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Il Medioevo 2.0 e la rivincita delle “streghe”

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Ottantanove giorni dopo le elezioni è nato il Governo a due teste di Giuseppe Conte. Il contratto di governo partorito da Lega e M5S fornisce la traccia da seguire, i nomi dei ministri indicano priorità e modalità di azione.
La linea è piuttosto chiara ed è quella leghista, condita con un pizzico di giustizialismo manettaro targato 5 Stelle.
I neoministri affilano gli artigli per sferrare colpi a destra e a manca al già precario impianto di diritti che in Italia argina l’esondazione della barbarie. 
Era piuttosto prevedibile che nel mirino di Salvimaio finissero i migranti, i poveri, gli occupanti di case per necessità, i territori devastati da inquinamento e grandi opere. Ma il genio giallo-verde non si ferma qui e con un colpo da maestro Salvini tira fuori dal cilindro il Ministro alla Famiglia, Lorenzo Fontana, un uomo con un pedigree che riempirebbe d’orgoglio Innocenzo IV (il Papa che nel XIII secolo autorizzò la cattura e la tortura delle presunte streghe). Già di per sé l’instaurazione di un ministero dedicato alla famiglia (a discapito del troppo spesso invisibile ministero alle Pari Opportunità) svela priorità e prospettive del governo in merito alle forme del vivere sociale. Le dichiarazioni di Fontana su famiglia, donne, omosessualità, procreazione e fine vita completano il quadro e indicano la strada che porta al Medioevo.
Come hanno sottolineato alcuni giorni fa le avvocate della rete Di.Re, già nel contratto di governo si saltava a piè pari ogni ragionamento atto a contrastare la violenza di genere, colmare il divario economico, sociale e retributivo tra donne e uomini e produrre un avanzamento culturale in termini di diritti ed equità.
Le poche righe in cui si accennava al tema trasudavano securitarismo e repressione, senza alcun riferimento alla necessità di assumere politicamente la dimensione culturale e strutturale del problema.
Nel Medioevo 2.0 che ci attende dietro l’angolo è la famiglia a farla da padrona, ovviamente quella tradizionale, monogama, nucleare e eterosessuale che dopo quasi 200 anni di antropologia qualcuno ha ancora il coraggio di definire “naturale”. Quella famiglia che torna ad essere il fattore minimo del vivere sociale, a discapito degli individui che ne fanno parte e, ancor di più, di coloro che non ne fanno parte.
La mediazione obbligatoria e il principio della bi-genitorialità diventano, già nel contratto, valori assoluti e sempre prioritari, poco importa se nei casi di violenza domestica diventano una trappola per la donne ed entrano in aperto conflitto con la Convenzione di Istanbul. Per il bene della famiglia che sarà mai qualche livido!
Ma torniamo al curriculum di Fontana che colma abbondantemente le lacune e le omissioni del contratto in tema di relazioni tra generi e diritti civili: fervente cattolico, antiabortista, omofobo e razzista, il ministro aggiunge un pizzico di paranoia demografica al razzismo leghista, arrivando a sostenere che “l’invasione etnica” sia causa del calo di nascite degli ultimi anni. Come se l’ostacolo alle nascite fossero le donne migranti nei reparti di maternità e non i tagli al welfare, l’assenza di reddito e la precarietà del lavoro.
Fontana condivide con l’amico e compagno di partito Matteo Salvini anche l’idea secondo cui la vita debba essere tutelata dal momento del concepimento alla fine naturale senza se e senza ma. Insomma, un modo carino per schierarsi contro aborto, eutanasia e diritti civili. Il rilancio avviene poi sulle coppie omosessuali, considerate contro natura e indegne di essere considerate famiglie e crescere figli.
Poche ore dopo la sfilza di dichiarazioni indigeribili di Fontana, anche lo stesso Salvini – che poco prima ribadiva la natura eterosessuale della genitorialità – si è reso conto della gravità degli affondi del collega e ha tentato di correre ai ripari ribadendo che la posizione del Ministro della Famiglia non era la linea del Governo (!), che invece seguirà esclusivamente la traccia del contratto stipulato con Di Maio. Insomma, quello in cui non si fa cenno in alcun modo al potenziamento dei centri antiviolenza, all’educazione sessuale nelle scuole, all’emergenza creata negli ospedali dall’80% di ginecologi obiettori di coscienza.
E in tutto questo i 5 Stelle? Li ricordate quando criticavano da sinistra il ddl Cirinnà e vantavano una netta maggioranza di iscritti favorevoli alle nozze gay? Nulla, non pervenuti. Il partito più camaleontico degli ultimi mesi deve aver valutato che la questione non fosse poi così rilevante, un po’ come del resto pare abbiano fatto sulle grandi opere.
La confusione generale che regna all’interno del partito è lampante nella schizofrenia dei sindaci pentastellati: mentre l’Appendino a Torino celebra matrimoni gay e riconosce la genitorialità alle coppie omosessuali, la Raggi a Roma rifiuta l’iscrizione all’anagrafe di una bimba con due mamme.
Quindi? Con un Movimento 5 Stelle versione zerbino, un PD a cui l’eutanasia farebbe un gran bene e l’inesistenza di qualsiasi forma di opposizione istituzionale, l’accoppiata Salvini-Fontana ha la strada spianata?
Forse no. Manca un pezzo. Mancano le centinaia di migliaia di donne che negli ultimi due anni sono tornate ad occupare il più antico tra gli spazi politici, quello delle piazze e delle città. Mancano quelle centinaia di migliaia di donne che, insieme a Non una di Meno, ai Centri antiviolenza e alle Case delle Donne, hanno deciso di giocare da protagoniste nella lotta alla violenza e alla diseguaglianza tra generi. Al loro fianco gay, lesbiche, transessuali, donne e uomini eterosessuali, bisessuali e soggettività che non si riconoscono nel binarismo di genere e nelle definizioni statiche. Sono nelle loro mani oggi la difesa della Legge 194, la tutela del mondo LGBTQI, la battaglia culturale contro la violenza di genere, i femminicidi e le discriminazioni, la lotta per l’autodeterminazione e la libertà di scelta.
Come?
“La miglior difesa è l’attacco” ci insegnano molti strateghi militari e per una volta c’è da essere d’accordo con loro. Non è l’ora di fermarsi, né di arroccarsi dietro quella manciata di diritti che ancora ci sono. E’ l’ora di camminare insieme, riconquistare spazi (fisici e politici) e pensieri, prepararsi ai tentativi di regressione legislativa e culturale con determinazione e capacità di sognare.

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Autrice

Marta Pampuro