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Cronache di un riscatto

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Quando le condizioni del mare imperversano sulla costa, le barche trovano rifugio a Portbou che significa appunto “porto per barche da pesca”; è un piccolo comune catalano, il primo centro abitato dopo il confine francese.
È il 25 settembre 1940, nelle città e campagne francesi l’estradizione verso il Terzo Reich dei rifugiati provenienti dalla Germania è incominciata già da un anno. Dopo aver tentato invano di attraversare il confine spagnolo un piccolo gruppo di profughi è costretto a tornare indietro e ad affrontare un’estenuante sentiero attraverso le montagne.
Tra questi c’è Walter Benjamin, filosofo e scrittore tedesco, ormai privato della sua nazionalità, con in mano solo una borsa di cuoio nero con gli ultimi manoscritti e della morfina.
Non gli rimane che quella borsa di cuoio, la casa a Parigi è già stata perquisita e i suoi scritti sequestrati dalla Gestapo.
Si sente braccato, rigettato in mano ai suoi carnefici, privo di ogni diritto, prigioniero.
Nella foto - Laboratorio Sociale AlessandriaBenjamin attorno a sé scorge solo indifferenza e freddezza, anche i sentimenti che avevano caratterizzato la sua resistenza, la dignità dell’intellettuale insieme alla lealtà del partigiano, si dileguano nella consapevolezza di abbandonare ad altri la propria libertà.
Una condizione e una situazione in cui Benjamin si sente stretto tra due dimensioni: quella interiore della propria fragilità, e quella esterna del conflitto con la società, della resistenza civile contro il sistema politico che lo reclude. Ma non è solo, ha con sé la borsa di cuoio nera.

Walter Benjamin nel flusso di eventi che chiamiamo Storia, rappresenta di certo quei pochi coraggiosi e folli che provocano delle “rotture rivoluzionarie”, cioè delle pratiche e delle idee che nel tempo cambiano per sempre i destini e i pensieri delle persone che gli succedono. Gli studiosi ci indicano come siano molto più indicativi i momenti di “continuità” che le “rotture rivoluzionarie”; ciò accade perché la continuità, o a definirla in senso moderno l’abitudine, è una qualità umana, dentro tutti i soggetti e che si ritrova anche nelle istituzioni e nelle strutture collettive. Per questo motivo gli eventi storici che sono sempre in parte frutto degli uomini subiscono anche quella componente della “natura umana” che chiamiamo abitudine: è la resistenza al cambiamento, è il limite culturale che si riflette in limite pratico, nelle istituzioni si chiama “spirito di conservazione”. Così accade in Francia: dopo la rivoluzione francese il monarca assoluto ritorna sotto le mentite spoglie di Napoleone, mentre in Italia finita la Resistenza viene reintegrata l’Ovra (polizia fascista), nelle questure delle più grandi città anche nel nuovo stato democratico e repubblicano.
Ma quando quelle “rotture rivoluzionarie” (come la Rivoluzione francese e la Resistenza) si dispiegano nel tempo non si può più tornare indietro, il passato può stingerle, le istituzioni possono soffocarle, il potere può reprimerle, ma non possono essere cancellate, proprio perché rompono la continuità, e ormai sono destinate ad essere riscattate nel futuro. Così proveremo a fare in questa nuova rubrica: riscattare attimi rivoluzionari smarriti dalla continuità della storia, per riportarli ad oggi attraverso personaggi che, inconsapevolmente o con coscienza, hanno tracciato una linea nel nostro selciato ideologico. Spesso sono persone che attraverso i pensieri e le loro opere hanno suscitato clamore o peggio indifferenza, proprio perché non sono state comprese e assimilate, come una rivoluzione senza consenso. Il tributo pagato per essere fuori dallo spirito del tempo è stato sempre molto alto, dall’isolamento, alla morte e spesso all’oblio, per questo è necessario un riscatto. Attraverso una ricerca critica delle storie e delle tesi di questi personaggi, scopriremo come spesso il futuro fosse già stato intuito e come alle battaglie da combattere oggi, qualcuno fosse già sceso in campo: da Petra Kelly ambientalista negli anni ‘70’ a Thomas Sankara indipendentista africano.
La rubrica “Cronache di un riscatto” nasce dall’esigenza di ridare voce a chi ha provato a cambiare non solo lo “stato delle cose” ma a chi ha capito, prima degli eventi, che la storia non è direzionale e il progresso non è in fondo al tunnel della vita. Ci accosteremo al passato come profezia di un futuro e, come questi personaggi prima di noi, arrestando la continuità storica con un salto e una rottura.

I personaggi che presenteremo in ogni numero mensile di 15121 hanno una propria opera, un fatto, uno scritto, un atto rivoluzionario che tenteremo attraverso la loro descrizione di dilatare al presente. Nel loro tempo sono stati istanti, porteremo quelle scintille come trascinate dal vento della storia ad accendere i fuochi delle rivoluzioni, gli istanti diventeranno eternità e vivranno della potenza della costruzione di nuove pagine.

Il prossimo numero sarà dedicato a Guy Debord e al libro “La società dello spettacolo”.

“E’ più difficile onorare la memoria dei senza nome che non quella degli uomini famosi e celebrati, ivi compresi i poeti e i pensatori. Alla memoria dei senza nome è consacrata la costruzione storica”. 

Autore e autrice

Andrea Sofia e Marta Sofia