Indietro

Coscienze ecologiche

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

C’è una particolare realtà del tempo che attraversa questa fase della storia, che rende incredibilmente pericolante la possibilità di un futuro per la razza umana.. Il futuro che si materializza nelle parole stampate dei rapporti IPCC è un futuro impossibile, negato, che si staglia contro un immenso muro di nulla che è parte di quell’iperoggetto, il cambiamento climatico, che è già qui ed ora, e già riempie il nostro spazio temporale fino a ottenebrare la sensazione di un futuro possibile.
Quell’abisso terribile, il cambiamento climatico, che prelude alla fine del mondo ha la necessità di essere contrastato con decisione: perché la sua iperoggettività ha un antagonista nella consapevolezza diffusa, a livello di coscienza collettiva, della possibilità di mettere in pratica un cambiamento totale, che agisca allo stesso livello di grandezza, sulla stessa scala di valore.
Ed allora, se sono milioni le persone che negli ultimi 30 mesi hanno messo in gioco il loro tempo, e le loro vite per la possibilità di deviare il corso di questa storia e trasformare il futuro plasmandolo secondo la categoria della speranza in un tempo che sia umano e comunque sostenibile.
Se da una parte quello, l’impegno di una generazione intera, dall’altro la distanza e l’indifferenza del mondo della politica. Soggiogata e tenuta alla catena dal ricatto del capitalismo l’establishment democratico si sta rivelando, ovviamente, troppo debole per mettere in campo soluzioni concrete che facciano fronte ad uno stato di cose sempre più nero e senza speranza.
Pochi giorni fa Madrid è stata la città ospite della COP 25 in merito alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Il mondo ha visto due cose su tutte: da una parte mezzo milione di persone sfilare per le vie della capitale spagnola rivendicando giustizia climatica; dall’altra la chiusura dei lavori senza aver fatto nessun passo avanti, rispondendo al grido di milioni di persone con un debolissimo sussurro che parla il linguaggio del neoliberismo e della corsa a perdifiato verso il miraggio della crescita infinita.
In questa distanza tra pretese collettive e azioni politiche del potere si inserisce subdolamente la disciplina individuale, ovvero quel tipo di teoria che vorrebbe, disillusa dal potere, così distante e sordo, impostare un tipo di rivoluzione ecologica impostata sull’individualità.
Ricicla, chiudi l’acqua, fai la differenziata, mangia sostenibile, non usare la macchina.
Ciò che racconta questa serie di imperativi etici è che devi agire così perché il futuro è nelle tue mani: si agisce sulla coscienza, la si colpevolizza, in modo da farle vedere il mondo intero come il suo specchio cattivo.
Ma c’è di più: se il futuro è nelle mie mani, è perché lo è anche il presente. Se dipende da me è perché sono il primo colpevole. Strategia vincente da parte dei grandi gruppi che organizzano i processi produttivi, che l’hanno organizzata per decenni, perché responsabilizzare il singolo permette di deresponsabilizzare il produttore. Offuscando il dato oggettivo che sono, per esempio, 20 grandi multinazionali del gas e del petrolio a produrre un terzo delle emissioni globali.
Perdere la presa di coscienza politica, cioè collettiva, isolando i singoli responsabili produce una lotta tra singole coscienze che trasporta su questo piano il conflitto invece di indirizzarlo verso chi organizza i processi di produzione. Un fulgido esempio? La stagione di concerti 2019 di Jovanotti, il Jova Beach Party. Un’estate intera a distruggere ecosistemi fragili quali le spiagge: migliaia di persone che, mentre fanno a pezzi la vita saltandoci sopra in massa, buttano il tappo della bottiglia nel contenitore giusto.
Questa deriva origina sia nella succitata disillusione che il potere sia “inarrivabile”, sia nella tattica neoliberista che ha trasformato le nostre vite in singole entità a-sociali e continua a trasformarle, verso un parossismo di individualità impermeabili ai processi sociali.
Questo discorso non va ovviamente nella direzione di sconsigliare di modificare le proprie pratiche di consumo verso un più etico modo di agire il proprio rapporto con l’ambiente che ci circonda. Anzi, proprio dalla pratica individuale si può partire per agire collettivamente.
Mettere in pratica azioni di conservazione dell’ambiente da soli e insieme. Mettersi in gioco, ancora più determinatamente per cambiare il corso della storia, per assicurare un futuro al pianeta e a noi tutte e tutti.
I movimenti per la giustizia climatica come Fridays For Future, nelle loro declinazioni planetarie segnano il passo di una mobilitazione collettiva che vede milioni di persone impegnate in un agire collettivo e coraggioso per pretendere da chi detiene il potere, prese di posizione e azioni reali per far fronte alla situazione di collasso climatico nella quale ci troviamo.
Solo l’agire sociale creerà nel tempo un qualcosa di abbastanza forte da modificare il corso della storia, piegando il potere alla realtà dei fatti e alla ragionevolezza di chi lotta per assicurare un futuro degno a chi vivrà dopo di noi.

Autore 

Elio Balbo