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Cosa significa essere un sound di sole donne nella scena reggae e dancehall?

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Nel 1980 in Giamaica nasce un nuovo genere musicale che ha radici ben piantate nella Reggae music: la dancehall. Il fenomeno si propaga velocemente allontanandosi per contenuti e ritmo dalla Roots Reggae di Bob Marley.
Barrington Levy è stato uno dei primi cantanti giamaicani a dar voce alla necessità di esprimere concetti legati ad una quotidianità difficile, fatta di povertà e violenza. Nei ghetti e nelle periferie giamaicane i Dancehall party rappresentarono e rappresentano ancora oggi un’importante via di fuga dalle pessime condizioni sociali, arrivando ad essere riproposti in tutto il mondo.
In Italia la scena reggae/dancehall conta un numero indefinito di Suond System che con i loro vinili scaldano i party di tutta la penisola. Ne conosciamo uno tutto al femminile: Calabash crew di Milano, cui abbiamo chiesto di raccontarci che cosa significa essere un gruppo di sole donne in un ambiente prettamente maschile, in vista della loro tappa alessandrina sabato 26 gennaio al Laboratorio Sociale.

Dal vostro esordio sui giradischi nel febbraio 2013 ad oggi la composizione della vostra crew è cresciuta. Ad oggi unite il vinile, il canto e la danza. Come vi siete incontrate? Che cosa esprime per voi l’unione di queste diverse discipline?
Calabash crew nasce dall’incontro tra Ila, Scilla e Leo.
Ci siamo conosciute molti anni fa tramite l’Associazione Brucaliffo di Limbiate, di cui facciamo parte tuttora, abbiamo iniziato a collezionare ed appassionarci ai vinili, andare insieme alle dancehall e vari live reggae. Tra il 2012 e il 2013 la nostra collezione di dischi è aumentata sempre più, anche grazie al negozio di musica reggae “Jahmekya Music Shop”, che ha chiuso i battenti in quel periodo e da cui abbiamo acquistato un sacco di tunes.
In quegli anni a Milano è girata la voce che stava nascendo un nuovo sound tutto al femminile. Così alcuni amici dell’ambiente hanno iniziato a chiamarci per fare dei warm up (selezioni di apertura) e piano piano abbiamo cominciato a suonare in giro.
Dalla nostra prima serata in vinile, ad oggi sono passati quasi 6 anni e tante cose sono cambiate. Innanzitutto si sono aggiunte due componenti: Valentina aka Voodoo Vee in qualità di Mc e singer ìe Miss Nina come dancer, successivamente Dancehall Queen a tutti gli effetti.
Negli anni siamo passate dal suonare in piccoli eventi ad organizzare ed esibirci in posti importanti ed internazionali come il Leoncavallo, dove da resident con Serious Thing promuoviamo party e suoniamo periodicamente con il format Run Di Danz. In queste occasioni siamo riusciti a portare a Milano moltissimi artisti e Dj da tutto il mondo, come Massive B da NY, Bass Odissey e Shenseea dalla Jamaica e King Jam dal Giappone, per citarne solo alcuni.
Oggi uniamo in maniera completa tutte e tre le discipline citate, affiancando all’utilizzo del vinile alcuni nuovi supporti digitali che ci permettano di poter suonare ovunque tutta la musica che ci appassiona.
L’unione di queste sfaccettature ci permette di tenerci informate e di avvicinarci sempre di più alle vere feste jamaicane, per ritrovarne lo spirito e l’anima.

Il sottogenere della musica Reggae Dancehall è, dalla sua nascita, fortemente caratterizzato da un protagonismo maschile che, anche nei contenuti, spesso è espressione di sessismo, omofobia e violenza. Come vi ponete in quanto “woman in reggae” all’interno del panorama italiano?
Durante questi anni di formazione e fortificazione del sound, tutte noi, anche grazie all’inserimento di una dancer che ha continui scambi con l’isola tramite ballerini e workshop, abbiamo imparato a conoscere la cultura jamaicana nelle sue mille sfumature.
Una di queste è proprio la realtà della donna in una società molto povera e ancora purtroppo priva di emancipazioni vere e proprie; culturalmente i riferimenti sessuali e di conseguenza anche omofobi sono molto forti e, soprattutto nella dancehall old school, spesso presenti. E’ necessario a questo proposito citare Lady Saw, prima “Queen of the dancehall” con un Grammy Award che, alla fine degli anni ’80, è riuscita a farsi un nome e sfondare nella scena dancehall imponendosi e cantando proprio come facevano i vari Sizzla, Capleton o T.O.K. del momento, trattando tematiche sessuali, ma in un modo completamente nuovo, che fino ad allora non era mai stato utilizzato.
Lady Saw si esibiva e cantava utilizzando il suo corpo e tante movenze che risulterebbero volgari per un pubblico europeo, ma che in quel contesto, erano uno strumento per rafforzare le sue liriche e porsi allo stesso livello di artisti uomini, per la prima volta nella storia del genere. Da quel momento in poi le cose sono cambiate, tanto che oggi artiste come Shenseea, Ishawna e Spice per citarne solo alcune, imitano lo stesso suo modo, utilizzando la forza sessuale come emancipazione e potere.
In Italia ed in Europa l’emancipazione femminile è del tutto diversa, e molto spesso si rischia di interpretare questo retaggio culturale come semplice volgarità ed insulto al ruolo della donna, ma in realtà siamo di fronte ad un aspetto culturale molto forte e che andrà trasformandosi probabilmente negli anni a venire.
Calabash Crew quindi si pone prima di tutto il compito di trasmettere e dar modo alla nostra massive di capire la cultura dancehall, attraverso l’intervento della nostra Mc durante i party e della nostra dancer, per sviluppare criticità nell’ascoltatore.
La selezione è di conseguenza sempre molto studiata, per quanto riguarda le lyrics e le tematiche, riservandoci la libertà di suonare anche pezzi molto forti, con la giusta introduzione e contestualizzazione.

Dalla nascita del raggamuffin di Barrington Levy negli anni ‘80, la dancehall ha raggiunto le classifiche mainstream di tutto il mondo. Cosa pensate dell’evoluzione avvenuta negli ultimi venti anni?
Negli ultimi venti anni tutta la musica è andata ad evolversi e alcuni artisti caraibici come Shaggy, Sean Paul, Rhianna e Damian Marley sono riusciti ad uscire dai confini del genere con collaborazioni internazionali. Questo ha dato modo ad un pubblico molto più amplio di avvicinarsi a queste sonorità, come successe pochi anni prima con l’Hip Hop.
Siamo dell’idea che la contaminazione sia alla base dell’evoluzione artistico-musicale di ogni popolo e di ogni genere, conseguenza fondamentale della globalizzazione.
Restiamo sicuramente molto legate alle “roots”, ammiriamo tutta quella prima dancehall di cui abbiamo parlato anche sopra, ma ci piace anche sperimentare con nuove sonorità, come quella afrobeat, e aggiornandoci continuamente riusciamo a far convivere il tutto.

Avete sempre avuto un approccio molto sociale, dalla scelta dei luoghi in cui suonare come il Leoncavallo o il centro sociale soy Mendel, al ciclo di eventi reggae/dancehall “SoYard” che ha animato la periferia milanese, come immaginate il vostro futuro? Quali sono i vostri prossimi progetti?
In Italia la musica reggae/dancehall si è diffusa durante gli anni ’80, attraverso le Posse, nei Centri Sociali e negli spazi fortemente politicizzati. Siamo quindi orgogliose di poter portare avanti questa tradizione, essendo socialmente attive anche nel privato, ed appoggiando i luoghi e i valori portati avanti in questi spazi. Ci piace suonare anche nei Club e nei locali, però non possiamo negare l’affetto che ci lega ad alcune realtà in cui ci sentiamo come a casa.
A febbraio porteremo gli artisti Jah Mason (sabato 2) e Brusco (venerdi 22) all’interno del ciclo di eventi Reggae Month che si terrà al Leoncavallo e presto ne saranno annunciati molti altri.
Inoltre, il 30 marzo 2019 saremo impegnate in un soundclash MORTAL KOMBAT, che si terrà a Pavia e a breve ci saranno news internazionali riguardo al nostro sound.
Stay tuned!

Autrici 

Marta Sofia & Mirella Oliveri

ph. Stevemorevibes