Sin da quando la parola “informazione” trova significato nella diffusione di massa di nozioni di qualsiasi natura attraverso molteplici mezzi, il processo di censura della stessa diventa sempre più scrupoloso.
Lo Stato e la Chiesa, i due Soli eternamente rivali della storia, si sono sempre occupati di attuare una selezione della materia mediatica. I contenuti approvati beneficiavano di un raggio di esposizione da parte di queste istituzioni, mentre veniva proibito il fruire di quelli che non contribuivano (o che addirittura ostacolavano) il mantenimento degli equilibri sociali ritenuti opportuni.
Tutto ciò che veniva distribuito nelle librerie, sui giornali e poi successivamente alla radio, nei cinema e in televisione era stato sottoposto ad un’esaminazione e verifica di tipo verticale discendente prima di arrivare al pubblico.
Con il passare degli anni l’opinione pubblica si modifica, e si può percepire un cambiamento ideologico della popolazione in funzione di una maggiore tolleranza rispetto alla propria esposizione a generi di informazione e di intrattenimento differenti. La legislazione relativa a quello che è ritenuto oltraggio alla moralità si ammorbidisce, e l’avvento di internet rivoluziona il mondo per come lo conoscevamo.
Se prima le notizie trasmesse da emittenti radiofoniche, telegiornali o dal loro corrispondente cartaceo potevano godere dell’autorevolezza di una testata giornalistica o di nomi rispettati del mondo dell’informazione, su internet ogni vicenda riportata sui social è, e deve essere di opinabile veridicità. Le fake news si annidano in ogni angolo delle pagine buongiorniste di facebook, e possono essere potenzialmente pericolose per chi non possiede una sufficiente alfabetizzazione digitale. Se non allenata, la psiche umana assimila ogni notizia in cui si imbatte su internet pensando di poter godere delle stesse garanzie che fornivano i media tradizionali. Queste notizie false, definite in gergo “bufale”, hanno lo scopo di alimentare l’odio in ogni sua forma, prediligendo quello razziale e di genere.
Anche il volto dei nostri idoli è cambiato. Si è andati a svalutare l’aura quasi divina che le dive di Hollywood custodivano gelosamente, preferendo le figure molto più familiari delle influencer che ci portano a fare shopping con loro e ci mostrano dei frammenti della loro vita quotidiana apparendoci vicine e simili a noi. In un periodo storico in cui l’uomo si sente così solo e depresso abbiamo bisogno di idoli nei quali poterci rivedere.
La divinizzazione di queste figure muta come fenomeno sociale, ma non si estingue. La rassicurazione portata da questa apparente vicinanza è però accompagnata dal distacco operato dal fattore estetico ed economico, è mediante ciò che la mitizzazione è resa possibile. Con qualche eccezione, gli influencer e le influencer più famosi spesso hanno caratteristiche fisiche impeccabili e una condizione economica agiata.
Ci troviamo ad avere dall’altro lato del display una persona esattamente come noi, probabilmente anche con qualche anno in meno, che attraverso la sua apparenza estetica e possibilità economiche va a toccare tutti i punti nevralgici dell’io sui quali si basa la nostra autostima e senso di approvazione sociale. In poche parole, Chiara Ferragni è una sorta di evoluzione in uno stadio superiore di ciò che vedi allo specchio, o almeno questo è ciò che i pubblicitari mirano a far credere ai consumatori quando le chiedono di sponsorizzare un prodotto. La mente del pubblico associa il bene pubblicizzato allo sponsor, interpretando la relazione che intercorre fra i due elementi come indispensabile per elevare l’influencer al suo stato di superiorità, quindi è spinta a fruire di quel prodotto.
Internet è il manifesto del cambiamento della società umana, e ne riflette di conseguenza le caratteristiche. Come l’uomo, è una creatura volubile che può essere sua alleata nei momenti di necessità, ma anche la sua peggior nemica negli attimi di debolezza in cui si è più vulnerabili. Eppure, attraverso di essa non è solo possibile isolarsi, ma anche interagire con persone geograficamente molto distanti ed interfacciarsi con culture molto diverse. È solo l’uso che ci proponiamo di fare di questo strumento che può fare la differenza e nobilitarlo come risorsa.
Autrice
Sabina Graziano
ph. Oleksandr Hnatenko