece, non so a cosa stiamo assistendo.
Sicuramente il Writing evolverà in qualche modo. Però quello che temo è che non prenderà la strada che avevo sperato.. cioè quella di un’arte di strada che abbellisca la città laddove grigia e triste. (Ma questa era solo una speranza personale, forse non da tutti i miei colleghi condivisa…)

Comunque per me il messaggio resta quello di sempre:
Più qualità, meno quantità!

Pace

Autore

Ricky Said

ph. murales di cui si parla all’inizio dell’articolo (C.so San Maurizio ang. Via Rossini, Torino) – Il murales è stato cancellato durante i lavori per le olimpiadi del 2006