È passato appena più di un mese dal primo sciopero globale per il clima organizzato dalla piattaforma Fridays for future e che ha visto decine di migliaia di ragazze e ragazzi sfilare per le vie delle città. L’entusiasmo, la passione e la determinazione dei giovani non sono mancati neanche negli appuntamenti successivi, così come non si sono fatte attendere le sirene e i richiami della politica più opportunistica, dal neo segretario del PD Zingaretti al ministro del lavoro Luigi Di Maio. I reclami e le rivendicazioni risuonate nelle piazze in questo mese non hanno avuto alcun esito politico, se non il gran desiderio di sgonfiare e avvolgere con le proprie bandiere di partito – oramai logore da politiche anti-ecologiche – pezzi di un movimento giovanile eterogeneo e trasversale, che deve ancora dotarsi di un’organizzazione e un’ideologia coerente. Fridays for future non può fermarsi alle richieste legittime di un futuro diverso e all’adozione di azioni concrete contro il cambiamento climatico, ma deve operare un ribaltamento dell’egemonia culturale attuale attraverso l’eco-alfabetizzazione e la costruzione di un nuovo ordine ecologico. Partiamo da quest’ultimo.
L’ecologia è la scienza delle relazioni tra i membri della comunità sociale e il loro ambiente. Costruire un ordine ecologico non significa essere dei rivoluzionari con in mano la falce e (in questo caso) la zappa, ma immaginare un mondo conforme alle leggi della natura e non alle leggi meccanicistiche della modernità. Il primo passo da compiere è essere consapevoli che il sistema attuale è una realtà accettata e rispecchiata da leggi prodotte dall’uomo nell’ultimo secolo, quindi formulate per un periodo di crescita, sviluppo e incessante consumo; un contesto che non è più quello attuale. La tecnica, l’economia e il diritto hanno costruito attraverso l’ideologia della modernità il mito del progresso e dell’accumulo, limitando al breve termine i vantaggi e lasciando alle future generazioni i sacrifici. La visione economica tradizionale che incoraggia la privatizzazione delle risorse naturali, la produzione di merci inutili, il profitto a danno dell’ambiente e la crescita concentrata sulla produzione, è giustificata anche dalla retorica per la quale l’economia è separata dall’etica e quindi anche dalla politica. La generazione di Fridays for future, cresciuta negli anni della grande crisi economica, non può scindere più tra scelte economiche e scelte politiche: se una multinazionale acquisisce una risorsa naturale di un paese sottosviluppato, la trasforma in capitale e la rivende in Occidente, non compie una scelta economica obbligata dal profitto, ma assume una decisione politica basata sullo sfruttamento delle risorse umane e naturali a danno dell’ambiente. La creazione di un nuovo ordine ecologico non può prescindere dal rifiuto delle regole e degli automatismi della società moderna, che ovviamente ci garantiscono comfort e libertà economiche, ma che impongono a una parte della popolazione mondiale costi sociali enormi e alle generazioni future costi ambientali decisivi. L’imperativo di una cultura ecologica è quello di spezzare le regole vigenti e le pratiche estrattive, non solo perché non corrispondono a orizzonti di lungo periodo, ma perché non sono efficienti rispetto a quelle stesse leggi economiche che ci governano. Un esempio su tutti è la gestione della risorsa naturale per eccellenza: l’acqua. Tra il 2008 e il 2012 i torinesi hanno diminuito considerevolmente l’utilizzo di litri d’acqua al giorno, passando da 195 a 185. L’azienda che detiene il servizio idrico, SMAT, di proprietà in parte del comune di Torino, ma operante nel mercato come privato, ad un diminuire del consumo ha aumentato le tariffe, applicando la logica aziendale tradizionale: il successo di un’attività è misurato quantitativamente in base al tasso di profitto sul mercato. La gestione e l’erogazione delle risorse naturali fondamentali non può e non deve essere in mano a chi ne fa scopo di lucro. La competizione e l’efficienza, cavalli di battaglia del pensiero economico, non devono essere accettati da una generazione che lotta per il proprio futuro e si pone come obiettivo una visione a lungo termine, sia in ottica ambientale che sociale. Le diseguaglianze, le ingiustizie sociali, le migrazioni sono fenomeni che hanno al centro la questione ambientale, su questa consapevolezza si deve formare la coscienza collettiva (eco-alfabetizzazione) di Fridays for future. Anche di questo si è parlato alla prima assemblea nazionale del movimento, tenutasi a Milano il 13 aprile: le idee scaturite da questo primo incontro sembrano coincidere con le posizioni delle comunità che da anni nei territori predicano e praticano nuovi modelli di giustizia ambientale e sociale.
Se saremo prima cittadini consapevoli di fronte ai cambiamenti, poi comunità e reti sociali che pubblicizzano una nuova coscienza ecologica e un rinnovato sapere per “stare al mondo” – dove la sostenibilità non significa fascino per il luddismo o medioevo culturale, ma processi dinamici di una società che si organizza secondo le capacità innate della natura di sostenere il sistema – allora quei giovani scesi nelle piazze avranno fatto il loro pezzo di storia.
Autore
Andrea Sofia