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Non ci sono più le befane di una volta…

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

È da pochi giorni passata la notte che più di tutte da bambina mi eccitava, rendendo davvero complicato il mettermi a nanna e ancor più mattiniera la sveglia per l’intera famiglia. Una notte per me, come per centinaia di bambini ed adulti, che suscita un’atmosfera incantata e arcana.
Dodici giorni separano Natale dell’Epifania, dodici giorni in cui si realizza un ciclo temporale assai delicato, o almeno così era in un passato non troppo remoto.

A partire dal 350 d.C. il 25 dicembre, giorno in cui veniva festeggiato il solstizio d’inverno, è diventato Natale, con la nascita di Gesù Bambino e la sua commistione di segni pagani e cristiani.
Arriva poi, secondo il calendario gregoriano, la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo, una sospensione temporale necessaria alla ripartenza di un nuovo ciclo; quindi la festa dell’Epifania, ricca di simbologie, antiche leggende e fantasiose interpretazioni.

Durante il “ciclo dei dodici giorni” ci sono in giro per il cielo vari personaggi volanti, i quali, in un modo o nell’altro, alludono al complesso rapporto, tra i bambini e gli adulti, tra i vivi e i morti, tra il-già-e-non-ancora, caratteristica di ogni momento di passaggio.
Quella tra il 5 ed il 6 di gennaio è la notte in cui vola la Befana, figura ambivalente, strettamente legata al regno dei trapassati.

Mentre Babbo Natale, anche a causa della sua brandizzazione da parte di “Coca-Cola”, si è trasformato in un vecchietto inoffensivo, vestito di rosso e bianco, buono, gentile e generoso, la Befana conserva ancora una sua incoercibile ambivalenza. Elementi primordiali come, l’acqua, la terra, il fuoco, gli astri, il nesso con le piante e gli animali, il mondo infantile e i rituali ad esso collegati, appaiono motivi fondamentali nella festa e nella figura della Befana, così popolare eppure così misteriosa.
Vestita di abiti lisi e rattoppati, calzettoni ai piedi e fazzoletto in testa, con il naso bitorzoluto, i capelli in disordine, a cavallo di una scopa, la Befana, proprio come il Babbo Natale della tradizione nordica, è un personaggio legato al simbolismo. Le molteplici tradizioni e interpretazioni popolari narrano che nella notte del passaggio della Befana sulla scopa il mondo appare ricco di prodigi: gli alberi si coprono di frutti, gli animali parlano, le acque dei fiumi e delle fonti si tramutano in oro. Osservando la cenere del focolare da cui è transitata la Vecchia, le ragazze traggono previsioni sulle loro future nozze, mentre ragazzi e adulti insieme, uniti dal suo passaggio, vanno per il villaggio cantando il canto della strenna: la così detta Befanata. In lei troviamo l’arida vecchiaia, allegoria della dura e secca terra invernale, la giovinezza poiché volteggiando su campi e terreni ne propizia la futura fertilità cospargendoli di sementi, la sospensione tra tenebre e luce, passato e futuro.

Ma già dal IV secolo d.C. la Chiesa di Roma cominciò a condannare riti e credenze pagane definendole il frutto di influenze sataniche. La Befana venne gradualmente accettata nel Cattolicesimo come figura pagana femminile, incarnando una sorta di dualismo tra il bene e il male: è così che sia la stessa figura che porta doni ai piccini ad essere bruciata in forma di emblema sulla piazza centrale di tante città italiane.

Tutte queste tradizioni, leggende, narrazioni hanno un solo intento: affermare il trionfo della vita sulla morte.
Il solstizio d’inverno, il tramontare e risorgere del Sole rendono evidente il momento del passaggio che porta con sé il rischio del cedimento o dell’insuccesso. Questa figura mitica, così come altre delle nostre tradizioni, ribadisce il legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti, a protezione della famiglia, del gruppo, della società.
Tuttavia oggi il nostro rapporto con tutto questo si è molto depotenziato.

La nostra vita, schiacciata sul presente, è orientata ad ottenere una serie di anticipate gratificazioni e soddisfazioni quotidiane sempre a portata di mano nell’euforia del godimento del consumo. Nel tempo dell’assoluto presente, non c’ è un passato da cui riscattarsi né un futuro come promessa.

In questo periodo dell’anno animiamo il cielo facendo sì apparire Babbo Natale con il suo carro trainato dalle renne e la Befana a cavalcioni della sua scopa magica che, però, si trovano a dare la precedenza o a schivare droni e voli low cost, che conducono a mete lontane.
Questo non vuole essere un epilogo nostalgico del tipo “le feste vanno passate a casa con la famiglia”, no. Credo, però, che dovremmo sforzarci di utilizzare il tempo delle feste per soffermarci sui significati, sui valori e sugli elementi che portano con sé e che in qualche modo è giusto conservare, tramandare.

Mi piace pensare che forse non tutto ancora può essere comprato su uno scaffale di un supermercato o con un comodo click seduti in poltrona e che i racconti siano in grado di farci volare là dove nessun aereo potrà mai portarci.

 

 

Autrice

Marta Sofia

ph. dettaglio di Winona Cookie Illustration

Riferimenti antropologici e storici “L’incanto e l’arcano: per una antropologia della Befana” di Claudia Manciocco, Luigi Manciocco – Armando Editore