Giro la chiave, due mandate, sbaglio sempre, la serratura è montata al contrario, altre due per chiudermi dentro. Mi accoglie un odore strano, ma ormai familiare, metto su il caffè e una pentola d’acqua per il tè caldo. Apparecchio il tavolo per le colazioni, oggi c’è anche una torta. Poi è la volta dei cassetti del tavolo della distribuzione, li apro uno alla volta e controllo: acqua ce n’è, siringhe da 1 anche, ne aggiungo un po’ di quelle da 2emezzo, test di gravidanza, stagnola, narcan, assorbenti, preservativi, schiuma da barba…
Manca comunque qualcosa, mi sono scordata di accendere la radio. Ora i Creedence cantano Bad moon rising e posso aprire il servizio.
E la sala si affolla, la caffettiera si svuota in attimo e l’attimo dopo è già di nuovo carica sul fornello, gli omini del calcetto roteano velocissimi tra risate, sudori, colori e lingue diverse, ma per giocare a calcetto non c’è bisogno di parlare, basta far andare i polsi.
Il via vai è continuo, c’è chi entra prende “gli strumenti” e se ne va, chi si siede sul divano e si alza 4 ore dopo, chi fa il curriculum, chi fa due parole, chi ha bisogno di un consiglio, chi di un sorriso.
Persone, io lavoro con le persone, ognuna con la sua storia, persone diverse, vecchie, giovani, uomini, donne, chi ha fatto il “gabbio”, chi più in salute, chi meno, chi ce l’ha fatta, chi no e chi ha scelto come e quanto.
Il Drop-In è un centro di servizio socio-sanitario a bassa soglia, ad accesso diretto, che offre ospitalità diurna a persone senza fissa dimora, a chi è in stato di marginalità sociale, a chi usa sostanze stupefacenti in modo problematico e non; lo fa senza far domande, senza dar giudizi, lontano da stereotipi. Accoglie e ascolta. È un luogo in continuo movimento, un luogo che deve essere “al passo coi tempi”, deve avere gli occhi ben aperti sulla strada, attraversarla per comprenderla e affrontarla.
Non è sufficiente, non è abbastanza. Gli occhi non sono abbastanza aperti. 204 morti per overdose in Italia nel 2018 di cui 47 tra i 16 e i 29 anni. 3 ragazzine in 15 giorni per eroina.
Ma la ministra della Salute Giulia Grillo quando le viene chiesto se il suo dicastero non ritenesse opportuno attivare sistemi di informazione e allerta sulla pericolosità delle droghe ha risposto esattamente come Giovanardi: no, perché spiegare ai ragazzi la pericolosità delle droghe potrebbe farli avvicinare.
Mi chiedo se sia pura ignoranza, mancanza di strumenti o parte di un piano politico ben preciso e me lo chiedo perché è ormai chiaro e lampante come, adottando repressione e controllo si ottenga unicamente un aumento del numero di consumatori, il peggioramento esponenziale della qualità delle droghe, la crescita della popolazione carceraria e si creino le condizioni affinché il traffico illegale abbia un ruolo centrale nell’economia mondiale. Dobbiamo aprire gli occhi.
Sappiamo quanto i rischi associati al consumo dipendano principalmente dal contesto giuridico e culturale.
Basti pensare all’equiparazione di droghe pesanti e leggere a livello giuridico e conseguentemente a livello di messaggio informativo diffuso, un messaggio estremamente pericoloso. Sostenere che le le sostanze stupefacenti siano tutte uguali non fa che banalizzare la problematicità di gestione di alcune rispetto ad altre e, unito ad una percezione bassissima del rischio da parte degli adolescenti, crea un mix di disinformazione e un conseguente aumento esponenziale dei danni.
Non è più accettabile affrontare il fenomeno dell’uso di sostanze stupefacenti in modo ideologico, moralista e bigotto, è necessario farne un discorso politico, scientifico ed anche economico.
Vanno moltiplicati i progetti nelle scuole portati avanti da professionisti, che informino e non allarmino gratuitamente, vanno potenziati gli interventi di strada e le unità mobili, vanno valorizzati i drop in, incentivata la pratica di drug checking, aperti luoghi protetti per il consumo di sostanze, non per incentivare all’uso bensì per proteggere, informare e facilitare l’aggancio e i percorsi di uscita dalla dipendenza.
Per Pamela, Manuel, Alice, Denise.
Per chi ogni mattina gira una chiave ed apre un servizio.
Abbiamo deciso di ridisegnare la mappa del nostro territorio attribuendo nuovi significati
ai luoghi e ai personaggi che incontreremo sul cammino
Autrice