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Porti chiusi alle armi. Porti aperti alle persone

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Così si sono espressi i portuali genovesi, i “camalli”, all’inizio della mobilitazione che voleva impedire, lo scorso 20 maggio, l’attracco al porto di Genova della nave saudita Bahri Yanbu, che doveva caricare a Genova componenti belliche destinate all’Arabia Saudita, impegnata in un sanguinoso massacro in Yemen.
La nave è al centro di un caso da spy-story: il centro di questa sporca storia di guerra sono i cannoni “Caesar”, prodotti in Francia e che secondo il sito francese di giornalismo investigativo Disclose, sarebbero stati venduti all’Arabia Saudita che li avrebbe impiegati nello Yemen.
Tutta la Compagnia unica dei camalli del porto ha dichiarato da subito un No perentorio all’attracco della nave. La mobilitazione è partita mercoledì con le notizie dalla Francia, a Le Havre, dove gli scaricatori portuali francesi hanno impedito l’attracco della nave.
A Genova, la nave ha attraccato, in ottemperanza alle leggi di accoglienza nei porti italiani, ma dopo due giorni di mobilitazione non è stato caricato nessun elemento di destinazione bellica.
La nave ha salpato ieri da Genova, si sta dirigendo verso Alessandria D’Egitto e non ha imbarcato né i cannoni né i generatori elettrici militari.
Al porto si legge ancora, bene, su un grande striscione: “Stop ai traffici di armi, guerra alla guerra”.

Cosa è successo nella giornata del 20 maggio?
Nella giornata del 20 maggio lavoratori, lavoratrici, la FILT CGIL, l’associazionismo e la cittadinanza sono scese in piazza unite, compatte e determinate a dire basta a questi traffici della morte.

La Bahri Yambu era già qualche anno che attraccava al porto di Genova: cosa è cambiato questa volta? Prima non trasportava armamenti o siete venuti a conoscenza della cosa?
La prima nave della linea Bahri attraccò alle banchine del porto di Genova circa 4 anni fa e in quell’occasione le operazioni di imbarco/sbarco iniziarono con qualche giorno di ritardo perché a manifesto (documentazione che dichiara la natura del cargo) risultavano dei problemi. La nave fu successivamente sequestrata insieme a parte della banchina limitrofa; a vigilare il tutto c’erano i corpi di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Esercito, Pompieri. Una telefonata da parte dell’ambasciata americana sbloccò questa situazione di stallo permettendo che le movimentazioni delle merci iniziassero. Fu così che, senza saperlo, i lavoratori iniziarono a movimentare materiale bellico all’interno del porto, e fu in quella circostanza che, salendo a bordo della nave, si trovarono per la prima volta di fronte ad armamenti di ogni genere: carri armati, elicotteri e accessori vari per la guerra, provenienti dagli U.S.A. e destinati ad arrivare in Arabia Saudita.
Fu la prima nave di una lunga serie e l’inizio di un continuo lavoro di denuncia e sensibilizzazione da parte de Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali su questa tematica. Da parte nostra non è cambiato nulla: da quel giorno iniziammo questo percorso soli e contro tutti, etichettati come pazzi – anche da alcuni che lunedì 20 erano a manifestare insieme a noi -, ma da sempre consapevoli che l’unico obiettivo dovesse essere quello di fare in modo che i nostri porti rimangano chiusi ai bastimenti carichi di morte ed aperti, invece, a migranti, rifugiati e merci sostenibili.

Come vi siete organizzati e quando avete iniziato a progettare la mobilitazione?
Non abbiamo avuto molto tempo per organizzare e progettare una mobilitazione; se n’è cominciato a parlare il 15 maggio ma non avendo una data ed un orario certo di attracco è stato tutto un “work in progress”. Venerdì 17 maggio c’è stata un’assemblea nella sala chiamata del porto indetta dai delegati FILT CGIL della Compagnia Unica, alla quale ha partecipato anche parte della cittadinanza; è in quella sede che, di fatto, si è determinata la linea comune da seguire.
Una buona strategia comunicativa e la determinazione di tutti hanno fatto il resto.

Come era composto politicamente il blocco?
Su queste tematiche come sempre il blocco di persone che si mobilita è molto eterogeneo: autonomi, Cgil, associazionismo, scout, “mondo cattolico”.

Ci sono stati momenti di tensione?
I momenti di tensione con questo Ministro dell’Interno ci saranno sempre, in qualsiasi piazza, varco portuale o manifestazione. La repressione porta tensione e ci dovremo abituare a questo!
Fuori dal Terminal e sulla banchina erano presenti le camionette dei Carabinieri e in mare una motovedetta ed un gommone della Guardia di Finanza.
Nonostante ciò, un gruppo di compagni e di compagne sono riusciti ad entrare all’interno del Terminal e ad appendere uno striscione davanti alla nave ormeggiata, sono stati accesi dei fumogeni e lanciati dei razzi verso la nave.

Come si è conclusa la giornata? È stata una vittoria? Siete soddisfatti?
Siamo sicuramente soddisfatti, è stato il coronamento di un lavoro iniziato quattro anni fa, ma questo non può e non dev’essere un traguardo. Certo, è stata comunque una battaglia vinta! Ma lunedì a vincere non è stato il CALP, né i sindacati, né i portuali e nemmeno i cittadini.
Lunedì hanno vinto tutte le persone che pensano e credono che le vite umane valgano più di una qualsiasi merce, che sia militare o civile, hanno vinto tutte le persone presenti al presidio insieme alle tante che non hanno potuto esserci ma hanno dato sostegno e calore da lontano. Lunedì si è vinta una piccola battaglia, adesso tutti insieme dobbiamo continuare a lottare perché si sa, i padroni non si arrenderanno davanti a una piccola sconfitta, al contrario, tenteranno di colpire sempre più forte.

Avete prospettive future?
Per quanto riguarda la linea Bahri ed i suoi carichi di morte, la nostra linea è sempre la stessa.
Porti chiusi ai bastimenti carichi di morte, porti aperti a migranti, rifugiati e merci sostenibili.
Abbiamo molte battaglie da affrontare e sulle quali continuiamo ad aprire dibattiti entrando nelle contraddizioni del mondo portuale. La lotta contro l’autoproduzione, le lotte per la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici e per lo stop di tutte le lavorazioni in ambito portuale in caso di diramazione di allerta meteo rossa, la lotta per il contratto unico dei porti, l’antifascismo – che rimane una prerogativa -.
Comunque laddove ci sarà un’ingiustizia in porto e/o in città, noi come Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali ci saremo.

Un ultima domanda alla luce delle ultime dichiarazioni della giornata rilasciate dal governatore della Regione Liguria Giovanni Toti, il quale avrebbe affermato che l’azione di boicottaggio “danneggia la competitività del nostro scalo, non aiuta il lavoro italiano, non aiuta la nostra crescita”. Cosa ne pensate?
Intanto il governatore dovrebbe rispolverare quel fantasioso documento che pare si chiami “Costituzione”; per quanto riguarda lo sviluppo economico del paese si dovrebbe innanzitutto impedire la delocalizzazione di molte aziende all’estero, che alimentano i propri profitti attraverso lo sfruttamento programmato dei lavoratori, rivedere accordi economici con paesi che producono prodotti dell’agro alimentare a basso costo e con controlli fittizi nella filiera di produzione (qualche decennio fa eravamo il granaio d’Europa, oggi abbiamo distese di terreni abbandonati e prendiamo incentivi per non coltivare grano), ma soprattutto, visto che si parla di sviluppo: la scuola è a pezzi (nonostante sia lo strumento che determina il futuro di qualsiasi Paese), la ricerca scientifica e tecnologica non hanno fondi sufficienti a causa degli introiti economici di pochi potenti, i contratti di lavoro sono sempre sotto attacco e, anziché investire su professionalità e sicurezza, si preferisce alimentare la precarietà e lo sfruttamento per ingrassare sempre i soliti noti.
La guerra per quanto economicamente possa essere redditizia prima, durante e dopo, crediamo sia il fallimento della società civile che la sostiene, dal punto di vista umano, etico ed intellettuale.
Il nostro porto è competitivo e in salute e riteniamo opportuno che il governatore, invece di tentare via social di farci un’assurda morale, si preoccupi dei continui silenzi del suo amichetto Signorini (presidente autorità portuale di Genova ), dal momento che i lavoratori portuali da tempo avanzano richieste legittime come, tra le altre, lo stop delle attività in caso di allerta meteo rossa.

 

Autrice e autore

Lorenza Neri e Elio Balbo